Sgretolando l’Euro: le monete complementari

Il denaro, in quanto possiede la proprietà di comprar tutto, di appropriarsi di tutti gli oggetti, è dunque l’oggetto in senso eminente.

(K. Marx, Manoscritti economici e filosofici del 1844)

La crisi economica del 2008 e la conseguente crisi di liquidità dell’area Euro ha, in questi anni, dato maggior vigore allo sviluppo del “nuovo vecchio fenomeno” delle monete complementari.

Nuovo, perché il boom di utilizzo di questi anni non era certamente immaginabile con la fine delle monete nazionali e l’avvento dell’euro. Vecchio, perché non è un fenomeno nato ora. Al contrario, è profondamente radicata nella cultura europea la commistione tra una valuta “regia” e molte monete locali coniate da signorotti e potentati di ogni sorta. Da sempre le monete parallele e alternative hanno contribuito alla tenuta delle economie locali e al fiorire di diverse città e regioni, in ogni epoca. Tanto più la circolazione della moneta ufficiale è rallentata, tanto maggiore è il successo della moneta alternativa. L’esempio più calzante e utile al nostro scopo di capirne il funzionamento odierno è, infatti, il WIR svizzero, nato nel 1934 a seguito della Grande Depressione del ‘29. Oggi la banca WIR ha un bilancio da 4 miliardi di franchi e un capitale sociale di quasi 20 milioni, un risultato stratosferico per una iniziativa nata con obiettivi di mutuo sostegno.

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Thomas Spence, 1794. Le monete coniate da Thomas Spence non ebbero mai un ruolo economico, ma propagandistico.

Ma cosa è di preciso una Moneta Complementare e a cosa serve? Si tratta di una moneta, digitale o con supporto cartaceo, che assolve principalmente al compito di acquistare beni e servizi. Denaro a tutti gli effetti quindi, che però poggia su un accordo volontario, non legale. La moneta complementare permette alle aziende di una comunità che ne accetta il corso, per esempio, di aumentare il proprio volume produttivo con il preciso fine di sostenere l’economia locale. L’accumulo del denaro in questa forma è sostanzialmente impedito per via dello strettissimo legame con il territorio in cui esso circola e a ciò deve il suo successo anticiclico: è tutta liquidità. La moneta complementare non ha altro palcoscenico se non l’economia reale. Nessuna speculazione, nessuno o irrisorio costo del denaro e grandi stimoli all’acquisto di beni all’interno della comunità di riferimento.

In Europa, ma non solo, sono molte le monete locali fiorite in questi anni e il volume d’affari generato è tutt’altro che indifferente. Ma facciamo un piccolo passo indietro: come si catalogano le monete complementari?

  • Si definiscono “commerciali” le forme di moneta complementare atte esclusivamente ad incrementare il consumo di determinati beni di specifiche aziende. Leggasi: “punti fedeltà”. Di fatto, ogni acquisto in moneta ufficiale presso un’azienda genera un accumulo di punti fedeltà proporzionale alla spesa, punti che potranno, in parte o in tutto, essere utilizzati per l’acquisto di altri beni convenzionati della stessa azienda o di società partner.
  • Le monete “dedicate” sono monete spendibili per determinati prodotti, l’esempio più classico sono i buoni pasto.
  • La moneta complementare “garantita” circola in un determinato territorio anche fisicamente e il suo utilizzo è finalizzato, per lo più, a stimolare l’economia della comunità che la utilizza. Spesso il valore è legato alla valuta ufficiale. Due esempi italiani, serio e comico, di questa tipologia sono il Sardex, realtà sarda consolidata ed in espansione, che ben ha servito il suo scopo, e il meno fortunato “Scudo Padano” emesso dalla Banca della Padania Indipendente, voluta dalla Lega Nord in occasione del raduno di Pontida del 1997, la cui funzione si tradusse nell’acquisto di salsicce e birra.
  • Le “Monete-Tempo” sono invece quelle monete il cui valore è commisurato all’unità di misura temporale ore-lavoro e la cui funzione principale è quella di creare collegamenti tramite lo scambio di conoscenze e competenze.

La diffusione di queste monete complementari è tutt’altro che irrisoria, si contano circa cinquemila monete non ufficiali al mondo, alcune delle quali muovono un volume d’affari importanti (il Sardex, si calcola, coinvolge un giro da 50milioni di Euro l’anno, volume altrimenti inattaccabile con la sola valuta ufficiale, a causa della limitazione al credito alle aziende operata delle banche). La felice storia del Sardex, e di altre realtà italiane importanti, come l’Arcipelago Scec nell’Italia centro-meridionale, si rivede anche in Nord Europa, dove la crisi ha colpito meno. In queste regioni è forse più evidente il carattere sociale e ambientale della moneta complementare, che ha come principale obiettivo quello di incentivare il consumo di prodotti sostenibili e di sostenere l’economia di regioni più arretrate. Qui, dove il problema dell’accesso al credito è meno stringente, la dimensione sociale ha permesso la realizzazione di progetti interessantissimi che restituiscono un’idea di comunità, di trasmissione della conoscenza e di “scambio di prossimità” che si era parzialmente persa nel mare infinito dell’economia dominante.

Il rinnovato interesse per queste monete oggi, forse per via del sentimento sempre meno empatico verso la moneta unica e verso i suoi fallimenti, è un indicatore della condizione attuale dell’Eurozona. Sull’orlo di una catastrofe che ne cancellerebbe i successi ottenuti senza soluzione di continuità, l’Europa ha, ora più che mai, bisogno del sostegno delle sue parti più minute, perché remino nella stessa direzione senza amplificarne le mancanze. Forse dall’economia libera, fatta di economia reale, di scambi e di legami sociali, potrà arrivare la salvezza per una comunità in crisi più vasta e più importante.

Luca Sandrini

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