“Awaken, My Love!” di Childish Gambino: tra black music e impegno sociale
, che si è tradotta in un aumento della portata del su tutti i canali di diffusione culturale. In un anno abbiamo assistito al trionfale debutto su Netflix di nascita della scena hip hop nella Manhattan di fine anni ’70 ; ma anche dall’uscita, a pochi mesi di distanza, dai dischi – splendidi – di due nomi storici del mondo jazz-rap, , in un ambiente musicale sempre più pervaso dalla musica di Drake, 50 Cent e Kanye West. Basti pensare che la cinquanta migliori album del 2016 ben diciotto dischi rap, hip hop e soul pseudonimo creato con un generatore automatico di nomi rap dei Wu-Tang Clan dotato di un approccio poligamico all’espressione artistica. Noto ai più come , serie attualmente in onda su FX che lo vede anche tra i protagonisti. quando, dopo una serie di EP e mixtape, il suo primo album vede la luce nel catalogo dell’etichetta di NY Glassnote Records, seguito poi nel . Queste sue prime produzioni sono progressivamente sempre più valide e si fanno notare per l’ambiziosità del progetto: alcuni si sono spinti fino a considerare il secondo disco come una , la cui fruizione richiede l’utilizzo di più media contemporaneamente e passa tramite l’ascolto, ma anche la lettura e la visione di materiale filmato. Da un punto di vista strettamente musicale, però, non brillavano per qualità e godibilità. Il cantato, seppure in continuo miglioramento, era ancora acerbo e poco convincente, e anche la composizione di per sé lasciava un po’ a desiderare. , invece, assistiamo probabilmente a quella che è la piena maturazione artistica di Glover come Childish Gambino. La , con un piccolo aiuto da parte dell’effettistica, e trova una sua dimensione personale, inconfondibile, tra strozzato e falsetto. Le chitarre e l’elettronica si fondono in un utilizzo perfettamente omogeneo, senza mai stonare, e concorrono con morbidezza al risultato finale. sporcano un disco che non si esaurisce in un hip hop categorico, ma gioca tra le categorie. , una dichiarazione d’amore alla mamma di qualcuno il cui testo ci dà poche altre informazioni a parte il fatto che fumare potenzia gli amorosi sensi del Gambino. Quella che però era partita come una nenia sommessa intorno ai 2 minuti prende improvvisamente una piega diversa, trasformandosi in un muro di cori e chitarre fuzzate che fanno inarcare la schiena, a metà tra James Brown e i Tame Impala di , una cavalcata potente e piena di pentatoniche blues, e a , un pezzo nella migliore tradizione di D’Angelo ed Esperanza Spalding. Il groove lento e il calore del pezzo fanno quasi passare in secondo piano il testo, che parla con disprezzo degli zombie che ci mangiano vivi e lucrano su di noi. Il capitalismo? L’industria discografica? La lobby del tabacco? Non lo sappiamo. Possiamo solo augurarci che lo sappia lui. . La lunga introduzione, psichedelica quanto basta, ti culla nel falsetto di Glover e negli interventi saltellanti del sintetizzatore, finché non si ferma tutto e la linea di basso elettronico ci prende per mano facendoci entrare nell’ultimo panorama sonoro del pezzo. È una valle incantata, in cui i synth e le chitarre si rincorrono armonizzando sul riff principale. va ascoltata ad occhi chiusi e rigorosamente in cuffia, oppure alternativamente vista – piccola nota di colore: se vi state chiedendo perché quel tizio, che tiene il palco come un ibrido tra Freddie Mercury e Aretha Franklin, insista a portare un baffo che evidentemente non gli dona, è perché Glover farà la parte di Lando Calrissian nel prossimo spin-off di Star Wars Childish Gambino a The Tonight Show Starring Jimmy Fallon – fonte: Twitter Come spesso succede in questo disco, la traccia successiva lascia spiazzati. , coscientemente sciocco e leggero, con un cantato particolarissimo e molto interpretato. E di nuovo la fine del brano, bruschissima, coglie di sorpresa e ci lascia impreparati ad ascoltare tutta organi e “ti mangerò vivo”, tanto che alla fine non si è nemmeno sicuri se parli davvero d’amore, o piuttosto di cannibalismo. , dedicata al figlio nato nel 2016, scorre facilmente sorretta da un basso sexy quanto basta. Anche , strumentale e funkeggiante, scivola via piacevolmente, e ci porta all’ultima traccia, . Questo pezzo di sei minuti chiude il disco con un’esortazione a credere in se stessi e a non lasciare andare i propri sogni, inscrivendosi così in un filone genericamente motivazionale che percorre tutto e più in generale tutta la produzione di Gambino. Il suo lavoro è stato spesso definito come ispirato alla cosiddetta “ – e un desiderio di informazione e di comprensione delle dinamiche del mondo contemporaneo. Jazz, soul, hip hop, r’n’b, blues e tutti i possibili incroci tra questi generi hanno un eco in (almeno rispetto a standard non prettamente rap), improntata com’è a un generalismo poco efficace che a volte impedisce anche solo di capire di cosa parli la canzone. Ma il disco è ben scritto, ben arrangiato e ben suonato, e possiede quel certo carattere di che ti lascia con le orecchie soddisfatte e la voglia di mangiare qualcosa di dolce per concludere il pasto. Clicca per condividere su Twitter (Si apre in una nuova finestra) Clicca per condividere su Google+ (Si apre in una nuova finestra) Clicca per condividere su LinkedIn (Si apre in una nuova finestra) Clicca per condividere su Tumblr (Si apre in una nuova finestra) Clicca per condividere su Pinterest (Si apre in una nuova finestra)
