“Ryanair cancella i voli, protestano gli equipaggi [..]”, “Ryanair nel caos, ‘perde’ piloti…”, “Pilota Ryanair racconta la crisi: hanno esagerato, ora chi può scappa”.
Comunque la si titoli, la questione Ryanair non si presenta come una sorpresa, né come una cattiva notizia. Il personale reagisce, sta reagendo, nell’unico modo che gli è dato: giocando al gioco del padrone. Così la concorrenza, che a livello di consumo premia la compagnia irlandese, è proprio ciò che sul mercato del lavoro la inguaia. Non è una sorpresa, dicevo, perché le condizioni di lavoro degli operatori di volo Ryanair sono da tempo sotto la lente di ingrandimento degli osservatori: lavoratori senza unione sindacale, costretti ad accettare gli accordi di assunzione basati sul diritto irlandese anche se dislocati altrove, turni estenuanti e debiti che corrodono uno stipendio già ingeneroso.
Senza ripercorrere tutti questi argomenti vi consiglio, per approfondire il tema delle condizioni di lavoro dei piloti in generale, di leggere l’articolo firmato da Sophie Kluivers e Saskia Naafs su De Groene Amsterdammer, pubblicato sul numero 1190 di Internazionale.

Quella che si sta consumando in Irlanda non è una congiuntura che si risolve a parità di condizioni. Non siamo di fronte ad una sfortunata serie di eventi che ha come conseguenza la cancellazione di qualche volo (2% sul totale in 45 giorni, 37,5% solo in Italia). La dimensione geografica del fenomeno, particolarmente concentrata in alcuni Paesi (Italia, Spagna, Francia e Germania), riflette un’organizzazione dei lavoratori che sfruttano le esperienze sindacali nazionali per alzare l’asticella della protesta. In questi giorni abbiamo assistito a scene che rasentano il ridicolo, caricature dei rapporti di forza in cui l’azienda si impegnava ad offrire un bonus ai lavoratori in cambio della rinuncia alle ferie, o un aumento di stipendio temporaneo per tamponare la crisi. Poi tutto come prima. Questa è la strategia della compagnia, negare il carattere strutturale della crisi, negare le ragioni dei lavoratori e confondere il problema con una disorganizzazione nella gestione delle ferie e turni di riposo. Nel frattempo la concorrenza ringrazia e attrae piloti e personale, con relativa facilità, grazie a contratti migliori, garantendo almeno il riconoscimento delle condizioni contrattuali previste dal Paese di dislocamento. Questo non metterà più di tanto in crisi Ryanair, di piloti c’è un eccesso di offerta, ma può essere un’arma in più per le rivendicazioni dei lavoratori.
La fedeltà all’azienda è una retorica pericolosa e stupida quando si è soddisfatti del proprio lavoro, folle quando lo sfruttamento è talmente evidente da rasentare la rapina. Così, alla prima occasione, Norwegian Air e le altre compagnie che operano sulle stesse tratte con gli stessi velivoli si sono fatte sotto. L’accusa mossa loro dall’a.d. di Ryanair, Michael O’Leary, è quella di un presunto sciacallaggio: ma cosa ci sarebbe di sbagliato? Fino ad ora le compagnie low cost hanno approfittato dell’eccesso di offerta di piloti, costretti ad accettare condizioni sfavorevoli pur di cominciare a lavorare e mettere ore di volo in saccoccia. Così hanno giocato sulla concorrenza nel mercato del lavoro, hanno sfruttato l’eccesso di offerta per offrire salari bassi e poche garanzie. Ora che la domanda cresce, le proporzioni si aggiustano un po’ e le altre compagnie, in cerca di piloti a basso costo, scoprono di poterne assumere di già esperti e desiderosi di un miglioramento contrattuale che è alla loro portata. Vista così si potrebbe pensare ad un ciclo perfetto, un ritorno all’equilibrio stabile come piace definirlo, che riporterà le condizioni contrattuali dei piloti al periodo d’oro del pre-liberalizzazioni. Non è così. L’eccesso di piloti e personale continua a esistere, così come l’intenzione di sfruttarli. Ryanair ha mandato all’aria solo un piccolo investimento in formazione che recupererà mantenendo basse le condizioni di tutto il personale, come ha sempre fatto. Le vie di uscita sono poche e strette e passano tutte attraverso lo scontro dei lavoratori contro qualcosa. O indirizzeranno le loro proteste, che devono essere forti, chiare e condivise, contro l’azienda, attivando cali di produttività e tutte le forme di sciopero immaginabili, le più vigorose, insomma azioni che producano danni seri ai profitti aziendali. Oppure dovranno manifestare all’Europa, o a qualunque garante istituzionale, queste istanze e richieste, sperando che chi negli anni ha difeso a spada tratta ogni virtuoso (leggi profittevole) esempio di liberismo ora imponga meccanismi statali a ciò che di più sacro il mercato conosce: la determinazione dei prezzi (in questo caso della forza lavoro).
Senza protesta si può solo sperare che un nuovo attore virtuoso, capace di garantire prezzi bassi e salari alti, irrompa nel mercato e si imponga come leader, sempre in grado di assumere, sempre capace di ridurre i prezzi. Un deus ex-machina su cui viene difficile fare affidamento. Tipo Babbo Natale.

In tutto questo… perché nessuno pensa ai clienti? In realtà le autorità europee e locali tutelano quasi esclusivamente i clienti, che nei prossimi giorni vedranno il proprio volo riposizionato o rimborsato, con tanto di indennizzo. Permettetemi, tuttavia, un’osservazione magari ridondante, ma a mio avviso necessaria. È per accontentare i clienti che le aziende come Ryanair, che hanno fatto della competitività il valore aggiunto, spremono il personale. Il profitto le imprese lo calcolano su quanto vendono, su quante persone comprano i proprio prodotti. Le compagnie low cost offrono prodotti simili a prezzi molto inferiori, per aumentare di molto il numero di clienti. I prezzi bassi però sono un furto di stipendio e questa cosa deve essere chiara. Non voglio dire che dobbiamo iniziare a spendere centinaia di euro per fare un viaggio che ora costerebbe poche decine, perché è chiaro che ciò che ci spinge a cercare prezzi bassi non è avarizia, ma necessità. Tuttavia è giusto che ci sia più consapevolezza. Leggevo in questi giorni sul post Facebook ad un articolo sul caso Ryanair, un commento di una persona che affermava come la presenza di personale adibito al solo spaccio di profumi e gratta-e-vinci fosse pressoché inutile durante il volo; anzi la loro assenza dovuta al disguido nell’organizzazione delle ferie non avrebbe di certo avuto ripercussioni sulla qualità dell’esperienza per i passeggeri. Questo genere di affermazioni “mi fanno volare”. Non solo perché, come ha fatto notare un utente in risposta, il commento rispecchia una completa ignoranza sia del ruolo del personale sia dei motivi della protesta, ma perché è questa l’opinione verso cui ci hanno guidato. Questi vendono profumi, sono inutili, prendono pure troppo, se non ci fossero l’aereo costerebbe ancora meno… non dovremmo simpatizzare con le loro rivendicazioni!
Non è che il primo utente sia stupido, semplicemente è caduto nel tranello. Da cui si esce soltanto informandosi.
Luca Sandrini @LucaSandrini8
Immagine copertina: telegraph.co.uk Titoli in prima riga: Repubblica.it, Corriere.it, LaStampa.it