Playlist indie (e un po’ disturbante) per la festa della mamma

Dopo il grande successo della playlist per una domenica di sole, un’altra domenica si è meritata una proposta di sonorizzazione: la seconda di maggio, in cui cade la festa della mamma.

Non c’è bisogno di aver studiato neppure un bignami su Freud per avere ben chiaro che, in varie gradazioni di disagio, i genitori e in particolare il genitore femmina, che sia ‘solo’ affettivo o anche biologico poco importa, ci hanno in buona parte creati per i mostri che siamo; dunque sappiamo dove rivolgere le lamentele/i ringraziamenti.
Le madri sono oggetti complessi e ci vuole realismo per descriverle; Yesterday va benissimo, ma c’ha pure un po’ rotto le scatole. Senza farlo neanche apposta, ho trovato nei miei archivi una marea di canzoni con storie che spaziano dal ‘sinceramente commosso’ al ‘decisamente poco edificante’ passando per il ‘ma non è reato?!’ che, in un modo o nell’altro, parlassero delle Giocaste che ci hanno dato alla luce – come se qualcuno gliel’avesse mai chiesto. Si procederà dal concepimento fino alla morte.

1) Lucio Dalla – 4/3/43 (Minha Historia)

Un classicone della canzone italiana che in realtà racconta una storiaccia di ragazze madri, bestemmie e onomastica creativa che anni di Carlo Conti in tv hanno forse impedito a noi giovini di capire appieno: stavolta la troviamo tinta di fado e cantata mezza in portoghese, complice Jorge Fernando.

2) Honeybird and the birdies – You should reproduce

La carismatica Monique Mizrahi aka Honeybird ai concerti raccontava che la sua ginecologa, alla soglia fatale dei 30 anni, durante una visita di controllo le avesse fatto i complimenti per il bell’apparato riproduttivo, dicendole che sarebbe stato un vero peccato non sfruttarlo per riprodursi. Apriti cielo. Per citare Caparezza, non so se sia peggio, da figli, essere consapevoli di essere nati per via di un condom rotto oppure per interesse scientifico-demografico di un medico.

3) Low – Mother

I signori Sparhawk, Alan e Mimi (che nonostante l’apparenza non è Stefania Sandrelli dopo qualche Big Mac), oltre a comporre da più di 20 anni musica celestiale, sono anche mormoni e piuttosto seri a riguardo. Giova ricordarselo, quando si ascoltano certi loro testi.

4) Casiotone for the Painfully Alone- Happy mother’s day

Abbastanza triste : (
Di Casiotone abbiamo scritto qui.

5) Cocteau Twins – When mama was moth

I Cocteau Twins sono uno dei presupposti culturali di Grimes, in particolare quella prima maniera. Ciò detto, anche se ogni onda registrata su quel disco grida “ANNI ’80!!1!11!” da ogni byte, può nondimeno essere gradevole farsi un viaggio nel militaresco incedere delle drum machine di Robin Guthrie e nei testi stonati (nel senso di stoned) di Elisabeth Frazer, dove la madre era una falena e lei prendeva forma di bulbo. Ci siamo passati tutti, no?

6) Devo – Gut Feeling (Slap your mammy)

I gut feelings sono un aspetto della vita umana ben studiato da economisti, psicologi e neuroscienzati sotto il nome di euristica: le decisioni d’istinto, quelle che non sappiamo esattamente come ci vengano, ma che, magari, determinano effetti di importanza capitale a lungo termine. Oltre il trionfale giro d’accordi, la voce di Mark Mothersbaugh (guarda un po’) insiste nel proclamare una ribellione isterica che culmina con la coda Slap your mammy in cui consiglia di sottoporre la famiglia a una cura Hill-Spencer con un retrogusto anarco-edipico.

7) Outkast – Ms. Jackson

Madri, sì, ma anche le madre degli altri. In particolare, le madri dei propri partner, le mitologiche suocere. Alcune amorevoli, altre presumibilmente iscritte al partito nazista, altre ancora mai conosciute: ci sono tante possibilità, ma di sicuro nessuno di noi, a differenza di André 3000, ha mai avuto a che fare con la madre di Erykah Badu, né, ahinoi*, è mai stato con Erykah Badu.
* storia spiegata

8) Addamanera – Il correttore

Da un album postumo di un gruppo prog-Branduardi-psych messinese anni Zero, a mio avviso veramente imperdibile; qui in un momento malinconico di una donna non più giovane, apostrofata dalla figlia, che la rassicura della non necessità di truccarsi per apparire più bella davanti a sé.

9) Sun Kil Moon – I can’t live without my mother’s love

Mark Kozelek è un uomo ben più che maturo (e coi suoi bei giramentini di cazzo che ti fanno venire voglia di non dover essere mai il suo fonico), ma ciononostante sa ancora guardare dentro di sé e nel 2013 ha rinnovato la sua carriera fragorosamente con Benji. Molti brani sembrano stralci di un diario privato ed effettivamente lo sono, si parla di affetti e di famiglia, con una naturalezza disarmante. Anche a 50 anni suonati si ha paura di perdere i genitori, pare.

10) Sufjan Stevens – Death with dignity

L’ultimo album di Sufjan si chiama “Carrie e Lowell”, come i suoi genitori. Wiki mi istruisce sul fatto che “la madre di Steven, che soffriva di depressione, schizofrenia e che abusava di sostanze, lo abbandonò quando lui aveva un anno”. L’album è stato scritto, quattro decenni dopo, post mortem e sembra aver avuto, come capita spesso in questi casi, una funzione terapeutica.

Bonus track – Spiritualized – Hey Jane

Per ricordarsi che, nonostante le opinioni contrarie, a volte le mamme sono anche dei papà, e viceversa.
Video NSFW.

Filippo Batisti
@disorderlinesss

Immagine: dettaglio da Gli Scarabocchi di Maicol e Mirco

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