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Venezuela alle urne: vince (ancora) Maduro e chi non ha votato

Inizialmente la data fissata per le elezioni era dicembre 2018, poi anticipata ad aprile ed infine ulteriormente posticipata a maggio. Alla fine, in Venezuela si è votato domenica 20 maggio. Ad uscirne vincitore è stato il presidente uscente Nicolas Maduro, candidato del Frente Amplio de la Patria e riconfermato alla presidenza del paese dopo le prime elezioni del 2013, che furono oggetto di polemica.

Nel bel mezzo della crisi economica più grave della storia della repubblica bolivariana, caratterizzata da un’inflazione che ha raggiunto percentuali altissime, un salario minimo che equivale a poco meno di 6 dollari al mese e una penuria di beni di prima necessità che costringe la gente a rivolgersi al mercato nero, il Venezuela ha scelto di continuare con Maduro, l’erede di Hugo Chavez.

O almeno, quella piccola parte di elettori che si è recata alla urne. Protagonista delle presidenziali è stato infatti l’astensionismo: soltanto il 46% degli aventi diritto è andato a votare, di questi il 70% – ovvero poco meno di 6 milioni di persone – ha votato per Maduro.

Le denunce dell’opposizione

Fin dal momento dell’annuncio, le elezioni presidenziali sono state definite una “farsa” da gran parte della comunità internazionale e dall’opposizione interna, la quale ha deciso – in segno di protesta – di non presentare alcun candidato. La maggior parte delle critiche ha riguardato il trattamento riservato – nei mesi antecedenti alle elezioni – agli oppositori politici, incarcerati o cacciati dal paese, e l’assenza di approvazione e supervisione da parte di organismi indipendenti, sia dentro che fuori dal paese.

Alcuni critici hanno parlato di “definitivo smantellamento” della democrazia venezuelana, causato da delle elezioni trasformatesi in uno strumento di autolegittimazione e di ulteriore consolidamento del potere autoritario. Per questo motivo, la coalizione d’opposizione MUD (Mesa de la Unidad Democrática) non solo non ha presentato alcun candidato ma ha anche denunciato a più riprese l’illegittimità delle elezioni.

Carnet de la patria e puntos rojos: cosa sono e perché l’opposizione li critica

Il carnet de la patria è un sistema di registrazione ideato e lanciato sotto la presidenza di Maduro a partire dal gennaio 2017: si tratta di un codice QR che identifica i cittadini che ricevono aiuti sociali da parte del governo. Oltre ad essere criticato per essere utilizzato come strumento discriminatorio di controllo sociale, nelle ultime settimane Maduro ha addirittura promesso regali ed aiuti economici diretti a chiunque si fosse presentato al seggio con il proprio carnet ed avesse dimostrato di aver votato. “Il carnet della patria ti protegge e tu proteggi la patria votando” ha affermato Maduro, senza specificare che il voto dovesse essere diretto a lui.

In tal senso, funzione analoga è quella svolta dai cosiddetti “punti rossi”: piccoli stand, disposti a poche decine di metri dai seggi elettorali, dove i votanti si registrano – scannerizzando il proprio carnet – dopo aver votato, nella speranza di poter ricevere un piccolo aiuto o regalo da parte delle autorità preposte, così come promesso dal presidente Maduro.

Gli avversari, sia quelli che si sono astenuti dal partecipare alle elezioni che quelli come Henri Falcón – il quale ha partecipato raccogliendo circa il 21% dei voti – hanno definito il sistema del carnet e dei punti rossi come una forma di coercizione e ricatto sociale.

Va detto, tuttavia, che non si sa con assoluta certezza se sia possibile verificare – tramite codice QR – a chi sia andato il voto dell’elettore. Parimenti, bisogna sottolineare però che è possibile avere accesso ai dati personali dell’elettore stesso: anagrafica, impiego, indirizzo di casa e militanza politica.

Allo stato attuale, circa 16 milioni di venezuelani possiedono il carnet de la patria (un numero quindi ben superiore ai votanti di Maduro) e che comunque non è necessario per poter votare. Di certo, però, il dubbio sul fatto che possa essere stato un incentivo per farlo è molto più che concreto.

Adesso?

Gli Stati Uniti hanno già promesso sanzioni, sostenendo l’illegittimità del processo elettorale. Anche in Europa, c’è chi reclama ad alta voce una forte presa di posizione e l’inasprimento delle sanzioni nei confronti del governo venezuelano.

Cosa farà Maduro? I temi da affrontare sono molteplici.

Primo e più importante: l’iperinflazione. Le percentuali raggiunte sono astronomiche, i supermercati sono vuoti e la penuria di beni di prima necessità ha dato vita al fenomeno del bachaqueo, in virtù del quale si vendono al mercato nero i beni pressoché assenti nei normali negozi. Tutto ciò avviene a prezzi esorbitanti ed irraggiungibili per gran parte della popolazione.

Poi, c’è la questione petrolio. Il crollo del barile è stata una delle concause delle crisi venezuelana, considerata la dipendenza del paese dalla produzione dello stesso. Adesso, tuttavia, nonostante l’aumento progressivo del costo del petrolio, la produzione venezuelana è crollata, raggiungendo i minimi storici degli ultimi 30 anni. Al di là della necessità di superare la dipendenza dal petrolio, al momento questo rimane il mezzo più rapido ed a portata di mano per ottenere liquidità.

Le sanzioni, altro grande problema, di certo non aiutano. Come detto, USA ed Europa sono sul piede di guerra ed anche il cosiddetto Grupo de Lima (di cui fanno parte, tra gli altri, Peru, Colombia, Argentina, Messico e Brasile) ha dichiarato di non accettare il risultato delle elezioni, definite “fraudolente”, e di non essere disposto ad elargire prestiti al Venezuela.

Infine, non bisogna dimenticare la corruzione dilagante e l’endemica instabilità politica del paese. Nonostante i quasi sei milioni di voti ricevuti da Maduro,la sensazione è che nemmeno queste elezioni riusciranno calmare le acque di uno scenario politico in continua mareggiata.

I temi da affrontare, pertanto, sono gli stessi pre-elezioni e la speranza sempre una: far uscire il Venezuela dalla peggior crisi mai affrontata fino ad ora.

Gianmarco Maggio

 

[Immagine di copertina: Marcelo_Garcia/picture-alliance/dpa/AP Images]

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