Calibro 35 ancora fumante, dieci anni dopo

Parto dalla campagna modenese in netto ritardo. Salgo in macchina e trovo la radio sintonizzata su Radio2, giusto in tempo per incappare in una Laura Pausini in diretta da Sanremo che ricorre ad ogni espediente possibile per dribblare le note più alte di “Come se non fosse stato mai amore”. Da basso manovale del cantautorato non posso che apprezzare il mestiere, ma certi elogi sperticati, anche no.

(edit: scopro anche che la Pausini è reduce da una laringite, e mi sento politicamente scorretto, ma dato che ormai ho preso questa piega, esagero e mi dico che la promozione di un nuovo disco e un contratto in essere valgono qualunque espediente).

Davanti al Locomotiv Club, un “cittadino al di sopra di ogni sospetto” dimostra la stessa disinvoltura della Pausini, tentando con nonchalance di ritirare una tessera AICS senza pagarla. Fermato immediatamente. Evidentemente, niente major discografiche alle spalle.
Il locale è sold-out per la sesta data del tour di presentazione di Decade, il nuovo album dei Calibro 35 uscito per Record Kicks a dieci anni di distanza dall’esordio della formazione. Il disco, registrato in soli cinque giorni e in diretta da Tommaso Colliva, vedeva per la prima volta un’organico decisamente più ampio del tradizionale quartetto: a Gabrielli/Martellotta/Cavina/Rondanini (da leggersi con la voce di Sandro Ciotti) si affiancavano gli “Esecutori di metallo su carta” – ossia, per intenderci, fiati ed archi. Naturale chiedersi, per chi come me ha un curriculum corposo di concerti dei Calibro 35 alle spalle, come avrebbero reso quell’inedita ricchezza di suoni dal vivo.

Fonte: rollingstone.it

La risposta arriva con l’inizio del live: sul palco sei musicisti, con Sebastiano De Gennaro a vibrafono e percussioni e Beppe Scardino al baritono, insieme al nucleo storico della band. Nota a margine: nelle date di Milano, Roma e Firenze, sul palco salirà l’intero organico presente nel disco, cosa che promette scintille.
Si comincia subito con i brani del nuovo lavoro, in rigoroso ordine – o almeno così mi è parso. “Psycheground”, poi “SuperStudio” che comincia a scaldare il pubblico, mentre la successiva “Faster faster!” sembra un invito all’ottimo Rondanini ad accelerare sul ride. Ottimo davvero, uno dei migliori batteristi italiani a sindacabilissimo giudizio di chi scrive: preciso, sobrio ed efficace nei fill, bei suoni e bel tocco.

Proprio all’inizio di quest’ultimo brano, sento un ragazzo poco dietro di me affrettarsi a dichiarare a tutti i vicini di concerto: “È un sei quarti! È un sei quarti!”. E in quel momento ho la conferma – e per certi versi il sollievo – che tra i presenti non avrei trovato nessuno pronto ad offrirmi pezzi di cocomero come durante un live degli Arcade Fire o ad insultare in stretto dialetto pugliese Thom Yorke e soci per il mancato utilizzo dei maxischermi all’inizio della performance estiva dei Radiohead a Firenze.

La scaletta prosegue con altri brani da Decade, e l’efficacia della formazione a sei si conferma pezzo dopo pezzo: il vibrafono emerge con il suo timbro delicato (opportunamente “effettato”) ad ogni calo di dinamica e il sax baritono raddoppia e dà ulteriore sostanza (bassa e grassa) ai temi di Enrico Gabrielli al sax tenore e al flauto traverso.
Proprio quest’ultimo, dopo un’ora a ritmi incessanti, rompe il silenzio per congedare momentaneamente i due ospiti sul palco e fare mezza battuta sulle successive canzoni “che piacciono ai giovani, che noi non siamo più”. Non proprio un cabarettista, il polistrumentista, ma di fronte ad una carriera di collaborazioni e produzioni con tutti i principali nomi italiani, oltre che, recentemente, Pj Harvey e Mike Patton, cosa gli si può dire?

Rimane la formazione storica sul palco e la scaletta si apre ad alcuni vecchi cavalli di battaglia: molto frequentato è S.P.A.C.E., penultimo lavoro dei Calibro 35, tra cui spicca la trascinante e difficilmente trascrivibile “Ungwana Bay Launch Complex”, poi si va ancora più indietro nel tempo con “Giulia Mon Amour” e “Notte in Bovisa”, dove, sostenuti da un motore ritmico impeccabile, Gabrielli e il chitarrista e tastierista Max Martellotta (una vaga somiglianza con il meteorologo Luca Mercalli e molta maestria sullo strumento) si alternano tra temi e improvvisazione. Ulteriore nota a margine: in ogni brano emergono e si intrecciano decine di temi e sotto-temi, riff e linee melodiche; a tanti colleghi italiani, tra chi in quel momento è impegnato sul palco dell’Ariston e chi invece osserva con distacco dalla propria nicchia indie, basterebbero per una carriera. E anche io sono molto invidioso.

La conclusione del concerto è affidata a “Travelers”, brano di chiusura che più di chiusura non si può, che congeda gli ascoltatori al termine di Decade. Scompaiono gli ostinati, le poliritmie, il correre frenetico delle dita di Cavina sulla tastiera del basso, e nell’atmosfera più ariosa il tema composto da Martellotta, cantabile e filmico allo stesso tempo, può dipanarsi sulla chitarra prima, poi ribadito in un crescendo di dinamica dal baritono (rendendo la ripetizione più incisiva che nella versione di studio, dove quest’onere era attribuito agli archi).
Ci sarebbe anche spazio per il consueto bis, ma per un paio di volte le casse dell’impianto si spengono nel corso dell’esecuzione, rimasta percepibile soltanto attraverso spie e amplificatori, per poi riprendere a funzionare dopo rumorosissimi larsen. Nonostante ciò, i nostri prodi, un po’ per professionalità, un po’ per non doversi nuovamente affidare alle doti di intrattenitore di Gabrielli, portano a termine la scaletta e si congedano tra gli applausi.

Fonte: Locomotiv Club

Abbandonando momentaneamente lo spirito faceto che mi tiene sveglio mentre ultimo questa recensione, non si può fare altro che levarsi il metaforico cappello davanti ai Calibro 35, gruppo di compositori poliedrici e curiosi prima ancora che consumati professionisti ed abili strumentisti. Ed è forse proprio questo che, a dieci anni di distanza dagli omaggi degli esordi ai maestri delle colonne sonore italiane, il distacco dal genere poliziottesco che li aveva lanciati è definitivamente compiuto. S.P.A.C.E. prima e Decade dopo condensano il vissuto e le peculiarità dei Calibro 35 come gruppo e le esperienze e la ricerca di ognuno dei componenti, impegnati negli anni in molteplici produzioni anche molto diverse tra loro.
Forse, nonostante ogni giorno tantissimi italiani ascoltino i loro jingle sulle frequenze dei canali RadioRai, i Calibro 35 non avranno mai in patria il riconoscimento che meritano e che hanno maturato negli anni all’estero. Uscito dal Locomotiv, sento dire che a Sanremo una certa Annalisa sarebbe arrivata a un passo dalla vittoria. E questa ne è una dimostrazione.
Ma il mio, me ne rendo conto, è un atteggiamento snob, elitario, perché anche io, lo confesso, mi sono messo a contare i “sei quarti” nei pattern di batteria, quando, in fondo, non ce n’era alcun bisogno. Perché il concerto è stato bello, ispirato e di ispirazione, ed è quello che conta.
Quindi, per dimostrarmi il meno snob possibile, potrei concludere con qualche gioco di parole sugli accenti: Décade? O Decàde? Ci pensavo proprio mentre ascoltavo Laura Pausini… Anzi, no: meglio snob.

Andrea Zoboli

Foto di copertina: rockit.it

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