Nuovi libertini: intervista al medico tossicologo Salvatore Giancane

Era il 2003 e Freak Antoni si aggirava ancora per le strade di Bologna. La prima ondata di diffusione dell’eroina era ormai svanita, lasciandosi alle spalle un decennio che verrà ricordato come il peggiore di sempre per i decessi correlati all’uso e abuso di ogni tipo di droga. Secondo i dati forniti dal D.C.S.A. del Ministero dell’Interno, dopo i picchi del 1991 (1277 casi) e del 1996 (quasi 1200), i decessi sono progressivamente diminuiti negli anni a venire, e proprio in quel 2003 hanno perso la vita 429 persone. In quell’anno si stima che i consumatori di eroina siano oscillati tra i 275.998 e i 298.892 (Istituto di Fisiologia Clinica, Consiglio nazionale delle ricerche), con una percentuale dell’1.6% per quanto riguarda la dipendenza dei giovani tra i 15 e i 19 anni (dati ESPAD).

Eroina CNR-ESPAD vs. DPA
Cos’è cambiato in questi 13 anni di politiche proibizioniste, sovraffollamento delle carceri, sciacallaggio mediatico e incoraggiamento del bottoming out? L’eroina non sarà più così attraente per le giovani generazioni, no? Il Dipartimento Politico Antidroga confermerebbe questa ipotesi. Ma consultando invece il rapporto del 2014 del CNR-ESPAD Italia si direbbe l’esatto opposto. Insomma, per la popolazione italiana dei giovanissimi in età scolastica – dai 15 ai 19 anni – vengono fotografate due realtà molto diverse: secondo il DPA la colonnina delle dipendenze scenderebbe addirittura allo 0.35% nel 2014, mentre per l’ESPAD il valore è decisamente più alto: si parla dell’1.4%. Che in fondo non si discosta molto da quell’1.6% del lontano e superato 2003. Inoltre, in merito ai decessi indotti da eroina, nel rapporto del DPA si legge: “Tra il 2012 ed il 2014 […] si osserva un incremento del  numero  di  decessi  eroina-indotti che passano in percentuale dal 41,8 al 42,4 al 47%, in altre parole, per circa 5 casi su 10 si è trattato di una fatale intossicazione acuta indotta da eroina”. I decessi totali nel 2014 sarebbero stati 313, di cui 147 attribuiti all’eroina, che “si conferma quindi lo stupefacente che causa il maggior numero di decessi”.

C’è dell’altro. Le statistiche relative al 2015 non sono ancora state pubblicate, ma intanto l’ESPAD ha diffuso i dati preliminari che denunciano una situazione prevedibile secondo molti operatori. L’uso di eroina nei ragazzi quindicenni scolarizzati sarebbe raddoppiata rispetto al 2014 (dall’1% al 2%), tornando di fatto a confermare il trend dell’anno ancora precedente, il 2013 (1.9%). Insomma, l’eroina sembra in realtà non essere mai passata di moda.

Eroina CNR-ESPAD vs. DPA1


Fissato il quadro, abbiamo chiesto al dottor Salvatore Giancane – medico tossicologo del Ser.T e docente della Scuola di specializzazione in psichiatria – di spiegarci queste tendenze e analizzare il panorama attuale.
Dottor Giancane, è corretto quindi parlare di un ritorno dell’eroina oggi?

Non userei il termine ‘ritorno’. L’eroina non è mai andata via. Io la chiamo ‘la vecchia signora’, perché sopravvive a qualsiasi tendenza e a qualsiasi moda, adattandosi ad ogni nuovo contesto. E questo è proprio quello che è avvenuto negli ultimi anni.

Quindi si è adattata alle esigenze dei nuovi consumatori? A parte quelli abituali, perché un adolescente oggi dovrebbe esserne incuriosito a tal punto da decidere di provarla?

Negli ultimi venti anni si è molto insistito su alcuni messaggi: “le droghe sono tutte uguali”, “la droga fa male”. La droga, non le droghe. Questa semplificazione porta a una banalizzazione dell’eroina. È una retorica che veicola un messaggio scorretto, per il quale tutte le sostanze agiscono modificando lo stato di coscienza e fanno male allo stesso modo, senza distinguere tra quelle più o meno dannose. Se fossi un ragazzino che sente ripetere queste parole per l’intera adolescenza, e decidessi di provare a fumare una canna, non riscontrando poi nella mia esperienza (o in quella dei miei amici) gli effetti di cui sento parlare — overdose, psicosi, demenze —, per me questo messaggio perderebbe di credibilità e soprattutto di autorevolezza. Così sarei portato a pensare che per tutta la vita ho avuto a che fare con persone che delle droghe sanno meno di me, o che comunque esagerano. E finirei inevitabilmente per pensare che esagerano anche quando parlano dell’eroina. Con questi messaggi, in sintesi, non si aumenta il livello di attenzione verso le droghe leggere ma si sdoganano e si promuovono quelle pesanti.

Eroina CNR-ESPAD
Parlando quindi di mutamenti: com’è cambiata la produzione e lo spaccio?

Il panorama della produzione e del narcotraffico è cambiato completamente. Ci troviamo davanti a un aumento esponenziale di oppio proveniente da nuovi produttori: il Messico, il Sinai in Egitto e soprattutto l’Afghanistan. Contemporaneamente la mafia ha mollato il business e non è più l’importatore unico di eroina in Italia. Durante la prima ondata dell’eroina le raffinerie italiane si nascondevano in Sicilia, oggi invece il prodotto viene raffinato sul posto e arriva attraverso una miriade di gruppi criminali, che la portano attraverso la via dei Balcani (Albania, Montenegro, Turchia) e sbarcano poi sull’Adriatico, principalmente nelle Marche e in Abruzzo; oppure attraverso l’Africa, e una volta arrivata in Egitto viene portata qui (Pakistan, Tanzania, Nigeria). In questo modo non arriva più il classico carico di 5 tonnellate, ma arrivano piuttosto 30 carichi da 50 kg l’uno, molto più difficili da intercettare. Questa diffusione capillare ha provocato il crollo del prezzo: trent’anni fa una busta veniva dalle 30.000 alle 50.000 lire, adesso con 10 euro si rimedia tranquillamente una dose. Questo significa che anche un ragazzino con la paghetta può permettersela. Dopodiché, per vincere ulteriormente le resistenze, è arrivata l’eroina fumata che è stata promossa dagli stessi pusher. A questo potrebbero aver contribuito le nuove dinamiche dello spaccio in strada.

Rapporto DPA
Quindi se io volessi procurarmi una dose a Bologna dove dovrei andare? Nella classica zona della stazione o in Piazza Verdi?

A Bologna zone come quelle non sono assolutamente il teatro principale dello spaccio. Il vero spaccio, quello che conta per il 95%, è composto da una ragnatela di pusher che passa per conoscenze personali, amici fidati, smartphone.
Ci sono poi i luoghi del policonsumo (i rave), dove si è imposta come sostanza paracadute: quella sedativa che si assume per cercare di buttare giù l’abbuffata di eccitanti della notte; ci si vorrebbe riposare ma gli strascichi lo impediscono, e allora si combatte il down con la ketamina o l’eroina.

Gli stereotipi e falsi miti legati alla figura del tossicodipendente non sono ancora stati sdoganati, insomma.

No, esatto. Non si è capito che le droghe si sono diffuse a livello commerciale, interessano varie fasce d’età, vari strati sociali, che la maggior parte — ovviamente dipende dalle sostanze — dei consumatori sono persone non problematiche ad elevata inclusione sociale. Studenti, lavoratori. Eppure il fenomeno non si nota perché è illegale. Non si può ammettere a un collega di lavoro che si fa uso di LSD. Dunque tutta la comunicazione sulle droghe presenta solo gli aspetti problematici: la malattia, la dipendenza, l’overdose, l’HIV, lo stupro, la delinquenza associata.
Prima ancora di un atteggiamento moralistico, in Italia c’è un problema di presa d’atto. Ad esempio: l’utilizzo delle droghe come afrodisiaco è diffusissimo ma è ancora un tabù parlarne. Eppure paradossalmente si tratta di un fenomeno sul quale crollano le resistenze: persone moraliste, proibizioniste nella vita di tutti i giorni, inserite in un contesto di questo tipo ammorbidiscono le loro posizioni rispetto all’assunzione della droga.
Altro punto: non si prende consapevolezza che se ne possa fare semplicemente uso, che possa essere un comportamento come tanti altri. Se si usa, automaticamente se ne abusa. Invece esiste il consumo e basta, così come esiste il consumo problematico; esistono gli abusi, le dipendenze. Esiste un danno intrinseco delle droghe ed esiste un danno da gestione delle droghe. A questo proposito avevo letto un articolo sul Guardian, molto provocatorio, che diceva: “Basta con questa storia delle droghe più o meno pericolose, quello che è veramente pericoloso è l’ignoranza”. Ecco, esiste sì un potenziale pericoloso delle droghe, ma anche la stupidità umana può fare moltissimi danni.

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Pubblicità “progresso” del governo contro la droga.

E il servizio pubblico funziona bene?

Abbiamo dei servizi tarati sulla vecchia figura dell’eroinomane, ma con il calo dei prezzi dell’eroina e con l’ampia presenza degli oppioidi sul così detto mercato grigio — che io chiamo neroi ragazzi non hanno più bisogno del Ser.T. Una dose di metadone per cercare di svoltare la giornata si ricava con 5-10 euro. È chiaro che così, con 150-200 euro al mese di spesa, te la cavi da solo.
Ma il servizio pubblico può fare sia riduzione del danno che trattamenti di alto livello. È dimostrato che chi ha un problema con le droghe ed è in rapporto con un servizio di cura ha sempre comunque un andamento migliore.

Ecco, parliamo di riduzione del danno. Si tratta di una politica volta alla riduzione delle conseguenze dell’uso di droghe per i consumatori e per la popolazione che convive con loro. In Italia è una pista seguita?

Non c’è più la riduzione del danno in Italia. Non c’è nei rapporti ufficiali, non esiste in Parlamento quando si parla di droghe, è sparita dalle politiche locali dei Comuni e delle Regioni. Sarebbe fondamentale perché può raggiunge più persone di quelle che raggiunge la terapia e perché consente di risparmiare di più: con 15 cent di spesa per l’acquisto di una siringa si può evitare un caso di HIV o di epatite ed una possibile spesa di centinaia di migliaia di euro in cure. Invece in Italia tutti i soldi vanno sulla terapia e sulla repressione. Inoltre, i pochi fondi che prima finanziavano la riduzione del danno adesso vengono piuttosto destinati ai servizi per il disagio e la marginalità sociale, che spesso con le droghe hanno poco a che vedere.


Un fattore di aumento del rischio sono proprio i media e ciò che farà l’informazione di te, come banalizzerà la tua storia e demonizzerà le sostanze che consumi. Anche il giornalismo può arrecare grossi danni e — come diceva il dottor Giancane in Siamo fatti così: “Alla fine la cultura, la conoscenza, è il modo migliore per ridurre i potenziali rischi di una sostanza”. Ripartiamo da qui.

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Pompeo di Andrea Pazienza

4 pensieri su “Nuovi libertini: intervista al medico tossicologo Salvatore Giancane

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