Riforma pensioni reversibilità

Previdenza pubblica: un nuovo uragano sta per abbattersi sulla politica

Riforma pensioni reversibilità

Come da regola in ogni legislatura sta giungendo a grandi passi il momento di parlare di pensioni, diritti acquisiti e prospettive previdenziali delle prossime generazioni. Leggendo un po’ i giornali si sono potute scorgere le prime avvisaglie di quello che sarà con ogni probabilità l’uragano del 2017 (dando il tempo ai cicloni delle unioni civili e del referendum costituzionale di sgonfiarsi): il futuro disegno di legge sul contrasto alla povertà, con annessa la ristrutturazione di molte pratiche assistenziali e anche previdenziali, tra cui la riforma delle pensioni di reversibilità. Il problema è che già al primo accenno i toni sono stati meno edificanti del solito, per non dire isterici.

Parliamone dunque. Due considerazioni mi portano a questa disponibilità: da un lato una certa rassegnazione generazionale mi fa dire (forse egoisticamente, lo so) che se ben pochi tra i miei coetanei potranno usufruire di questi strumenti sociali, allora tanto vale metterci subito le mani. Dall’altro i recenti numeri sulla demografia italiana chiariscono che il sistema è destinato a crollare se rimane così com’è: gli over 65 sono ormai il 22% della popolazione, mentre la natalità è ai minimi storici.

L’idea che ha fatto uscire il meglio del peggio dei commentatori politici nostrani è stata quella del riordino  di alcun prestazioni sociali, tra cui le pensioni di reversibilità. In breve, il governo starebbe pensando a considerare questo sistema non più una prestazione previdenziale, ma una forma di assistenza che, in quanto tale, avrebbe come discriminante per accedervi il valore dell’ISEE. Con i quattrini risparmiati si potrebbe finanziare in parte il celeberrimo strumento unico contro la povertà, di cui ad oggi l’Italia, unica in Europa assieme alla Grecia, è sprovvista.

Non si sa molto di più, visto che è stata approvata solo una legge delega a questo proposito, tuttavia si prospettano già due ordini di problemi. Il primo, di natura concettuale, riguarda la differenza tra previdenza ed assistenza sociale. Per le pensioni di reversibilità la linea di demarcazione in questo caso è incredibilmente sottile: da un lato ovviamente c’è il giusto riconoscimento dei contributi versati dal singolo, che dopotutto ha lavorato per mantenere la propria famiglia. Dall’altro, quanto versato in gran parte dei casi non basta a coprire per intero la prestazione, quindi l’intervento statale è interpretabile come un sostegno al reddito dei nuclei famigliari colpiti dal lutto. Nei fatti le pensioni di reversibilità sono già trattate come una prestazione assistenziale: hanno delle restrizioni legate al reddito e non sono complementari, bensì sostitutive rispetto ad altre prestazioni assistenziali. Di conseguenza ha senso rendere l’accesso a questo strumento il più equo possibile. Questo al secondo problema, di natura pratica e decisamente critico: l’uso dell’ISEE come indice di valutazione per avere la reversibilità. Il nodo è l’inclusione del patrimonio immobiliare: “non si possono mangiare i mattoni”, specie in una situazione del mercato immobiliare così stagnante,  e vista l’alta percentuale di proprietari di immobili in Italia c’è il serio rischio che la misura vada a toccare persone cha hanno sì degli immobili di proprietà, ma a rendita zero e/o con un valore commerciale reale nullo. Si avrebbe quindi addirittura un peggioramento della situazione attuale.

Come al solito, quando un Governo si appresta a toccare il settore sociale si teme il disastro. L’introduzione di uno strumento unico e ben finanziato di contrasto alla povertà potrebbe essere il primo passo verso la creazione di uno Stato sociale veramente efficiente, più inclusivo ma al tempo stesso più razionale. Ovviamente questo nel migliore dei mondi possibili, con a fianco una solida riforma fiscale. È tutta una questione di intenzioni: se si vuole solo fare cassa per poi introdurre uno strumento scostante come la social card, allora ogni protesta non è solo legittima, ma doverosa. Rimane il fatto che il futuro del sistema previdenziale ed assistenziale italiano è eufemisticamente grigio, e si sente il bisogno di un intervento di prospettiva. Occorre quindi procedere con i piedi di piombo in un dialogo il più costruttivo possibile tra le parti politiche e sociali, anche se le prime reazioni fanno mal sperare.

Roberto Mantero

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