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La Francia contro la riforma del lavoro

Loi Travail, Confédération Générale du Travail, Nuit Debout: la lotta per i diritti sociali, e in particolare dei lavoratori, in questo 2016 ha il suo epicentro in Francia e ruota attorno a questi termini, che sono comparsi (a dire il vero piuttosto timidamente) sui nostri media nelle ultime settimane in relazione soprattutto agli scontri tra manifestanti e polizia avvenuti a Parigi e allo sciopero generale che la settimana scorsa ha bloccato l’economia francese. La questione però ha una portata molto più ampia, e va a toccare diritti e libertà fondamentali non solo sul lavoro, ma in tutti gli aspetti della vita dei cittadini di un paese che sta ancora facendo i conti con i tragici attentati terroristici al Bataclan e alla redazione Charlie Hebdo, e con il clima di tensione ed emergenza che ne è derivato.

La Loi Travail è la riforma del mercato del lavoro portata avanti dal governo socialista guidato da Maluel Valls e dal Presidente della Repubblica Francois Hollande. È in linea con le riforme strutturali promosse dall’Unione Europea per contrastare la crisi economica secondo la dottrina dell’austerity e ha diversi punti in comune con il Jobs Act approvato l’anno scorso in Italia. Prevede in generale una maggiore flessibilità nel mercato del lavoro e la riduzione della spesa sociale. Il suo iter legislativo è stato e continua ad essere travagliato e incerto, tanto che il 10 maggio, con una mossa che ha fatto impennare l’intensità delle proteste, il governo ha deciso di utilizzare il decreto legge 49.3, che approva la Loi Travail nell’Assemblée nationale (la prima Camera francese) senza passare dal voto. L’appiglio a questo cavillo è dovuto al fatto che anche all’interno del Parti Socialiste (PS) non mancano le voci contrarie alla riforma, e rende fondamentale la data del 14 giugno, quando la legge sarà discussa in Senato. In generale la posizione del governo di Valls è minoritaria sia in Parlamento che fuori. La risposta dura (se non apertamente repressiva) alle manifestazioni ha fatto ulteriormente diminuire la sua popolarità, anche perché secondo i dati una percentuale che oscilla tra il 61% e il 74% della popolazione è contraria alla Loi Travail. Della bassissima popolarità di Hollande e delle sue quasi nulle possibilità di rielezione se ne parla ormai da anni, anche lui si è esposto personalmente a favore di questa riforma e ha affermato che non farà passi indietro. Stando alle dichiarazioni dei protagonisti, non verrà rinegoziato nemmeno il criticatissimo art. 2 della legge, che inverte la gerarchia giuridica nell’ambito delle contrattazioni sulla durata del lavoro, dando la precedenza a quelle aziendali su quelle di categoria. Il governo è ormai vincolato a questa riforma, e non ci sarebbe da stupirsi se in caso di fallimento si andasse a elezioni anticipate.

Loi Travail Francia Nuit Debout CGT
Stato securitario e diritti dei lavoratori (Fred Sochard)

La Confédération Générale du Travail (che d’ora in poi chiamerò CGT) è uno dei due maggiori sindacati d’oltralpe, che nelle manifestazioni e soprattutto nello sciopero generale della scorsa settimana ha avuto un ruolo di assoluto protagonista. In un ipotetico spettro politico dei cinque sindacati riconosciuti ufficialmente dallo stato francese si posizionerebbe decisamente a sinistra. Più moderato è invece Force ouvrière (FO), che è l’altro principale sindacato francese, meno influente della CGT ma che comunque per ora ha sostenuto i colleghi (ma sulla fragilità di questa alleanza punta molto il governo per indebolire il fronte avversario). La scorsa settimana la CGT è riuscita ad organizzare uno sciopero generale che ha portato al blocco delle raffinerie del paese (con una stima di circa 1/3 delle stazioni di servizio rimaste senza carburante), seguito da diversi casi di sgombero violento da parte della polizia nel weekend. Sempre nel corso della mobilitazione della scorsa settimana, anche 19 centrali nucleari sono state chiuse per sciopero dei lavoratori, sebbene questi non avrebbero conseguenze dirette sulla loro condizione in caso di successo della riforma. Il grande merito della CGT infatti sta proprio nell’aver saputo coinvolgere anche le categorie di lavoratori non direttamente interessati dalla riforma, come testimoniato ad esempio dalla massiccia presenza di lavoratori portuali nell’occupazione delle raffinerie.

CGT Francia sciopero
Un militante della CGT durante il blocco di una raffineria

Prima delle mobilitazioni della settimana passata, la CGT si era già ampiamente attivata con manifestazioni, riuscendo a portare in piazza centinaia di migliaia di persone nelle principali città. Quelle più rilevanti ovviamente sono avvenute a Parigi, dove i sindacati si sono affiancati ad un movimento formato principalmente da giovani, studenti e disoccupati denominato Nuit Debout. Questo movimento è nato in maniera spontanea, era presente già a marzo alle prime manifestazioni contro la riforma ma si è affermato ancora di più il 31 marzo, quando con un’azione fortemente simbolica ha occupato Place de la Republique, e continua ad occupare tutt’ora, nonostante i numerosi sgomberi violenti della polizia. Ci ha parlato di Nuit Debout e in generale della situazione francese Lorenzo Giroffi, giornalista e videoreporter tra gli altri per RSI Channel e The Guardian, che negli ultimi mesi ha seguito personalmente gli avvenimenti di Parigi, dagli attentati al Bataclan alle proteste di questi giorni: “Io dagli attentati del 23 novembre, quando mi trovavo a girare immagini al Bataclan, ho iniziato a seguire tutto ciò che ha voluto significare Stato d’emergenza e leggi speciali. Naturalmente la deriva securitaria è stata una delle conseguenze, con perquisizioni in casa arbitrarie, obbligo di firma senza tanti indizi e proposte di legge come la déchéance de nationalité. Subito dopo gli attentati, le manifestazioni spontanee erano proibite, per ragioni di sicurezza, ma già fu scelta, per commemorare ed andare oltre le leggi speciali, Place de la Republique come luogo d’aggregazione. Il malcontento per lo Stato d’emergenza e per la militarizzazione di alcune aree è confluito poi nell’insofferenza per la proposta di riforma del mercato del lavoro, ora divenuta legge. Dalle proteste dei sindacati e degli studenti il 31 marzo 2016 nasce Nuit Debout, che appunto tiene assieme tantissime questioni, dibattute in assemblea pubblica a Place de la Republique: dai migranti, alla legalizzazione delle droghe leggere, fino al diritto da garantire ai migranti che arrivano a Calais e naturalmente i diritti dei lavoratori, messi in crisi dalla recente riforma. Quest’ultimo punto è sicuramente quello che ha incendiato gli scontri maggiori con la polizia, avvenuti sistematicamente ad ogni manifestazione. Nuit Debout non è sempre stata in sintonia con i sindacati di categoria , però, nonostante le contrapposizioni, in piazza hanno creato un blocco massiccio, che mette in crisi le strategie politiche del governo Hollande e quelle di ordine pubblico delle prefetture. I blocchi delle raffinerie e le proteste ad oltranza diverranno sicuramente ancor più simboliche nelle prossime settimane, quando la Francia ospiterà gli europei di calcio. I problemi di sicurezza per quest’evento già sono stati messi in luce, bisognerà vedere come le forze di sicurezza riusciranno in quei giorni a gestire Nuit Debout e le proteste dei sindacati, che non scemeranno, con l’arrivo, da tutta Europa, di un consistente flusso di tifosi”.

Nuit Debout Paris reve generel
Gioco di parole dei manifestanti di Place de la Republique: lo “sciopero generale” (greve generale) diventa “sogno generale” (reve generale) (Stephane Burlot)

Quindi, in questo fronte che da diverse settimane si sta opponendo attivamente alle politiche del governo francese troviamo una componente sindacale focalizzata sull’obiettivo di non far passare la Loi Travail e una componente più spontanea ed eterogenea, composta soprattutto da giovani, studenti e precari che si è organizzata nella zona di Parigi nel movimento Nuit Debout. Anche per loro attualmente l’obiettivo principale è il contrasto alla contestatissima riforma del lavoro, ma il movimento porta avanti anche tematiche di più ampio respiro, destinate a rimanere attuali indipendentemente dall’esito della Loi Travail. Il punto di partenza sono state le leggi e le azioni del governo nel contesto dello stato di emergenza sancito dopo gli attentati dello scorso novembre, che sull’altare della pubblica sicurezza richiedono un sacrificio in termini di diritti e libertà individuali non tollerabile e soprattutto non consono ad uno Stato di diritto (come Lorenzo Giroffi racconta molto bene qui e qui). Tuttavia, con l’arrivo di giugno e l’iter della riforma che entrerà ancora di più nel vivo (la discussione in Senato del 14 giugno sarà fondamentale, sia dentro che fuori dalla camera) e soprattutto con gli imminenti Europei di calcio, si presenterà al governo – che ha già detto che non intende fare un passo indietro – l’opportunità (ma questa è soltanto una mia previsione) di mettere insieme in maniera illogica ma sicuramente proficua quelle che sono le recriminazioni dei lavoratori contro una riforma che va a mettere mano ai loro diritti e la questione della pubblica sicurezza, più che mai attuale quando un evento di questa portata si svolge sulle ferite non ancora chiuse di un paese che nell’ultimo anno e mezzo ha subito gravissimi attacchi terroristici.

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