Ypsigrock 2016 – 3 giorni di musica, pizza e cinghiali

Ypsigrock 2016 – 3 giorni di musica, pizza e cinghiali

È imbarazzante a 25 anni non essere mai andato a un vero festival per un appassionato di musica? Probabilmente sì. Certo, la definizione di “vero festival” è tutta da verificare (e Giovanni Ruggeri ne ha parlato un po’), ma da anni si sentono polemiche articolatissime sul perché non esista un Primavera Sound italiano. Qualunque sia la motivazione, di fatto non c’è. Bene, da 20 anni esiste però l’Ypsigrock in Sicilia. Se consideriamo la Sicilia Italia allora una validissima risposta al Primavera esiste. ( Andrea Armani ha raccontato qualche magagna di un festival milanese). Il mio punto di vista, dicevo, è abbastanza vergine e quindi da questo punto di vista anche un po’ ingenuo. lo Storify con tutti i miei tweet, foto e video dalla tre giorni. Qui sotto, invece, un resoconto più discorsivo. Cominciamo con le rinunzie: Il Cielo di Bagdad, Georgia, Tinals, Birthh e Flavio Giurato (extra-show a pagamento) me li sono persi causa viaggio di 4 ore in direzione Castelbuono con partenza da Modica (Rg), che si trova dall’altro capo della Sicilia. Causa impediente aggiuntiva, l’epica lotta che ho dovuto sostenere per riuscire a recuperare il mio accredito stampa, con rimbalzi di responsabilità vari e telefoni spenti d’ordinanza. Unica noticina stonata nell’organizzazione, a parte un’altra dettata dallo Zeitgeist di cui racconterò poi. : qualcosa di leggero, una perfetta apertura – niente di più, niente di meno – per un festival indie come questo. Il buon Oscar ha la voce da Pippo inteso come Goofy e come lui è allampanato e si veste in maniera che forse una volta tanto varrebbe davvero la pena di definire “happy hipster”. Rimarranno anche il sabato a godersi i concerti altrui. : una delle scoperte migliori di tutto l’Ypsi. Un tizio vestito da Lou Reed che si muove come Jagger con fascino androgino: il tutto sopra una solida base Kraut. Forti dal vivo e altrettanto su disco. Forse il problema è generazionale, se consideriamo che, tanto per dirne una, il mio albergatore cinquantenne era eccitato all’idea di questa gig. e repertorio sufficientemente lungo e relativamente variegato, ma la U2-izzazione di questa band dalle origini indie non è andata a buon fine (cioè, Piove, piove a scroscioni e per le prime ore di festival questa cosa fa dannare tutti quanti. Il palco all’aperto viene lasciato stare e si spostano alcune cose all’interno, altre sono rimandate alla domenica. La pecca citata prima accade qui: le notizie sugli annullamenti, nonostante la presenza capillare di staff nel ristretto perimetro dei palchi di Castelbuono, vengono date solo sui social. Non un annuncio al microfono, non un megafono, non un buon vecchio urlaccio manzoniano alla folla (non altrettanto manzoniana, per fortuna). Certo, è un festival indie dove l’età media è sui 27 anni e senza smartphone a momenti non ti fanno manco entrare, però nelle lunghe ore di incertezza poteva fare comodo anche altro. , poi ho avuto modo di ricredermi. Qualche piccolo e tutto sommato più scenografico che altro smanettamento via iPad sul pianoforte. Una cura per la psiche dopo l’acquazzone. Ci si sposta sullo stage principale per il live recuperato di che serve a risvegliare un po’ tutti: basi tra l’old school e il ricercato, una bella mezz’ora. portano la cosa più sperimentale sentita fino a quel momento (al netto delle mie rinunce forzate di venerdì). Elettronica con molti effettazzi e tanto dionisiaco, senza farsi mancare il pezzo di chiusura con l’ukulele. Grandissima versatilità per nulla scontata, dato il genere. del festival). Strumentali d’emozione ma scritti, arrangiati ed eseguiti con molto garbo. Scatta anche il momento solidarietà personale a causa dei ripetuti problemi al pc del duo, che si divide tra effettistica e pianoforte. Sessanta minuti sono forse tanti, ma grande scoperta per chi non ha paura di strumentali da 5-10 minuti a pezzo. Dopo è il momento del più grande WTF del festival: i . Io non ci ho capito niente. Ma non era quel disorientamento dovuto all’ascolto di qualcosa di così forte o di così nuovo da spazzarti via la mente. No, semplicemente non ho capito che genere volevano suonare, che cosa volevano trasmettere, che cosa ha fatto sì che costoro abbiano venduto dei dischi. Senza voto, direbbe un cronista sportivo. Mi riprendo con un panino alla salsiccia carico per i , con tanto di rinnovata pioggia dal cielo. Che dire, è il live che tutti ci aspettavamo. Ruolo della nuova vocalist piuttosto limitato, come anche le performance vocali richiesta dagli stessi brani: la chiusura è con , un featuring di grande successo con Robert Smith dei Cure, dove però la cara Edith Frances dà una prova di melodia degna di dal piovoso sabato – e per fortuna! Elettronica leggera più ritmi vagamente afro. Cyen (la vocalist Carola Moccia) ha una buona dose di carisma e ricorda in qualche modo, sia per vocalità sia per sensualità, FKA Twigs. Esteticamente perfetti. Rinunzie della giornata: Giant Sand, la Marching Band [vista poi tornare indietro alla spicciolata, si presentava veramente tipo banda del paese, non so se abbiano suonato Beirut o cosa, ma insomma.], L I M. I concerti serali in Piazza Castello sono forse i migliori: l’inizio è per quel personaggio pazzesco di , che con un live intensissimo è l’unico artista con un messaggio politico esplicito di tutto il festival. Politico, , in senso lato: tra un pezzo e l’altro lancia perle di cinismo incredibili, che sembrano provenire dalla realtà e non dal palco, stracciando coi denti la quarta parete (“Don’t clap, stop the clapping. Nobody claps for you in real life, remember that, nobody cares for you”). Una performance da seguire seduti e con tanta voglia di recuperare i testi su internet. Potente, ieratico, vivo. , che da fan terminale dei Mogwai attendevo molto. Giudizio che vede il bicchiere pieno a tre quarti: non c’è la magia sognante degli Slowdive della vocalist Rachel Goswell, né il mondo affilato e pacato dei Mogwai della chitarra di Stuart Braithwaite, ma quando il contrasto tra la potenza di quest’ultima e la polvere di stelle della prima è più accentuato ecco che il meccanismo Minor Victories funziona alla grande. Un bel live, sarà interessante sapere se ci sarà un secondo disco. Nota a margine, per le esibizioni aiuta la band il batterista dei Mogwai, Martin Bulloch, che in tanti anni non ho mai visto/sentito pestare ( A quel punto, il miglior live di tutto Ypsigrock 2016: le . Le aspettavo trepidante, conoscendole più di nome che di fatto ed essendomi bastato il singolo , che sembra uscito dalla penna di Emily Dickinson, per rimanere tramortito. Hanno devastato tutto, hanno toccato cuori, hanno fatto chiedere “ma perché non erano le headliner?”. Immense e sensuali. devo ammettere che non ho troppo (di bello) da dire, se non che dopo una scarica di energia tale, il rischio dovuto alla dinamica piatta offerta dal terzetto. Unica cosa che ha ritardato la fuga anticipata verso il letto è stata Elena Tonra che è si commossa durante un brano, interrompendolo brevemente per asciugarsi le lacrime. Diciamo che la scelta di line-up del festival è giustificabile come segue: Daughter una ottima buonanotte per tutti. Ah, ovviamente dal mio report sono esclusi tutti i set notturni dello stage allestito al Camping, per i seguenti motivi: primo, e quindi figurati se campeggio; secondo, alloggiavo in quel di Petralia Soprana (un paese a 1100 metri sldm e 10 km oltre i confini della realtà, situato tra Madonnuzza e Trinità, ), fatto che implicava un tragitto di sessanta minuti tra la natura selvaggia delle madonìe palermitane, con tanto di incontri animali tra i più consueti (molti gatti, un paio di volpi, istrici) e i meno consueti (cinque cinghialotti sbucati alle 3 di notte). Il tutto condito da – stima al ribasso – 239 curve agevolmente distribuite su 28 km circa. A Castelbuono ho mangiato la pizza margherita più buona dell’universo, comprato in emergenza un ombrello che sembrava uscito da una bacheca Facebook di una quarantenne o da uno spin-off dei Teletubbies, apprezzato tantissimo la conformazione diseguale di Piazza Castello per potermi godere i gruppi seduto, dall’alto e senza assordarmi, visto persone un po’ di tutte le età e agghindate in maniera più normale rispetto alle aspettative, visto nessuna scena di degrado umano (ricordate sempre che non ero al camping, però). Ho avuto voglia di tornarci l’anno prossimo, senza troppi patemi decisionali. Che per uno che in 25 anni di vita non s’era mai fatto un vero festival, è tutto tranne che scontato. 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