Phil Collins ti voglio bene! – Storia di un omino normale
        . Ebbene, tale genere musicale, esploso in Europa alla fine degli anni ’60, ha una sua santissima trinità composta da tre gruppi, tutti inglesi: i Gli Yes li avrete forse sentiti in radio grazie alla loro hit , gli ultimi due con la loro miglior line-up di sempre: Jon Anderson, Bill Bruford, Steve Howe, Chris Squire e Rick Wakeman), seguiti da cose molto di maniera, per poi sbracare completamente nel pop, e diventando, specie negli anni zero, una sorta di cover band di loro stessi. Se tanto mi da tanto, a meno che non siate come me dei nerd del prog rock (o abbiate letto non avete idea di chi siano, e infatti dei tre sono gli unici rimasti Dopo un primo (breve) periodo, durato due dischi (uno, d’esordio, orrendo, e uno gemma non ancora matura di folk prog), di maturazione, la band ha sfornato quattro album considerati capisaldi del prog: (batteria e voce): alla fine ci siamo arrivati, a Phil Collins. , si era ritrovato in una band di gente di classe più elevata della sua, senza peraltro riuscire, per un lungo periodo, a farne realmente parte, venendo sempre trattato come un fratello minore (va detto che veniva comunque trattato meglio del povero Hackett). Nel , però, il carismatico ed eccentrico frontman Peter Gabriel lascia la band, e dopo un travagliato percorso di audizioni per un nuovo cantante, Phil si rassegna ad accollarsi una responsabilità che sembrava però quasi naturale affidare a lui : da sempre si occupava dei cori, e, durante il tour per promuovere , si ritrovava spesso a dover cantare le parti di un Peter Gabriel intrappolato nei suoi complessi costumi di scena. ), un disco di transizione dopo l’abbandono di Steve Hackett, stufo del bullismo a cui veniva sottoposto sempre più (… , con musica scritta dal trio rimasto, ovvero Banks, Collins e Rutherford, e testo di quest’ultimo; seguirà il loro ultimo disco prog, ovvero , con uno dei loro più grandi successi, “Turn It On Again”, che lascerà poi spazio a (il loro più grande successo in assoluto – e il primo disco dei Genesis da me ascoltato e adorato, . La carriera in studio della band si chiude con il tristissimo , con il povero Ray Wilson alla voce e due batteristi sostitutivi. rispetto alla voce, facendosi sostituire, dal vivo, per un breve periodo dal collega (degli Yes, ricordate? Anche se poi suonò anche nei King Crimson), e poi, fino al 1993 e alla sua uscita dalla band, da Anche la voce, purtroppo, è andata sempre più scemando, e sia nel dvd del 2004 che nel tour di reunion con i Genesis nel 2007 sembrava la voce di uno con una tra cui il suo primo successo da solista nonché brano di apertura del suo primo disco solista Face Value: (e si è visto addirittura affibbiare, il nomignolo di “nano pelato”, che in molti associano a qualcun’altro), quello che . Di certo, passare da cose come “Firth of Fifth” (su ) a cose come “Invisible Touch” fa un certo effetto, ma tutti i cambiamenti nella band sono sempre stati decisi collettivamente (o quasi – povero Steve), dunque Un ruolo, però, lo ha giocato la sua carriera solista, cominciata col botto non solo economico ma anche qualitativo: da parte del nostro, tra pezzoni da classifica, roba che sembra uscita direttamente dalla Motown (“I Missed Again”), lentoni strappamutande (“If Leaving Me Is Easy”, con (“Tomorrow Never Knows”). I buoni propositi si ripetono con il successivo (col quale era andato in tour l’anno precedente dopo aver suonato sul suo (anche se di questa disastrosa performance non va molto fiero – ma anche qui non è stata solo colpa sua). Su , “One More Night” “Don’t Lose My Number” e “Take Me Home”. Seguiranno diversi altri dischi, con qualità calante, fino al , che comprende solo cover della Motown con parti strumentali identiche agli originali e parti vocali con la famosa rinite. . Praticamente tutti i suoi dischi contengono solo canzoni che parlano di questo. Il che probabilmente è la ragione per cui tutti lo odiano così tanto. Ma ), ma è davvero la brutta persona che in molti pensano lui sia? Phil stesso cerca di togliersi di dosso quest’immagine , uscita il 31 ottobre anche in Italia (tradotta con un efficace ma un po’ buffo ), in cui si concentra molto di più sulla sua vita privata che su quella pubblica, proprio per dimostrare che in fondo in fondo è uno che più che stronzo è stato un po’ sfigato, come quella volta che con “Against All Odds (Take a Look at Me Now)”, uno dei suoi pezzi pop più smielati – e riusciti, ma , accampando la scusa che non era “uno del cinema” (salvo poi lasciar suonare Stevie Wonder, che poi quell’Oscar lo vinse, con “I Just Called to Say I Love You”, e Phil si risentì un po’). La canzone la cantò una perfetta sconosciuta che la distrusse sotto gli occhi del povero Phil della Disney: ebbe la sfortuna di essere in lizza assieme a , e quindi Phil si prese un sacco di insulti da Trey Parker e Matt Stone. Io non sono di certo obiettivo – come non lo è che ha ispirato quello che state finendo di leggere racconta qualcosa di più sull’autobiografia di Phil, e che, nel suo libro , ovvero quella che è stata la scintilla per il mio desiderio di scrivere di musica, racconta diversi aneddoti interessanti sui Genesis e su Phil – ma non posso fare a meno di chiedermi: Clicca per condividere su Twitter (Si apre in una nuova finestra) Clicca per condividere su Google+ (Si apre in una nuova finestra) Clicca per condividere su LinkedIn (Si apre in una nuova finestra) Clicca per condividere su Tumblr (Si apre in una nuova finestra) Clicca per condividere su Pinterest (Si apre in una nuova finestra)
