Con l’avvicinarsi del 4 marzo e le elezioni ormai alle porte, si intensificano gli scontri tra i partiti sui temi caldi della politica italiana. Una delle questioni affrontate in maniera trasversale da tutti i partiti riguarda i programmi di cooperazione internazionale e, in particolar modo, le strategie da attuare per porre freno alla massiccia ondata migratoria che sta interessando il nostro Paese. Su una cosa tutti concordano: con il sistema di accoglienza ormai in serie difficoltà, è sempre più necessario trovare accordi effettivi ed efficaci con i Paesi d’origine dei migranti per rimuovere le cause che ogni anno spingono centinaia di migliaia di persone ad attraversare il Mediterraneo. Il come questi accordi si concretizzeranno e quale entità essi dovranno avere differisce da partito a partito, pur con importanti punti in comune.
Immigrazione e accoglienza: alcuni dati

Secondo quanto riportato dal Ministero degli Interni, i migranti sbarcati sulle coste italiane nel 2017 sono stati poco meno di 120.000 (l’anno precedente erano stati 181.436). Il 2018 ha già fatto registrare quasi 5.000 arrivi (4.731 secondo i dati aggiornati al 16 febbraio): un numero inferiore rispetto alla media degli ultimi anni, ma pur sempre estremamente elevato. I principali Paesi di provenienza rimangono quelli dell’Africa settentrionale e occidentale: Libia, Eritrea, Nigeria, Gambia, Senegal, Sudan. I migranti che giungono in Italia vengono soccorsi secondo i criteri e le modalità stabiliti dalla normativa nazionale. Da quanto si legge nell’ultimo Rapporto sulla protezione internazionale in Italia, pubblicato dalle principali organizzazioni non governative italiane in collaborazione con l’UNHCR, al 15 luglio 2017 erano 205.000 i migranti presenti nelle strutture di accoglienza sparse sul territorio nazionale: Lombardia, Campania e Lazio le regioni che hanno fatto registrare il più alto numero di persone assistite.
“Aiutiamoli a casa loro”: su cosa concordano i partiti?
Considerata l’entità del fenomeno migratorio che ormai da anni sta interessando l’Italia e quanto l’urgenza di porvi un freno sia invocata da gran parte dell’opinione pubblica nazionale, è naturale che l’argomento migrazioni sia uno dei principali campi di battaglia su cui i partiti in corsa per il Parlamento devono scontrarsi. Analizzando i programmi elettorali presentati dai candidati delle diverse fazioni politiche, emerge tuttavia un dato importante: a prescindere da collocazione e ideologia, i partiti concordano, nella sostanza, su quali siano i problemi prioritari da affrontare. L’ormai famoso motto “aiutiamoli a casa loro” è ripreso e riproposto sia dalla destra che dalla sinistra, a sottolineare come, con il sistema di accoglienza praticamente al collasso, sia oggi ritenuto quanto mai indispensabile trovare un modo per fermare l’ondata di sbarchi. In questo senso, tre punti essenziali possono ritrovarsi negli impegni elettorali di tutti i principali partiti: innanzitutto, essi concordano sul fatto che sia necessario stipulare accordi con i Paesi di origine e favorirne lo sviluppo umano ed economico. Va poi posto un limite alla circolazione e alla vendita di armi e armamenti ai Paesi interessati da terrorismo e guerre civili. Infine, è essenziale creare canali migratori sicuri e regolari per quanti necessitino di protezione internazionale.
Cooperazione internazionale: come attuarla e con quali obiettivi

L’importanza di attuare programmi di cooperazione internazionale efficaci è condivisa dalle diverse fazioni. Il Partito Democratico, alla guida del governo durante la legislazione che volge ormai al termine, ribadisce i principi che hanno sostenuto la sua azione nel corso degli ultimi anni, mettendo in risalto come il dialogo con le istituzioni e la società civile dei Paesi in difficoltà sia l’elemento essenziale su cui costruire qualsiasi impegno di cooperazione. Il programma elettorale del PD pone un accento particolare sui diritti umani e sui principi della democrazia, il cui rispetto e la cui protezione devono necessariamente essere promossi e garantiti dagli accordi da stipularsi con gli altri governi. Per porre un limite agli sbarchi, il PD sostiene l’importanza di favorire canali di rimpatrio per i migranti economici, pur tutelando e incrementando percorsi sicuri e regolari per chi ha effettivamente bisogno di protezione. Fondamentale è, infine, promuovere attivamente la pace, ponendo un più efficiente controllo sulla circolazione delle armi al fine di impedire che gruppi terroristici o Stati che non dimostrino di fare uso della forza esclusivamente nei termini consentiti dal diritto internazionale ne entrino in possesso.
Il tema della limitazione alla circolazione delle armi è ripreso e approfondito da Liberi e Uguali, la nuova formazione capitanata da Pietro Grasso e che riunisce Sinistra Italiana e Possibile, secondo principi di ripudio attivo della guerra quale mezzo per contrastare sia l’ondata migratoria, sia la diffusione del terrorismo. LeU propone l’istituzione di un Dipartimento della Difesa Civile, con il compito di promuovere la soluzione pacifica dei conflitti, e sostiene l’urgenza di far rispettare all’industria italiana degli armamenti la legislazione europea e internazionale, interrompendo, tra l’altro, l’export bellico verso i Paesi in guerra, con esplicito riferimento al caso dell’Arabia Saudita in conflitto con lo Yemen. Viene poi sollecitata la sottoscrizione e la promozione del Trattato per la proibizione delle armi nucleari.
Il centrodestra, che si presenta agli elettori con un programma comune firmato da Silvio Berlusconi, Matteo Salvini, Giorgia Meloni e Raffaele Fitto, ha scelto invece di seguire una linea più dura in materia di immigrazione. All’insegna della lotta al terrorismo, con lo slogan “più sicurezza per tutti”, i leader di centrodestra promettono il blocco degli sbarchi sulle coste italiane, con respingimenti assistiti dei migranti economici verso i Paesi d’origine e il rimpatrio di tutti i “clandestini”. La destra propone poi si abolire lo status di protezione umanitaria, ora previsto per quanti non abbiano i requisiti per ottenere lo status di rifugiato politico, ma che sarebbero tuttavia in pericolo se ricondotti in patria a causa di guerre o violazioni estese dei diritti umani. Per favorire lo sviluppo economico delle aree più depresse, viene infine promosso un “piano Marshall” per l’Africa.
Anche il Movimento Cinque Stelle è critico nei confronti delle dimensioni che il fenomeno migratorio ha raggiunto negli ultimi anni, definendolo “il più grande fallimento dei partiti”, che ha fatto dell’Italia il “campo profughi d’Europa”. I Cinque Stelle ribadiscono l’importanza di lavorare per rimuovere le cause più profonde delle migrazioni di massa. La cooperazione internazionale deve essere focalizzata sul ripudio della guerra e sullo sviluppo economico dei Paesi di emigrazione. Vengono richiesti l’embargo totale sull’esportazione di armi verso i Paesi in guerra civile e, per ultimo, la revisione del regolamento Dublino III, nella misura in cui questo attribuisce i maggiori oneri dell’accoglienza sul primo Paese di ingresso nell’UE.
Quello che emerge dall’analisi dei programmi elettorali è, dunque, una certa concordia tra i vari partiti su quali siano i punti da affrontare, ma anche una buona dose di vaghezza su come effettivamente si potrà raggiungere l’obiettivo principale, ovvero limitare i flussi migratori eliminandone le cause alla radice e promuovere una forma di cooperazione sostenibile. A prescindere dalle promesse elettorali, chiunque uscirà vincitore dalle urne il 4 marzo dovrà trovare un modo per stipulare efficaci accordi di cooperazione internazionale e programmi di sviluppo economico e umano, per tentare di fermare una situazione che sta mettendo in ginocchio entrambe le sponde del Mediterraneo.
Alessia Biondi
[Fonte immagine in copertina: wikimedia commons/Scott Bob report from Azaz, Syria.]
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