No, gli sport minori valgono tanto quanto gli altri!

Il nostro augusto direttore e head of content Valerio Vignoli ha scritto una acuta provocazione olimpica sulle pagine di TBU. Il succo è: un oro olimpico in uno sport “minore” vale meno rispetto a uno in uno sport “maggiore” perché il numero di persone da battere è molto minore. Cristallino. I dati delle singole federazioni italiane apparentemente supportano questa tesi.

Ma io credo che questa tesi, se non proprio fondamentalmente esagerata, sia quantomeno rivedibile a favore degli sport “minori”.

Intanto, qual è la nostra definizione di “sport minore”? Credo senza ironia che un 70% delle persone interessate allo sport consideri “minore” tutto ciò che non è calcio – e questo è confermato empiricamente dalla ripartizione di pagine dei quotidiani o degli inserti sportivi, dalla Gazzetta dello Sport in giù. Mi ricordo anche una campagna pubblicitaria del recentemente vituperato QS (Resto del Carlino) in cui si reclamizzava una ristrutturazione della parte sportiva con lo slogan “Minore a chi?!”, dove con minore si intendevano pure basket e pallavolo.

Io, ad ogni modo, ammetterei, come fa il Vignoli, negli sport maggiori anche pallacanestro, volley, nuoto e tennis, senza problemi, perché se confrontati con tutto il resto degli sport olimpici effettivamente il concetto di “minore” assume tutt’altra portata.  Tuttavia, anche guardando i dati, mi saltano in mente un paio di obiezioni.

sport minori
Marameo, Vignoli!

Ammesso che sia vero che la FIT (tennis) “gonfi” i propri dati facendo tesserare chiunque frequenti i circoli (quindi anche i pensionati diciamo al fuori della corsa olimpica – anche se la storia di Kim Collins nell’atletica suggerisce il contrario), tutti gli altri sport sono maggiori anche perché sono sport di squadra e quindi richiedono tante persone per poter essere giocati a qualsiasi livello. Chiaro, fosse così anche l’hockey su prato dovrebbe avere gli stessi numeri e quindi non è un argomento dirimente, ma sicuramente qualcosa da tenere in conto.
Perché, se come dice Vignoli, vale di più un oro in cui hai più persone che competono contro di te, è anche vero che negli sport di squadra questo concetto è relativo: Luca Garri e Rodolfo Rombaldoni hanno contribuito allo storico argento olimpico del basket italiano ad Atene 2004, ma avranno dato il 10% della prestazione totale in due, mentre i vari Gianmarco Pozzecco o Gianluca Basile hanno dato il 20% ciascuno. Cosa significa? Che non necessariamente è più bravo chi vince pur avendo numericamente più avversari – e questo per gli sport di squadra è una realtà ineludibile. Come si potrebbe declinare la questione – infatti – per il Portogallo di Cristiano Ronaldo vincitore agli Europei di calcio? Non funziona.

Il secondo argomento ha a che fare con l’allocazione delle risorse. Uno sport minore rimane tale finché non ci sono denari a foraggiarlo. Punto. Come si diceva sulla presunta inettitudine degli afroamericani nel nuoto: finché non li fai entrare in piscina, per forza che non saranno bravi. Finché un milione di persone non praticherà la scherma in Italia, è chiaro che la pressione per arrivare ai massimi livelli sarà minore.

Minore, forse. Ma bassa a livello assoluto? Difficile pensarlo: restiamo sulla scherma. A fronte dei pochi iscritti federali, il livello, specie al femminile, tecnico ed agonistico delle schermitrici è tale che sembra difficile pensare che la concorrenza per arrivare al top (cioè la partecipazione alle Olimpiadi) sia fievole. Inoltre, io credo che sia molto probabile che, proprio perché in certi settori da sempre ci sono pochi soldi e non tanti atleti che si iscrivono alle scuole da ragazzini/e, l’attenzione dedicata allo sviluppo e all’allenamento di ciascun atleta sia infinitamente maggiore rispetto a quella mediamente riservata agli sportivi “maggiori”. E pure qui influisce la questione sport di squadra/sport individuali o di coppia.

Facciamo un altro esempio. I canoisti sono pochi, da subito. La competizione interna da un certo punto di vista è maggiore rispetto a quella di una squadra di basket, dove si va in campo in 5 con altri 7 in panchina. Perché? Perché il tempo che ogni singolo canoista e ogni singolo allenatore di canoisti dedica alla singola persona è infinitamente maggiore a quello che i cestisti si vedono dedicare dagli allenatori, soprattutto individualmente, soprattutto a livelli non altissimi. E dunque, a meno di non giocare nella NBA o in club di Champions, io penso di poter sostenere che mediamente un atleta di uno sport minore ha un livello tecnico più sviluppato di un calciatore o di un baskettaro. E dunque superare i tuoi colleghi che hanno un livello altrettanto alto è, se vogliamo, più difficile.

Il fatto che negli sport minori si creino delle ristrette élite di atleti iperspecializzati ha come conseguenza il fatto che vincere sia più difficile che negli sport maggiori e di squadra, dove persino un Rombaldoni (absit iniuria verbis) è riuscito a portarsi a casa un oro, con suo stesso sommo sbigottimento.

@disorderlinesss
@Una_t_sola

 

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