Cosa cambierebbe con la riforma della costituzione?

Una Costituzione è la legge fondamentale di un ordinamento (per esempio, di uno stato o di una federazione). E’ una legge speciale: esprime la regole più importanti – per esempio valori, diritti e doveri dei cittadini – della società che la adotta. E’ anche la legge suprema: nessun’altra può contraddirla. Oltre ad avere enorme importanza storica, per esempio perché seguono una guerra, o rappresentano l’identità di una nazione, le Costituzioni sono spesso dei bei documenti dal punto di vista letterario. La Costituzione della Repubblica Federale Tedesca incomincia con questa affermazione: “La dignità dell’uomo è intangibile. E’ dovere di ogni potere statale rispettarla e proteggerla”. Il preambolo della Costituzione degli Stati Uniti d’America e’ famosissimo: “Noi, Popolo degli Stati Uniti, allo Scopo di realizzare una più perfetta Unione, stabilire la Giustizia, garantire la Tranquillità interna, provvedere per la difesa comune, promuovere il Benessere generale ed assicurare le Benedizioni della Libertà a noi stessi ed alla nostra Posterità, ordiniamo e stabiliamo questa Costituzione per gli Stati Uniti d’America”. Altrettanto celebre è quello dell’Unione Sovietica datato 1918: “La dichiarazione dei diritti dei lavoratori e degli oppressi (…), insieme alla Costituzione della Repubblica Sovietica, costituisce la singola legge fondamentale della Repubblica Socialista Federativa Sovietica Russa. (…) La Russia è dichiarata repubblica dei Soviet dei Deputati dei Lavoratori, Soldati e Contadini”. (il concetto e’ espresso per esempio nel termine che nelle lingue scandinave designa la costituzione, (cum-statuere, formare o disporre una cosa in modo che duri; in greco la chiamano σύνταγμα : dispozione ordinata) Dati i valori fondamentali che una Costituzione esprime, modificarla è, solitamente, un processo lungo e tendenzialmente molto delicato. Gli studiosi di diritto comparato distinguono costituzioni “flessibili” e costituzioni “rigide”. Mentre le prime possono essere cambiate con leggi normali (in legalese, “ordinarie”), per modificare le seconde serve una procedura speciale (in legalese, “aggravata”). Questa procedura speciale serve per assicurarsi che il testo della legge fondamentale non venga cambiato senza che l’elettorato e le istituzioni abbiano riflettuto doverosamente sulle conseguenze delle modifiche desiderate. Questo non vuol dire che le Costituzioni non vengano modificate. Dal 1787, la Costituzione degli Stati Uniti ha subito ventisette “emendamenti” (uno famoso è il tredicesimo, che proibiva la schiavitù, nel 1865). Dal 1791, la Francia ha cambiato fra le 15 e le 17 Costituzioni (il calcolo dipende se si considera o meno come costituzione il Progetto Costituzionale Girondino del 1793 e la Costituzione della Repubblica di Vichy del 1940). Oltre a sostituire spesso la propria Costituzione, però, la Francia ha anche modificato quella vigente (l’ultima volta nel 2008). La Costituzione può essere modificata per motivi “interni” (per esempio, per riflettere una mutata sensibilità nazionale: nel 2002 la Costituzione italiana è stata modificata per abolire il divieto di ingresso e soggiorno sul territorio nazionale “agli ex re di Casa Savoia, alle loro consorti e ai loro discendenti maschi”). A volte le modifiche alle costituzioni derivano invece da vincoli di diritto internazionale o, comunque, “esterno”. Per esempio, diversi Paesi europei hanno modificato la propria costituzione al momento della ratifica del Trattato di Lisbona (che e’ entrato in vigore nel 2009). La Costituzione italiana e’ stata modificata sedici volte, ma i cambiamenti sono stati spesso poco profondi. Per modificarla ci vuole una “legge costituzionale”. Non può essere modificata con una legge ordinaria. Non basta, cioè, che la maggioranza dei presenti nelle camere del Parlamento approvi un testo per modificare la Costituzione (basta, invece, per approvare una legge “ordinaria”. Le regole sono più complicate ma ai fini di questa esposizione possono essere tralasciate). Per modificare la Costituzione italiana, una legge dev’essere approvata da entrambe le camere del Parlamento…due volte (la seconda, almeno tre mesi dopo la prima). La seconda volta, la legge dev’essere approvata dalla maggioranza dei componenti (non solo dei presenti) di entrambe le camere. Questo ancora non basta per modificare la nostra Costituzione. Se un quinto dei membri di una camera, o cinque regioni, o mezzo milione di elettori lo chiedono, la legge e’ sottoposta a referendum. Solo se la maggioranza di chi vota al referendum approva il testo, allora la Costituzione e’ modificata. Questa procedura per modificare la Costituzione è contenuta nella Costituzione stessa (Articolo 138). Si lascia al lettore l’esercizio di speculare sulla possibilità di modificare l’Articolo 138. nella persona del Presidente del Consiglio Matteo Renzi e del Ministro per le riforme costituzionali e i rapporti col Parlamento Maria Elena Boschi della Repubblica Italiana. Il disegno di legge costituzionale e’ stato approvato da entrambe le camere del Parlamento. Entrerà in vigore a breve, anche se la legge stessa prevede che avrà effetto a partire dalla prossima legislatura (con un’importante eccezione: la legge elettorale potrà essere sottoposta a controllo preventivo di costituzionalità da subito). La legge costituzionale può essere comunque sottoposta a referendum – come previsto dall’Articolo 138 summenzionato (su questo referendum si litigherà molto). , le modifiche previste dal disegno di legge costituzionale sono sostanziali e riguardano la seconda parte della Costituzione, dedicata all’ “Ordinamento della Repubblica” (id est, alle istituzioni). Di seguito si riportano cinque ambiti in cui le istituzioni saranno modificate Ora, tutte le leggi devono essere approvate da entrambe le camere. Anche la fiducia al governo deve essere concessa sia dai deputati che dai senatori. Con la riforma, invece, la camera dei deputati diventa l’unico organo che vota le leggi – il Senato avrà solo il diritto di essere consultato, ma le sue richieste potranno essere ignorate dalla Camera dei Deputati. Il Senato servirà, quindi, solo per gestire i rapporti fra la Repubblica e gli enti locali (Regioni e Comuni), o fra la Repubblica e l’Unione Europea. Vuol dire che le leggi in queste materie dovranno essere approvate anche dal Senato. Il senato cambierà composizione (e nome: si chiamerà “senato delle regioni”). I consigli regionali nomineranno 95 senatori, fra cui 21 sindaci (uno per regione, escluso il Trentino Alto Adige che ne nominerà due) e 74 consiglieri regionali (minimo due per regione in proporzione alla popolazione e ai voti ottenuti dai partiti). Questi 95 senatori resteranno in carica per la durata del loro mandato di amministratori locali. A questi, si aggiungeranno cinque senatori nominati dal presidente della repubblica che rimarranno in carica sette anni. Non saranno quindi più nominati dei senatori a vita. Il numero di senatori passa perciò dagli attuali 315 a 100. I senatori non saranno stipendiati per la loro carica (sono già pagati per essere consiglieri regionali o sindaci, e per qualunque altro sia il loro lavoro). Il presidente o la presidentessa della Camera diventerà la seconda carica dello Stato. La Camera eleggerà 3 giudici della Corte Costituzionale, il Senato 2. Le due camere in seduta comune eleggeranno il Presidente della Repubblica (a maggioranza dei due terzi per i primi tre scrutini, dei tre quinti dal quarto al sesto – questa è l’unica modifica – e maggioranza assoluta dal sesto in poi). La Camera potrà anche chiedere un controllo di costituzionalità preventivo sulla legge elettorale (a partire già da questa legislatura). Il Cnel è un organo con funzione consultiva per le leggi sull’economia e il lavoro e può proporre alle camere delle leggi in materia economica. La riforma costituzionale attribuisce poteri allo Stato in alcune materie in cui ora possono legiferare le Regioni. Per esempio, saranno competenza esclusiva dello Stato: l’ambiente, la gestione di porti e aeroporti, trasporti e navigazione, produzione e distribuzione dell’energia, politiche per l’occupazione, sicurezza sul lavoro, ordinamento delle professioni. La riforma introduce un “quorum” cervellotico per la validità del referendum abrogativo. Oltre alla regola attuale (ne deve far richiesta mezzo milione di cittadini e deve votare il 50% degli aventi diritto), se i cittadini che propongono la consultazione sono 800mila, il quorum sarà ridotto: basterà che vadano a votare il 50 per cento di quelli che hanno votato l’ultima volta per l’elezione della Camera dei Deputati. Inoltre, per proporre una legge d’iniziativa popolare non saranno più sufficienti 50mila firme, ma ne serviranno 150mila. La Costituzione prevederà anche dei referendum “propositivi e di indirizzo” (ora il referendum può essere solo abrogativo). Nel 2001, la Costituzione italiana è stata modificata profondamente per quanto riguarda la divisione dei poteri fra Stato e Regioni (e approvata con referendum). Nel 2006, una riforma strutturale approvata dall’allora governo Berlusconi fu respinta dal referendum. Quella riforma prevedeva più poteri per il primo ministro (eg di sciogliere le camere) e per le regioni (il senato doveva rappresentare le regioni, e anche la Corte Costituzionale avrebbe avuto una rappresentanza regionale). La riforma approvata nel 2016 è ancora più radicale e potrebbe avere conseguenze enormi per la del Paese. Molto probabilmente, gli elettori saranno chiamati ad esprimersi con un referendum (sarebbe il terzo referendum costituzionale in 15 anni). È bene essere consapevoli della portata storica della riforma. 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