Proseguono le interviste di The Bottom Up a ragazzi politicamente attivi tra Modena e Bologna per chiedergli la loro posizione sul referendum costituzionale del 4 dicembre prossimo. Dopo la giovane consigliera comunale PD di Modena Federica Venturelli, che difende le ragioni del sì alla riforma, oggi è il turno di Claudia Candeloro, classe 1990, portavoce nazionale dei Giovani Comunisti e Simone Gimona, segretario di Rifondazione Comunista Bologna, entrambi schierati con il no.
Quali sono i principali rischi che potrebbero derivare dalla vittoria del sì unito alla nuova legge elettorale?
Candeloro: Rischiamo di ritrovarci in un’Italia da partito unico! Infatti, se la riforma costituzionale prevede che la sola Camera abbia il potere di dare la fiducia al Governo, l’Italicum prevede che di questa stessa Camera avrà la maggioranza assoluta lo stesso partito che, vincendo il ballottaggio (anche avendo preso al primo turno, come è probabile, percentuali ben inferiorial50%), prenderà anche…il Governo! Praticamente, tutto il potere politico sull’Italia, tutte quelle decisioni che riguardano la vita o la morte delle persone come quelle sul lavoro, la disoccupazione, la sanità, la scuola, sarà in mano a quell’unico partito che risulterà avere la percentuale maggiore al secondo turno del ballottaggio: sarà nelle sue segrete stanze (o nelle stanze di qualche agenzia di marketing o di qualche ufficio della Commissione Europea) che verranno decisi tutti i posti chiave e le politiche che dovremmo sorbirci per gli anni successivi, mentre al popolo italiano non rimarrà che la possibilità di dare ogni cinque anni una delega in bianco a qualcuno di questi soggetti, peraltro intercambiabili. Un simulacro di democrazia, un contentino a ricordo di quando il popolo aveva effettivamente potere di decidere sul proprio paese.
Gimona: Se vincesse il Sì, e quindi entrasse in funzione il combinato disposto tra reforma costituzionale e Italicum, si avvererebbe il disegno renziano e piddino: un parlamento di nominati, un senato non rappresentativo e non eletto democraticamente, la possibilità di elezione da parte del partito con maggioranza relativa del presidente della Repubblica. In definitiva il combinato disposto permetterebbe la concentrazione di un gigantesco potere nelle mani di un uomo solo. Licio Gelli, con il suo “Piano di Rinascita Democratica” della P2, in confronto a questo progetto sembra quasi un boy scout democratico.
Trovi che sia auspicabile uno stravolgimento della nostra democrazia, di natura parlamentare, a favore di un governo decisamente più centralizzato?
Candeloro: A giudicare dai governi che ha avuto l’Italia negli ultimi vent’anni, ovvero da quando io ho memoria, direi di no. Parlandoci chiaramente, è da tempo che i governi italiani, almeno da quando si è iniziato a sminuire il ruolo del Parlamento, non fanno più riferimento agli interessi e al consenso del popolo, di coloro che lavorano per mandare avanti la baracca, ma solo a poteri esterni o minoritari: e così, spiace dirlo, in Italia ultimamente sono contate più le imposizioni provenienti dall’Unione Europea o dall’1% dei ricchi, che i risultati delle elezioni. Tutto ciò è stato possibile perché il Governo non ha avuto più alcun controllo da parte del Parlamento, è stato libero di fare gli interessi di altri piuttosto che degli italiani e delle italiane. Tornare a rivendicare la centralità del Parlamento rispetto al governo, un Parlamento beninteso eletto dai cittadini e non dai partiti come è accaduto con il Porcellum (incostituzionale) o come accadrà con l’Italicum, è l’unico modo per porre freno alle numerose politiche antipopolari che in questi ultimi anni ci hanno regalato.
Gimona: Assolutamente no, rappresenterebbe il tradimento più grande della nostra comunità nazionale della Costituzione nata dalla resistenza al nazifascismo. I Costituenti avevano immaginato una repubblica parlamentare, col principio di “una testa un voto”, ovvero il sistema proporzionale puro. Com’è noto l’Italicum è solo uno degli ultimi vergognosi sistemi elettorali che cancellano tutto questo. I Costituenti avevano in mente un sistema con al centro il parlamento, gli eletti dai cittadini. La deforma costituzionale di fatto istituzionalizza la decretazione d’urgenza, trasferisce e concentra il potere in un uomo solo con alle spalle un parlamento di nominati.
Non sono stupito in ogni caso, la nostra Costituzione è odiata da tempo dai poteri internazionali, europei e finanziari. Vi ricordate lo sproloquio pubblico di JP Morgan, banca tra le responsabili della crisi del 2008 dei mutui subprime, che nel maggio 2013 denunciava il carattere “troppo socialista” e con “al centro i lavoratori” delle costituzioni del Sud Europa? Hanno sostenuto pubblicamente che queste identità politiche fossero d’intralcio al processo di integrazione europea e alla ripresa dopo la crisi. Ultimamente Obama, l’Europa e le grandi banche d’affari benedicono la deforma Renzi, sempre pubblicamente e sempre “informandoci” dei rischi di un’eventuale vittoria del No (uscita dall’Euro, terrore, morte e distruzione). Già i grandi network dicono “ce lo chiede l’Europa, i mercati, gli investitori”, non sono quindi abbastanza chiari i ruoli? Chi siano i maggiordomi e chi i mandanti?
Cosa pensi del nuovo Senato, in relazione al suo funzionamento (credi che sia possibile un funzionamento) e alla sua composizione (democratica, a tuo avviso)?
Candeloro: Come è stato ribadito più volte in questa campagna referendaria, non è il Senato che viene abolito. Sono le elezioni del Senato che non esisteranno più, con grave vulnus alla sovranità popolare di questo Paese. Saranno infatti sempre quegli stessi partiti, nelle loro istanze territoriali, a decidere chi andrà a sedersi al Senato. Oltretutto, non è vero che ciò si giustificherebbe sulla base dell’irrilevanza delle competenze del nuovo Senato. Il Senato, è vero, non voterà più la fiducia al Governo, ma continuerà ad avere competenze, ad esempio, sull’ampissima legislazione di derivazione europea, sulle future riforme costituzionali, sull’elezione del Presidente della Repubblica. E’ un nuovo Senato, cioè, fatto su misura di quei partiti (oggi fondamentalmente uno, il Partito Democratico) che riusciranno a controllare maggiormente le istituzioni territoriali, cosicché, anche se per avventura non dovessero vincere le elezioni della Camera, avrebbero tanto potere quanto basta per bloccare l’operato di altre maggioranza. L ’Italia non è più una repubblica fondata sul lavoro, ma un’oligarchia fondata sul Partito Democratico!
Gimona: Prima di tutto, con lo stile di un venditore di pentole di una tv privata qualsiasi, il presidente Renzi promette l’abolizione del Senato. Sarei anche d’accordo con l’abolizione del Senato, lo erano anche i parlamentari comunisti del dopoguerra, peccato che il Senato, non solo non viene abolito, diventa un dopolavoro per sindaci e consiglieri regionali, un dopolavoro comodo peraltro dato che garantisce loro l’immunità parlamentare. Il risparmio ridicolo, le trasferte dei consiglieri regionali dell’Emilia, del Piemonte, della Toscana e così via, chi li paga? I loro uffici, con tanto di staff, presso il Senato chi li paga?
Cosa succede se i parlamentari non vengono più eletti dai cittadini ma “piazzati” dai partiti, anche in relazione alla questione dell’immunità?
Candeloro: Per quanto riguarda l’immunità, si può facilmente immaginare che dai consigli regionali ci sarà la fila per entrare a far parte del nuovo Senato! Battute a parte, succederà esattamente quello che accennavo prima: i nuovi senatori saranno completamente svincolati da ogni forma di consenso popolare; essendo la loro rielezione garantita dai partiti, è solo a questi che dovranno rispondere del loro operato, e ne risponderanno accettando tutti i diktat da essi imposti, vadano essi a conferma di quello che sarà il Governo, vadano essi in un’altra direzione. E’ inaccettabile che al vertice dell’organizzazione istituzionale dell’Italia ci possa essere un vulnus così evidente alla democrazia, alla sovranità popolare e, in definitiva, all’uguaglianza stessa tra tutti i cittadini e le cittadine.
Gimona: Vorrei sottolineare due aspetti, uno interno alle istituzioni ed uno esterno. I parlamentari nominati dovranno avere una fedeltà “feudale” verso il capo, il quale ovviamente deve garantirgli dei privilegi (l’immunità). In questa fase storica non esistono di fatto organizzazioni, partiti, con una struttura di massa, questa accelerazione in senso “imprenditoriale” della politica favorirà una nuova classe politica di arrivisti incapaci, professionisti della servitù al potente di turno, completamente scollegati dalle dinamiche sociali, dalla rappresentanza sostanziale degli interessi e delle pluralità della cittadinanza. L’aspetto conseguente, esterno alle Istituzioni, è facilmente intuibile: una distanza sempre maggiore tra la classe politica ed i cittadini, l’insoddisfazione (per non dire odio) di quest’ultimi verso la politica ed i suoi rappresentanti, un progressivo allontanamento della maggior parte dell’elettorato dallo strumento del voto.
Il nuovo Senato, alla luce degli argomenti già trattati nelle precedenti domande nonché dell’assenza del vincolo di mandato, sarà realmente rappresentativo degli interessi di Regioni ed Enti Locali?
Candeloro: In realtà, il numero di senatori eletti da ogni istituzione territoriale sarà così piccolo che difficilmente potrà ritenersi rappresentativo degli interessi, che spesso sono vari, del proprio territorio, anche qualora fosse stato inserito il vincolo di mandato: al massimo, infatti, con questi numeri si sarebbe potuta pensare una vincolatività alle decisioni del governo regionale che, tuttavia, spesso rappresenta comunque un numero molto esiguo di elettori (si pensi al governo regionale dell’Emilia Romagna che rappresenta solo circa il 18% degli aventi diritto!). Come già detto, l’unico argomento rilevante al fine dell’elezione dei senatori sarà l’appartenenza a un dato partito sulla base degli accordi di spartizione che essi prenderanno tra di loro. Nulla di più, nulla di meno, il popolo italiano non avrà nulla a che fare con questa farsa.
Gimona: Assolutamente no, sarà una rappresentanza a “macchia di leopardo”, visto il piccolo numero di senatori per regione. Sarà una camera non rappresentativa né del territorio, né del voto popolare: a dieci regioni e province (Valle D’Aosta, Bolzano, Trento, Friuli Venezia Giulia, Liguria, Umbria, Marche, Abruzzo, Molise, Basilicata) spettano due seggi, e a due (Calabria, Sardegna) ne spettano tre. Uno dei seggi è riservato a un sindaco. Come si può rispettare la volontà degli elettori quando il consiglio elegge un solo consigliere/senatore, o due?
Cosa pensi della personalizzazione del referendum? Pensi che ci saranno realmente le dimissioni del premier in caso di vittoria del no?
Candeloro: La personalizzazione del referendum è stata voluta da Matteo Renzi sin dall’inizio di questa lunghissima campagna elettorale. Naturalmente, con questo referendum è in questione non soltanto la permanenza di un governo al potere, ma la radicale modifica dell’assetto istituzionale italiano e, se il Governo di Matteo Renzi comunque dovrà finire, la nuova Costituzione, la Camera e il Senato ce li dovremmo tenere così per diverso tempo, con un potere enorme a disposizione di chiunque vincesse le elezioni. Tuttavia, credo sia anche normale e positivo che un popolo, mai chiamato a votare (né prima né dopo) sulle politiche attuate da questo governo, che hanno preso la forma di un autentico blitz ai danni dei cittadini e delle cittadine, voglia dire la propria, approfittando dell’unica occasione che negli ultimi anni ci è stata concessa per poter votare, dire la nostra. E’ evidente, quindi, che la vittoria del NO sarebbe anche una chiara sfiducia all’attuale governo, che farebbe bene a dimettersi, in tale eventualità, il giorno stesso. Se lo farà o meno, se successivamente il Presidente Mattarella convocherà nuove elezioni o cercherà di costruire un governo tecnico, è questione rimessa alla loro intenzione di rispettare la volontà del popolo italiano.
Gimona: In una fase politica ideale si andrebbe sempre e solo alla radice delle questioni affrontandole nel merito. La personalizzazione del referendum, operata dal presidente Renzi è un fatto indiscutibile e sono abituato a fare e ragionare di politica di fronte ai fatti. Se Renzi personalizza è perché non ha ragioni più forti, motivazioni più solide che vadano oltre l”affidamento a sua signoria”. Renzi non è né il primo né l’ultimo self made man della politica, penso che voglia sfruttare la fascinazione che da sempre ha il popolo italiano dell’uomo forte tentando di cavalcare la “fase populista” propria di questi tempi. Sono scaramantico, non so e non voglio dire se riuscirà nel suo intento alla fine, non ho dubbi però che gran parte dell’elettorato, dopo la personalizzazione del tema referendario, lo identifichi comunque con l’establishment, con chi promette e non mantiene, con l’ennesimo venditore di bufale. È evidente che un’eventuale vittoria del NO ci porterebbe più vicini all’ipotesi di dimissioni, ma credo che i veri manovratori, gli stessi mandanti della deforma e dell’Italicum, saranno gli ultimi ad avere la parola. La deforma è l’acceleratore verso una tendenza che da anni investe il nostro paese e non solo: la cessione di sovranità democratica, popolare e nazionale nei confronti dell’Unione Europea. Come dicevo prima, questi maggiordomi sono senza vergogna e non si fanno problemi a dire chi li manovra. “Lo spostamento del baricentro decisionale connesso alla forte accelerazione del processo di integrazione europea e, in particolare, l’esigenza di adeguare l’ordinamento interno alla recente evoluzione della governance economica europea e alle relative stringenti regole di bilancio (quali le nuove regole del debito e della spesa); le sfide derivanti dall’internazionalizzazione delle economie e dal mutato contesto della competizione globale”. Questa era la relazione illustrativa del disegno di legge di revisione costituzionale presentato dal governo al senato l’8 aprile 2014…serve aggiungere altro?
Sofia Torre