chez nous recensione

Il diavolo veste biondo: “Chez Nous” di Lucas Belvaux (2017)

È identica a Marine LePen, ma è anche la realizzazione cinematografica dei sogni erotici di tutti coloro che hanno sognato di incontrare il frutto dei lombi di Platinette e di una Raffaella Carrà grassa e cattiva. La sua somiglianza con il personaggio di Chez Nous di Lucas Belvaux, interpretato dalla strepitosa Catherine Jacob ha fatto letteralmente infuriare Marine LePen. Certo, nel film la politica si chiama Agnès Dorgelle, ma il suo maquillage, i capelli biondi tagliati rigidi intorno alla mascella volitiva, il trucco, le movenze dure e decise e il militaresco passo di marcia  non lasciano dubbi circa l’identità che si cerca di suggerire.

Pauline è un’infermiera a domicilio, dolce, remissiva, disponibile e con grandi occhi chiari. Tutti le vogliono bene, perché lei è gentile con tutti. Tutti le raccontano i loro guai, perché lei non scarica mai i suoi su nessuno.  Tutti dovrebbero avere una Pauline per amica, almeno finché Pauline non decide di farsi infinocchiare dalla versione francese dell’Alfred di Batman (che però qui è un medico e non beve Fernet-Branca) e di candidarsi con il Bloc Patriotique, un modo diverso di indicare il Front National. Okay, le è stato proposto dall’amico di famiglia che ha curato sua madre in punto di morte. Okay, il partito ora ha un nuovo volto, smart, dinamico, moderno, con una leader donna che ha addirittura preso le distanze dal padre, fascista in modo meno trendy. Okay, la sua migliore amica le prende la mano entusiasta e le offre da bere, ed è sempre bello essere apprezzati e bere gratis, ma insomma, siamo sicuri che per questo valga la pena darsi al nazismo spiccio?

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Come può succedere che un gruppo di estrema destra riesca a ottenere consensi nelle classi popolari, travolgendo e sbaragliando i partiti (più o meno) di sinistra? Per rispondere a questa domanda si considerino gli emblematici casi del partito socialista francese, con i suoi angoscianti risultati elettorali, e del  PD italiano. Se quella che dovrebbe essere la sinistra guarda con elitario distacco e malcelato disprezzo le fasce popolari delle cui istanze dovrebbe farsi portatrice, potrebbe aver perso la sua ragion d’essere e aver lasciato spazi pericolosamente scoperti, che i partiti populisti rivendicano con vigore. (Potrebbe. Ma tanto ci sono le primarie). Il crescente distacco percepito dai cittadini nei confronti di coloro che dovrebbero esserne i rappresentanti si traduce in un crescente analfabetismo politico e nella percezione dei fatti come di un mero epifenomeno comunicativo.

Al suo benefattore che le domanda di candidarsi, Pauline risponde con dubbi che riguardano la sua effettiva capacità amministrativa, la sua immagine e, in alcuni casi, una nebulosa (e ben presto superata) fedeltà al padre, ex militante del Partito Comunista Francese. Di programma elettorale, issue politiche e questioni inerenti il Paese non si parla assolutamente mai. “Fatti bionda” sussurra melliflua una consulente a cavallo fra Marion Marechal Le Pen e Emily di Il diavolo veste Prada. “Fatti bionda. Il biondo viene molto meglio in foto”. Chiunque può essere candidato come rappresentante del Bloc Patriotique: “carina, bionda e muta” è la definizione che la stampa fornisce di Pauline che, con le migliori intenzioni, non capisce cosa sbaglia e cerca di rendersi utile annuendo ai vertici del suo partito, che conosce poco e capisce ancora di meno. “Non siamo né di destra né di sinistra, facciamo quello ciò che è giusto” si sente ripetere la giovane infermiera mentre la sua privacy e ogni suo (molto vago) tentativo di pensiero critico viene soffocato e calpestato.

Pauline lavora anche nei quartieri popolari, in larga parte abitati da famiglie musulmane, turche o arabe, dove ben presto non è più vista con benevolenza, in un crescendo di paura e legittimo sospetto che finisce per sfociare in un’escalation di violenza e di dolore. In politica, l’immagine è quasi tutto: si può annuire con piacere quando un potenziale elettore parla di “negri, froci e musi gialli” (cit.) ma attenzione a non essere i primi a farselo scappare. Pauline ama Stéphane, muscoloso e attivista fascistoide impegnato in un’equivalente francese molto ordinata e Giocondeggiante dei Campi Hobbit italiani dei NAR, Ordine Nero e Ordine Nuovo. Stéphane è strabico, ma probabilmente perché con un occhio guarda sempre la (finta) LePen. Stéphane è il braccio del partito, ma attenzione a tenere la sua relazione con la (neo)bionda candidata il più distante possibile dalle telecamere: perché i capi non si sporchino le mani, è necessario che certe cose si immaginino soltanto. Campi nomadi in fiamme, giovani sinti chiuse in gabbie, manganelli sguainati, saluti romani, nostalgici riferimenti alle Falangi Cristiane in Libano: Chez Nous è un angosciante ed esauriente ritratto della società politica contemporanea, dove c’è poca speranza e risalta il nuovo volto patinato dei vecchi fascismi, con le stesse idee, gli stessi slogan e gli stessi simbolismi.

Sofia Torre

 

La fonte di entrambe le immagini pubblicate nell’articolo è AlloCiné.fr.

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