Quanto era dannatamente bello Robot Wars?

Quanto era dannatamente bello Robot Wars?

, con lo stesso piacere mi appresto a tale impresa con un argomento incredibilmente vacuo: quanto cazzo era bello Sembrate perplessi, inspiegabilmente spaesati da queste due parole anglosassoni che suscitano in voi una scintilla, non aveva messo in ginocchio la nostra società appena informatizzata, guardavamo al passato millennio con disprezzo, l’internet era la Las Vegas del porno e dei font brucia-retine, tutto questo arrivava nelle case di alcuni alla diabolica velocità di 56k, i primi cartoni animati in un orribile 3D eufemizzavano la violenza di Ken il Guerriero sotto i nostri avidi occhi e la WCW ci deliziava con le gesta di Sting, il wrestler più forte di tutti i tempi. Credevamo che non sarebbe mai finita. Poi venne l’undici settembre, venne la pubertà, venne Chris Benoit. Prima che ciò accadesse però, ci fu donato un ultimo attimo di sublime bellezza: Pare che costruire piccoli robot assassini con i figli sia uno dei pilastri del sogno americano : le prime competizioni tra robot nascono nel 1994, quasi in contemporanea con la creazione della RoboCup (una competizione internazionale che ha come obiettivo quello di creare una squadra di calcio di robot in grado di sfidare entro il 2050 la nazionale campione del mondo), dando una vetrina ufficiale a quella che è senz’altro un’attività di lunga tradizione negli States Stranamente, sono stati gli inglesi i primi a cogliere il potenziale di queste competizioni e a farne uno : la prima messa in onda risale al 20 febbraio 1998 sulla BBC Two con la conduzione di un certo avranno provato un piacere erotico). Il format originale era così strutturato: sei robot guidati dai rispettivi creatori affrontavano delle sfide a eliminazione , macchine meravigliosamente crudeli guidate dallo staff del programma. Prima c’era The Gauntlet, un percorso a ostacoli difeso dagli house robots, compito del robot concorrente era attraversarlo (più propriamente, sopravvivere) entro un certo lasso di tempo, il più lento veniva eliminato. Seguiva The Trial, una prova di forza ispirata a sport come il sumo. I quattro robot superstiti arrivavano dunque all’Arena, in cui si sfidavano direttamente in un incontro tag team (due contro due), nell’arena erano presenti trappole quali una griglia dalla quale fuoriuscivano fiamme, una catapulta e un pozzo i robot spinti agli angoli dagli avversari e quelli rimasti inerti, tra i due vincitori avveniva lo scontro finale, l’ultimo robot rimasto avrebbe sfidato i vincitori degli altri episodi per eleggere un campione assoluto. Questa la struttura del format trasmesso da Italia 1 tra il 2000 e il 2001, la prima serie prevedeva diciannove puntate condotte da Marco Bellavia con il commento “tecnico” di un visibilmente imbarazzato nel commentare qualcosa che non fosse il basket o Real TV, la leggendaria TV della realtà (nella cui conduzione fu poi sostituito dalle grazie di Melita Toniolo e Raffaella Fico che presentavano da una vasca idromassaggio). Nel 2002 lo show fu trasmesso da La7 con la conduzione di un estasiato in impermeabile nero, accompagnato dal commento di Ugo Francica Nava, ma fu il canto del cigno: mentre Usa, Inghilterra e Germania si scambiavano vicendevolmente i loro show (da notare che anche la Nickelodeon ne produsse uno spin-off, registrato in contemporanea con la seconda stagione di R.W. Extreme Warriors, condotta dal wrestler Mick Foley), in Italia Robot Wars sparì dagli schermi con tutti nostri sogni di bambini. Il robot da combattimento di Sheldon e soci nella seconda stagione di Big Bang Theory non è arrivato, lo schermo del portatile proietta vecchie immagini di macchine che combattono tra loro per soddisfare la primigenia sete di violenza dei loro padroni umani , ma è come osservare nel cielo la luce di una stella morente, a noi italiani non resta che questo, altrove questi spettacoli sono ancora una realtà, ma non per noi. Non ci resta che emigrare. A José Malasuerte, sulla cui umanità ho sempre avuto forti riserve