Perché sono volato da Novara a Miami per aiutare la campagna dei democratici

Alessando Maffei ha 19 anni ed è di Novara. Studente universitario, ha deciso di volare a Miami per partecipare, come volontario, alla campagna elettorale della candidata democratica Hillary Clinton e per osservare in prima persona l’evento politico dell’anno. La rubrica USA2016 Pills raccoglie le sue impressioni, le sue idee e gli elementi più interessanti della sua esperienza.

Per un mese e mezzo ho lavorato con il Partito democratico della Florida. Da tutta la mia esperienza non ho avuto nessun introito economico. Tra Miami e Novara, la mia città, ci sono circa 7.900km. Non ero e non sono un sostenitore sfegatato di Hillary Clinton.

Dal 2 ottobre al 14 novembre (sono queste le date di partenza e arrivo) mi è sempre stata posta la stessa domanda. Potevano essere ricchi manager di Coral Gables o gli operai di Wynwood. Potevano parlare creolo misto a francese biascicato come gli anziani di Little Haiti, spagnolo come i ragazzi che arrotondano i guadagni dei loro genitori lavorando per Uber, o inglese come i ricchi proprietari del Jockey Club. Si poteva trattare degli studenti della Florida Memorial University o i venditori di North Miami. La stessa domanda mi è stata posta anche da tutte le persone che conoscevo in Italia. Ed essa era: perché lo fai?

L’obiettivo di questo articolo è, appunto, rispondere a questo quesito.

La mia famiglia, da che mi ricordi, è sempre stata di sinistra. A 6 anni cantavo Don Chisciotte di Francesco Guccini con mio padre, a casa ho la spilla originale della manifestazione del 2002 a difesa dell’Articolo 18 e i miei bisnonni sono stati antifascisti e partigiani. I riferimenti culturali che ne sono derivati sono quelli della Sinistra del XX secolo, cosa forse un po’ retro e ormai assai rara.

Vi sono due elementi che hanno, più di tutti, influenzato la mia decisione di partire e, in generale, il mio modo di essere.

Il primo deriva dalla cultura classica. Nonostante le varie riforme della scuola sembrano spingere verso la marginalizzazione delle cosiddette “lingue morte”, ho studiato Latino al biennio del liceo (dubito che la prossima generazione potrà fare questa affermazione). Durante le lezioni mi sono imbattuto in Terenzio e nel suo Heautontimorùmenos. Cremète vedeva ogni giorno il suo anziano vicino, Menedemo, sfiancarsi di lavoro. Così un giorno, preoccupato per la sua salute e rivolgendogli la parola per la prima volta, chiese a Menedemo per quale motivo faticasse così tanto pur essendo già ricco e anziano. Menedemo, che era arcigno e scorbutico, gli disse di non impicciarsi e di farsi i fatti suoi. La risposta che Terenzio fece dare a Cremete rimane tutt’oggi uno dei più rifulgenti esempi di ciò che l’umanità dovrebbe essere. Egli gli disse homo sum, humani nihil a me alienum puto. Sono un uomo, nulla di ciò che è umano mi è estraneo.

Il secondo elemento che mi ha influenzato è un pezzo di storia talvolta trascurato. Prima della Guerra Fredda, prima dei campi di concentramento, prima che in Italia venissero emanate le leggi razziali, tanto tempo fa insomma, per essere precisi 80 anni fa esatti, ci fu la Guerra Civile spagnola. Il governo democratico e socialista fu attaccato da Francisco Franco, generale delle divisioni spagnole in Marocco. La sinistra europea ignorò la cosa, attuando la politica del non-intervento ideata da Léon Blum. La destra fascista invece, più lungimirante e organizzata, mandò truppe, rifornimenti e sostegno. In quella carneficina, in quel disastro silenzioso, ci fu un esempio immemorabile e meraviglioso di altruismo e spirito di sacrificio. Migliaia di volontari, da tutta Europa, partirono per andare a combattere a sostegno del governo democratico. Chi perché “Prima la Spagna, poi l’Italia”, chi perché voleva fare la rivoluzione, chi perché semplicemente credeva che la libertà sia tale solo se ce l’hanno tutti, 59 000 giovani uomini e donne partirono per andare a combattere una guerra che non era la loro e per difendere una terra che non avevamo mai calpestato e nella quale non avevamo mai piantato un albero.

guernica di picasso

Ora, nel 2016, le elezioni degli Stati Uniti dello scorso 8 novembre potrebbero essere state la Guerra Civile spagnola della mia generazione. La situazione internazionale è pericolosamente simile a quella che ha preceduto il secondo conflitto mondiale: una crisi economica ha distrutto la nostra coesione sociale. I fascismi si sono trasformati e hanno indossato la giacca e la cravatta.

Così come Mussolini, anche Donald Trump gioca a fare il perseguitato. I giornalisti, i magistrati, l’intellighenzia: sono tutti contro di lui. Un miliardario capitalista indica ai cittadini comuni, come responsabili dei loro problemi, il sistema capitalistico e l’establishment da un lato e un nemico esterno dall’altro (gli immigrati e i comunisti). Non dobbiamo dimenticarci che Mussolini e il fascismo nacquero anche come movimento anti-borghese, oltre che anticomunista.

Temo che la vittoria di Trump e la Brexit siano state un “cavallo di Troia”, anticipazione di una svolta internazionale verso l’affermazione e il successo di ideologie di estrema destra. Dopo di loro, non fatico più ad immaginare Marine Le Pen presidente della Francia, con conseguente disfacimento dell’Europa, e Matteo Salvini crescere sempre di più in Italia. Chi si opporrà, con una comunità internazionale formata da fondamentalisti e nostalgici del nazifascismo, a misure sempre più xenofobe? Chi dirà di abbassare i toni, quando un Presidente dirà che il nemico esterno non va solo respinto e combattuto. ma eliminato? Chi avrà la forza di resistere, quando si dirà che le opposizioni, in quanto difendono il nemico, sono anch’esse il nemico? L’Inghilterra, che protesse eroicamente la democrazia, ma che oggi pare andare sempre più verso il populismo? Gli Stati Uniti, che liberarono l’Europa e che hanno deciso di votare un fascista e incompetente come presidente? O la Russia, che era nemica ideologica del fascismo, ma che oggi è guidata dal più scaltro e lungimirante (oltre che violento) dei politici?

È per evitare tutto questo che ho deciso di partire per sostenere il Partito democratico statunitense. Hillary Clinton non era perfetta, ma la portata del rischio era tale che tutti, a mio avviso, avrebbero dovuto supportarla. Il popolo americano non la pensava così. Ha preferito eleggere Donald Trump, un leader xenofobo, nazionalista e pericolosamente aggressivo. Come speravamo di non vederne più. Come ci auguriamo di non vederne in futuro.

Alessandro Maffei

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