Questo post, questa mattina, scorrendo la mia home di Instagram, non mi ha fatto fermare per più di qualche istante, venendo presto superato. Ma appena riposto il cellulare e aperto la Gazzetta
Dodici ore, poco meno, per passare dal proprio salotto con tutta la famiglia intorno al freddo asfalto di una grigia mattina d’aprile. Per passare dall’essere il nuovo capitano dell’Astana a questo. Un camion, ad un incrocio nella sua città natale, a Filottrano, non lo ha visto e lo ha investito.
Invisibile per molti, come per gran parte della sua carriera, ma importantissimo per altri, che oggi piangono.
Sempre sorridente, apprezzatissimo da tutti gli altri corridori non solo in gara per le sue qualità di scalatore e di gregario, ma soprattutto a pedali fermi, sempre pronto ad una parola buona ed una pacca sulla spalla per tutti, avversari e compagni di squadra. Frankie, il suo fido pappagallo, lo accompagnava spesso negli allenamenti, volandogli accanto.
La vita in bicicletta di Michele comincia quando, per la prima comunione, riceve una Bianchi. Da quel momento, la strada è tracciata. E non è una strada facile, anzi, è fatta di picchi innevati e di discese scivolose. Trentasette anni vissuti così, con migliaia di soddisfazioni personali e tante vittorie. La più bella, forse però, se la perde, perchè vince il giro del 2011 senza mettere piede sul gradino più alto del podio, ma grazie alla squalifica per doping di Alberto Contador.
Pochi giorni fa, a causa dell’infortunio di Fabio Aru, Alexander Vinokurov, team manager dell’Astana, lo nomina capitano per il Giro del Centenario. La possibilità di vincerlo per davvero. La possibilità di chiudere una carriera con una vittoria, tra gli applausi dei suoi amici. Davanti a sua moglie e ai suoi due gemelli.
Ma il destino ci si è messo di mezzo. Addio, Michele.
Marco Pasquariello