Delusione numero 1: Woody e le donne giovani a tutti i costi
Ginny è un’ex attrice che per vivere pulisce il pesce e serve pinte di birra in una bettola sabbiosa di Coney Island. Ginny è sposata con Jim Belushi, che dovrebbe incarnare un uomo fallito, cieco di fronte alla palese infelicità coniugale della consorte, ma che sembra soltanto il protagonista della Vita secondo Jim in un episodio dedicato alla pesca. Ginny, infelice con Jim, che pensa solo a pescare, cerca pesci altrove: ecco comparire Justin Timberlake, in tenuta da giovane bagnino rimorchione stile Ferragosto a Rimini. È evidente il tentativo di sottolineare quanto più possibile la decadenza fisica dell’ex giovane e promettente fanciulla, tentativo che fallisce miseramente perché Kate Winslet, 42 anni, è spettacolarmente bella. La relatività del concetto di “giovane” è esplicato in questa pellicola sbrilluccicosa e francamente orribile con la delicatezza di un pugno in faccia: Winslet e Timberlake hanno poco più di cinque anni di differenza. Cinque anni che, evidentemente, devono essere calcolati come l’età dei cani, perché Timberlake, classe ’81, può ancora giocare al giovane studente d’arte di belle speranze, mentre a Winslet, classe ’75, tocca piangersi addosso e bere per dimenticare che l’età avanza.
Alle donne è richiesta una modalità di bellezza senza tempo e senza pieghe, una bella presenza sotto trementina, inespressiva, fresca e inoffensiva. La manipolazione (fin troppo poco) subdola dell’autostima femminile a opera dei media è un piolo della sterminata scala della violenza, sistemica, sulle donne. Le donne che cercano di ottenere un maggiore controllo sulle proprie vite o che prendono posizione attiva per il loro genere vengono punite con pugnalate all’autostima fisica. La componente del fascino, dell’esperienza è taciuta, se non addirittura tacciata come patetica. Superati i quaranta, le donne dovrebbero rassegnarsi a mettere da parte la loro affermazione sessuale, pena la subitanea caduta nel ridicolo. In questo contesto, dove standard di bellezza pre-adolescenziale e irraggiungibili vengono utilizzati per tenere le donne al proprio posto, i disturbi dell’alimentazione hanno aumentato la loro incidenza in maniera esponenziale, il settore della chirurgia estetica è in trionfante espansione da decenni e non c’è verso di sentire parlare di un qualsiasi personaggio pubblico femminile evitando riferimenti fisici, spesso sgradevoli o, quanto meno, poco educati.
A mandare in crisi i sinceri e profondi sentimenti di Justin Timberlake, che in questo film si chiama Mickey (come Mickey Mouse, e lo ricorda anche) per Ginny è l’arrivo di Juno Temple (“Carolina”), espressiva come un tostapane di qualità scadente, figliuola prodiga di Jim Belushi, e che ci viene venduta come “di classe” e “destinata a grandi cose”, ma non a cambiare espressione, evidentemente. A differenza di Ginny, che probabilmente a quasi quarant’anni si è fatta un’idea di come spesso vanno le cose coi bagnini romagnoli, Carolina non avanza pretese e sorride sempre, quanto basta perché Mickey, dopo averla vista in spiaggia un paio di volte, decida che è la donna dei suoi sogni.

Delusione numero 2: Woody è impotente
Questa squallida, imberbe celebrazione di un’eccitazione vuota e priva di qualsivoglia conseguenza che viene venduta come “amore a prima vista” e non riesce nemmeno ad accampare la scusa della carnalità mi fa sospettare che Woody Allen sia diventato impotente e mi ricorda mio cugino quando, tredicenne, cercava di sollevare con il suo (censura) lo Zanichelli per affermare la propria superiorità maschia. Da tempi non sospetti, il desiderio viene descritto e celebrato senza necessarie inflessioni porno-soft, ma riuscendo a troncare in partenza i fermenti pudibondi: pensate a Lolita, all’Educazione sentimentale o, se non siete reduci da un lungo viaggio in treno, ad Anna Karenina. Qualsiasi suggestione erotica o sentimentale viene investita come una bicicletta da un tir dall’onnipresente motivetto del luna park e dalla stupida ruota panoramica che campeggia trionfante nel 89% delle inquadrature e che comunque non c’entra niente.

Delusione numero 3: Woody e la stupida ruota panoramica
La totale fuga dal presente, il rifiuto sistematico a prendere una qualsiasi posizione su un qualsiasi tema attuale trova espressione nell’ambientazione anni Cinquanta, che ha un sapore trito e nauseabondo come la Simmenthal già masticata e scaduta nel 2002. Ritrarre il dramma personale è un’arte senza tempo, come senza tempo è il fallire miseramente e accendere il desiderio di riavere indietro i soldi del biglietto. “Sei la risposta di Dio a Giobbe” dice Woody alla giovanissima Mariel Hemingway in Manhattan, toccando le più alte vette di romanticismo e passione e commuovendo alle lacrime persino il mio piccolo cuore di dodici taglie troppo piccino. Se il tema di questo film è l’amore per le donne più giovani, risulta farraginoso e apologetico, una presa di distanza dal caso Weinstein alla volemose-bene che suona come “ci piacciono sode e poco impegnative” e che è tutt’altro che passionale e disinteressato.
Non c’è sesso in questo film. E con “non c’è sesso” non intendo semplicemente affermare che mancano scene di nudo, considerazione che potrebbe lasciar presupporre una scelta registica di tutto rispetto, ma intendo proprio che non sussistono dinamiche erotiche, brividi, sensazioni o qualsiasi seppur vago campanello d’allarme che faccia pensare allo spettatore che qualcosa si sta accendendo, scatenandone l’empatia.
Delusione numero 4: Woody e un altro film “a cazzo di cane”
Cosa ci spinge, dopo il fastidioso Vicky Cristina Barcellona, dopo il noiosissimo Midnight in Paris o l’insopportabile To Rome with love a ostinarci a cercare disperatamente un altro Manhattan, un Amore e Guerra o almeno un Melinda e Melinda nelle ultime, inesorabili, opere di Woody Allen? Probabilmente, il fatto che ricordiamo la sua abilità nel ritrarre le nevrosi, esorcizzandole con l’umorismo, il suo delinearsi come assoluto appartenendo comunque a una determinata categoria sociale, maschile, bianca, ebraica, altamente istruita e con un enorme loft a New York. Insomma, ci vogliamo illudere che per ora stia solo provando a fare le cose “a cazzo di cane”.

Delusione numero 5: Woody e Amazon
Ultima meraviglia di questa Ruota delle Meraviglie: è stata prodotta da Amazon. Sì, l’Amazon il luogo di lavoro al limite del disumano, l’Amazon dei turni di lavoro da 16 ore e dei controlli in bagno. Senza pretendere impegno politico, forse da un’icona liberal come Woody Allen ci aspettavamo di meglio.
Sofia Torre
@SofiaTorre7
Immagine di copertina: gogofirenze.it