“Manette! Manette!”: giustizialismo e politica in Italia
 
        Il caso Minzolini, la mozione di sfiducia a Luca Lotti, il blog di Grillo o dei prestanome, il protagonismo dell’ex magistrato De Magistris, la candidatura a segretario del PD del magistrato in aspettativa Emiliano (sostenuto in Lombardia dall’indagato e poi prosciolto Filippo Penati), Virginia Raggi dai giudici e il riscoperto garantismo del M5S. , escludendo turbolenze e scissioni marcate PD che se fossimo in statistica considereremmo costanti, E allora discutiamo di garantismo, di tempi della giustizia e tempi della politica, accusiamo gli avversari politici di incoerenza poi culliamo sogni manettari per gli indagati altrui. Il fatto è che ormai nel nostro panorama politico. Dimostrarsi di volta in volta “quelli immacolati” non comporta sforzi dal punto di vista dell’elaborazione e della proposta, e al contempo fornisce ad un elettorato sfiduciato e poco incline ad una partecipazione attiva e costante. : questo si affrettano di volta in volta ad affermare gli inquisiti o presunti tali, sia che sappiano, in coscienza, di aver commesso un reato, sia che si ritengano del tutto innocenti. Una frase ormai fatta, obbligatoria per chi si voglia dimostrare ineccepibile uomo delle istituzioni, a meno che di nome non faccia Silvio, sia avvezzo agli avvisi di garanzia e preferisca giocare all’attacco. Quanta fiducia prova nei confronti delle seguenti istituzioni? (% di risposte “molta” o “moltissima”). Per istituzioni politiche si intende una media relativa alla fiducia in: Comune, Regione, Stato, UE, Presidente della Repubblica, Parlamento, Partiti. Fonte: “Gli Italiani e lo Stato” (Demos&Pi). , secondo i dati riportati dalla classica indagine “Gli italiani e lo Stato” condotta ogni anno da Demos&Pi. Dal 2003 ad oggi, a guardare positivamente alla magistratura sono stabilmente tra i tre e i quattro italiani su dieci, a testimonianza di una diffidenza costante, al riparo dal crollo generalizzato della fiducia nelle istituzioni. Non ci sono picchi né crolli in questa tendenza, e come potrebbe essere altrimenti a fronte di un’opinione pubblica che dà per scontato l’inefficienza generalizzata della macchina pubblica, che viene puntualmente informata dell’inizio delle indagini sui potenti di turno, ma molto meno raramente al loro termine? se della giustizia ci si fida poco, della politica ancora meno , e allora, nello scontro tra due poteri deboli, è istintivo stare dalla parte di quello che ci indigna meno. Almeno fintanto che fustiga i politici e non noi stessi, come più volte ha testimoniato amaramente l’ex componente del pool di Mani Pulite Gherardo Colombo, ricordando come “Tangentopoli si sia fermata non appena minacciava di uscire da Montecitorio”. Nel frattempo, però, l’elenco di politici indagati (talvolta a ridosso di una campagna elettorale che li vedeva interessati) poi prosciolti si allunga, coprendo un’ampia fetta del parlamento. , costretto alle dimissioni da Presidente dell’Emilia Romagna da una condanna in secondo grado, dopo essere stato assolto in primo e finalmente , accusato di peculato a due mesi dalle regionali emiliane e per disastro colposo e omicidio colposo a seguito dell’alluvione di Genova, in occasione del quale era Assessore alla Protezione Civile: bufera mediatica a un mese e mezzo dalle regionali liguri, cui era candidata, inevitabile sconfitta, tardiva , inquisito per abuso d’ufficio nella vicenda delle nomine al Regio di Parma, sospeso poi cacciato dal Movimento 5 Stelle, infine , travolta dal caso Tempa Rossa a due settimane dal referendum sulle trivellazioni, dimissioni da ministro, rivelazione di intercettazioni ininfluenti quanto imbarazzanti, , consigliere regionale campano accusato di concorso esterno in associazione camorristica e corruzione: Ai nostri animi spesso infettati dalla tifoseria politica, questo elenco potrebbe sembrare un preciso atto d’accusa alla magistratura, e certe coincidenze con tornate elettorali potrebbero far gridare molti al complotto. , e magari avere una vaga percezione della complessità anche formale e legale dell’amministrare. Se questo atteggiamento è invece del tutto minoritario, la responsabilità è anche del terzo incomodo di questa complessa relazione tra politica e toghe: Gli scandali vendono, fanno click, riempiono le scalette dei talk show, perché si prestano ad un consumo e ad una assimilazione immediata, non dissimile da una notizia calcistica su presunti favori arbitrali alla squadra avversaria. , l’inchiesta di Sergio Rizzo e Gian Antonio Stella che di fatto ha reso mainstream un genere precedentemente considerato “impegnato”, aprendo la strada a carriere e iniziative editoriali. Verrà mai il momento di chiedersi quali benefici abbia portato questo presunto giornalismo civile? Abbiamo una classe politica migliore? Abbiamo una giustizia più efficace e precisa nello scovare la corruzione? Abbiamo elevato l’opinione pubblica? Favorito la partecipazione? No, abbiamo semplicemente assestato un’ulteriore spinta alle spalle ad un sistema politico che già di suo correva ad ampie falcate verso il precipizio (quantomeno in termini di fiducia e percezione, ma temo non finisca lì). E offerto un palcoscenico a chi ha usato la toga per acquisire le insegne dell’onesto prima di buttarsi in politica, sfruttando porte girevoli per le quali è recentemente intervenuto anche il , che chiedeva leggi più stringenti in particolare rispetto alla possibilità di mantenere l’incarico da magistrato anche dopo essere stati eletti. la dicotomia “onesto/ladro” funziona benissimo in termini di consenso e di fatto esenta dal . La responsabilità dell’invenzione di questo campo di battaglia va alla sinistra, a partire dai lunghi anni trascorsi a fare il tifo per Ilda Boccassini, procuratore aggiunto della Procura di Milano, la rossa inquisitrice d’aula di Berlusconi. Accomodarsi tra gli spettatori dei processi dell’uomo di Arcore non è bastato a sconfiggerlo stabilmente: si è azzardata una scorciatoia dimenticando la politica. Di che stupirsi se poi arriva un movimento che, al grido di “O-nes-tà! O-nes-tà”, si impone come principale forza nazionale senza dover nemmeno realmente porsi il problema della propria collocazione tra destra e sinistra? Si è accettato (deliberatamente) di rendere l’onestà una variabile politica, quando invece sarebbe dovuta rimanere un prerequisito per tutti, onorevoli e semplici cittadini che siano: ancora una volta, con quali risultati? Un inquisito a me, uno a te, uno scandalo ogni due settimane, ore di polemiche televisive e social, i sondaggi che salgono e scendono, poi, puntualmente, il caso viene soppiantato da quello successivo, e per risalire alla conclusione di ognuno di questi occorre disimpegnarsi tra minuscoli trafiletti nelle pagine interne dei quotidiani. Ebbene, in questi giorni, mentre andate a caccia degli ultimi retroscena su Luca Lotti o Virginia Raggi, ricordate che non abbiamo ancora capito chi ha commissionato la bomba alla Stazione di Bologna o quale inquietante legame ci fosse tra parti deviate dello Stato e la mafia; ricordate che se tutto diventa uno scandalo, nessuno lo è più, e si finisce per abituarsi al malaffare diffuso, a darlo per scontato soffocando chi comunque quotidianamente agisce onestamente nelle o in rapporto con le istituzioni. Soltanto, non riesco ad allontanare dalla mente il fastidioso sospetto che questa situazione faccia un po’ comodo a tutti : a politici che non sono più obbligati a fare politica per vincere, a giornalisti a caccia di copie, click e reputazione, a magistrati le cui inchieste iniziano col botto e spesso finiscono in silenzi imbarazzati. A cittadini diventati gente, che nella complessità dei giorni d’oggi possono pigramente rifugiarsi in semplici dicotomie per giustificare le loro (non)scelte politiche. Clicca per condividere su Google+ (Si apre in una nuova finestra) Clicca per condividere su Tumblr (Si apre in una nuova finestra) Clicca per condividere su Pinterest (Si apre in una nuova finestra)
