Piazza Indipendenza: se la povertà diviene reato

Piazza Indipendenza: se la povertà diviene reato

che ivi dormivano. Gli eritrei erano accampati lì da circa cinque giorni, da quando erano stati , gli eritrei hanno opposto resistenza, lanciando sugli agenti oggetti vari tra cui barattoli di vernice e una sola bombola di gas. La bombola, data la semplicità con cui viene sollevata e lanciata, era presumibilmente vuota – lo conferma anche la valutazione dell’attivista e fotografo Daniele Napolitano, presente in loco e intervistato da Uno scatto del palazzo in via Curtatone, poco prima dell’esecuzione dello sgombero. Foto di Ugo Esposito. . Le famiglie, alle quali solo il giorno prima era stato concesso di restare nello stabile, hanno naturalmente cercato di non essere sgomberati. «Ci siamo nascosti, ma quando ci hanno trovato ci hanno manganellato per costringerci a uscire, due donne sono state picchiate» racconta Simon, occupante le cui dichiarazioni sono state riportate da Annalisa Camilli su (vi consiglio vivamente la lettura dell’intero articolo). A questo punto, una parte degli immigrati è stata portata direttamente in questura mentre, altre, in piazza, si sono inginocchiate nel tentativo di fermare l’operazione. Tra queste vi è anche un ragazzo con la gamba amputata ritratto in un tweet da Eleonora Camilli, redattrice e giornalista di Redattore Sociale, della quale potete leggere una , onlus il cui scopo è fornire attività d’informazione e assistenza diretta alle popolazioni africane e a chi si trovi nel nostro paese, Gemma si trovava in loco con altri volontari per mediare con gli occupanti di via Curtatone e fornirgli assistenza. Nel corso delle contestazioni è stata ferita al naso, a un orecchio e al fianco, probabilmente dal getto d’acqua di un idrante , ma non ha dubbi nel denunciare: «Molte di queste persone ottengono i documenti ma non sono inserite in un percorso, non imparano neanche la lingua. C’è una filiera di accoglienza e integrazione che non funziona». I beni personali dei migranti che, cacciati da via Curtatone, sono stati inizialmente ammassati in piazza Indipendenza. Foto di Ugo Esposito. Concludiamo la ricostruzione segnalando due articoli pubblicati in seguito alla diffusione e viralizzazione di una , che ci ricorda come le cause che spingano a emigrare in Europa siano le guerre, le carestie e le persecuzioni (sulle quali, aggiungo, spesso gravano le intromissioni e gli interessi dei governi o delle multinazionali del primo mondo). Il secondo, invece, è un’analisi delle reazioni mediatiche realizzata da . Bianchi ci ricorda un aspetto fondamentale, criticando la vittimizzazione costante di rifugiati e migranti. «Quella di via Curtatone, infatti, era un’occupazione interamente autogestita da rifugiati […]. Loro avevano occupato; e sempre loro, di fronte allo sgombero, hanno resistito per giorni, valutando le alternative […], decidendo autonomamente il da farsi, e prefigurandosi anche uno scenario di scontri. E questo perché non si tratta di figurine manovrate o infiltrate da chissà chi; ma di soggetti che agiscono politicamente». Per approfondire da cosa fuggano gli immigrati eritrei, invece, suggerisco la lettura dell’ Nel mondo della libertà e dell’uguaglianza globale, terre e popolazioni sono state disposte in una gerarchia di caste. È la definizione che, nella vicenda romana, trova una sintesi impeccabile: l’unione dei problemi legati alla , «l’incontro fra i rifiuti umani e i rifiuti dei banchetti consumisti […]. Nel mondo della libertà e dell’uguaglianza globale, terre e popolazioni sono state disposte in una ». È la «civiltà dell’eccesso, dell’esubero, dello scarto e dello smaltimento dei rifiuti» che sta definendo repressione, materialmente eseguita dalle forze dell’ordine ma richiesta dalla classe politica , sia essa locale o nazionale. Perciò non stupisce che lo sgombero di via Curtatone sia solo l’ultimo di un’estate in cui sono state sgomberate anche due importanti Uno degli striscioni ai piedi del palazzo si rifà al rispetto del regolamento di Dublino. Foto di Ugo Esposito. , aristotelicamente «il governo dei poveri», cioè di una parte della società disagiata, di una classe o di un gruppo sociale in difficoltà che tramite strumenti di pressione imponga certe istanze e addirittura conquisti qualcosa al di là dei numeri, ma che identifica come nemici coloro che, soggettivandosi politicamente, affermino i loro diritti indipendentemente da ciò che dovremmo definire «sistema parlamentare pluripartitico» e non democrazia. La foto di copertina è di Ugo Esposito ed è stata scattata durante la manifestazione di solidarietà tenutasi il 26 agosto 2017. Clicca per condividere su Google+ (Si apre in una nuova finestra) Clicca per condividere su Tumblr (Si apre in una nuova finestra) Clicca per condividere su Pinterest (Si apre in una nuova finestra)