Insomma, negli ultimi anni la filosofia Ajax è apparenza priva di risultati. Eppure la proprietà cinese ha puntato su di lui per costruire da zero un meccanismo che di fatto ha contribuito a corrodere, fino a far fermare. Il futuro non sembra più così roseo, vero?
(E non dite che non ve l’avevo detto.)
84 giorni. Ecco quanto è durato il regno olandese sulla panchina dell’Inter. Meno della gestione di Gasperini nel 2011, e lui veniva dopo Mourinho, Benitez e Leonardo. Proprio Gasperini, che ha più volte definito l’esperienza nerazzurra come un incubo, ha contribuito a cacciare De Boer. In questi ottantaquattro giorni, meno di tre mesi, De Boer ha guidato l’Inter in quattordici partite ufficiali, perdendone sette.
Se i numeri non parlano abbastanza chiaro, altri punti si possono elencare per far capire che la dirigenza nerazzurra ha preso la decisione giusta, solo con tre mesi di ritardo. Arriva a dodici giorni dall’inizio della Serie A, occupando il posto ancora caldo di Roberto Mancini. Per tutta la sua carriera, interamente passata all’Ajax, ha schierato i suoi con il 4-3-3. E all’esordio si presenta con il 3-5-2. Risultato? Sconfitta per due a zero contro il Chievo. Certo, la vittoria contro la Juventus da una ventata di fiducia all’ambiente, ma in realtà le cose in campionato vanno male.
Ad aggravare la situazione, il terribile rendimento in un girone assolutamente abbordabile di Europa League. I nerazzurri subiscono due sconfitte contro Sparta Praga ed Hapoel Beer Sheva. La nuova società contava sul raggiungimento del risultato internazionale per avere maggior visibilità. (Certo, che poi contasse sull’Europa League comprando giocatori che non si potevano convocare in Europa a causa del fair play finanziario fa un po’ pensare….)

De Boer riesce anche a causare una serie di esplosioni all’interno dello spogliatoio senza disinnescarle nè gestirle. Praticamente appena arrivato, dice che la rosa è troppo ampia, e molti vanno ceduti. La società lo ignora, ed anzi compra altri giocatori. E quindi lui, che si dimostrerà avere serie difficoltà di comunicazione con le altre persone, mette fuori rosa una serie di giocatori, salvo poi pentirsene, per poi tornare a metterli ai margini. Il primo è Felipe Melo, Brozovic lo segue a causa di “atteggiamenti poco professionali”, con annessa animata discussione con il tecnico. Il terzo è Kondogbia, che nella partita con il Bologna viene schierato titolare, e sostituto dopo 21 minuti, con tanto di “non può stare in campo”.
Alla società poi non va giù come il tecnico olandese gestisca il grande acquisto Gabigol. Il brasiliano arriva in grande stile. Tutti lo cercano, tutti lo vogliono, ma lui arriva all’Inter. E quanto arriva, l’intera dirigenza lo accoglie. Inutile sottolineare che l’intera dirigenza è arrivata il giorno prima, e se ne va due giorni dopo. De Boer, quando finalmente lo ha a disposizione, gli fa giocare una ventina di minuti. Punto. Lì Gabigol sparisce, bollato con un laconico “Deve adattarsi ad un calcio diverso”.
Proprio quello che lui imputa al povero Barbosa, non riesce a concepirlo per sé. Non ritiene di doversi adattare ad un calcio che non ha mai visto, forse perchè completamente privo di esperienza extraolandese. Chissà qual è il motivo che lo spinge a fare sin dall’inizio delle conferenze stampa in italiano, dei tristi elenchi di parole senza gran senso logico.
In questo elenco di colpe avrete notato però un filo conduttore. La totale assenza della società, salvo qualche sporadica e per nulla costruttiva presenza. Insomma, prima assumono De Boer a dodici giorni dall’inizio del campionato, licenziando Mancini che ha seguito tutta la preparazione. Poi comprano giocatori o chiesti dall’allenatore precedente o chiesti da nessuno. Ed infine non accettano che la loro scelta sia sbagliata, incolpano l’allenatore e lo cacciano.
Ed ora? Una volta cacciato, di solito, ci si aspetta che la società sappia già chi chiamare. Ed invece no, De Boer viene allonanato nel weekend e una settimana dopo ancora non si sa chi sarà il tecnico. La dirigenza italiana punta Pioli, ma Zhang vuole un altro profilo internazionale, per aumentare la visibilità dell’Inter nel mondo: Marcelino, che ha allenato più squadre di De Boer, ma nessuna fuori dalla Spagna.
Il problema però non si risolve solo con un cambio di allenatore. Se ogni decisione che riguarda l’Inter deve partire da Milano, raggiungere Nanchino e Giacarta e tornare indietro, si rischia di perdere troppo tempo prezioso. L’unico modo che l’Inter ha per uscire dalla crisi è trovare un emissario della società che viva e risieda in città, per controllare costantemente il polso della squadra, dello spogliatoio e dell’ambiente. Ma Zhang e compagnia lasceranno ad un uomo qui il comando?
Marco Pasquariello