La morte ti fa bene: Paul Walker

è ancora in testa al box office italiano con quasi 17 milioni di euro di incassi lo scorso week-end, nel 2015 hanno fatto meglio solo ha già annunciato che il 14 aprile 2017 (non c’è soggetto né regista ma per l’attore la data è certa) uscirà Fast and Furious 8. ha inoltre aggiunto: “we are going to make the best movie you’ve ever seen.” Per quanto il film di James Wan sia ascrivibile a quel filone smargiasso che gli antichi chiamavano “americanate”, in Fast and Furious 7 c’è qualcosa di più: serpeggia tra scene d’azione sempre più incredibili e immotivate un qualcosa che per tutto il film non trova collocazione se non in una frase che Vin Diesel ripete ossessivamente con la sua voce da motore V12 smarmittato: “Non ho amici, ho una famiglia.” Verrebbe voglia di percuoterlo rudemente quel Vin Diesel col suo attaccamento alla famiglia, se non fosse che nel corso della saga ci abbiano provato senza successo, tra gli altri, The Rock, Luke Evans e Jason Statham. Dicevamo? Ah si, La famiglia. Tra una sgasata e l’altra, la family di Vin Diesel porta avanti la sua distruzione a caso finché il cattivo (Statham) non viene sconfitto e i protagonisti possono godersi un po’ di relax in spiaggia. Sono già passate due ore e il film potrebbe finire lasciandoci giustamente perplessi sul perché siamo andati a vederlo, ma il film non finisce, anzi, continua con : Brian, il personaggio interpretato dal defunto Paul Walker, gioca con la moglie e il figlio sulla spiaggia, sappiamo già dalle due ore precedenti che è in arrivo una femmina e che due figli sono troppi per continuare con questa vita randagia, tutti osservano la famiglia riunita in religioso silenzio: “È questo il vero spettacolo” dice uno dei personaggi invitando il nero casinista all’osservanza. Su questa celebrazione dei valori familiari, Vin Diesel lascia il gruppo per fare spazio all’autentica epifania di Paul Walker: spezzoni dei precedenti film lo ritraggono sorridente in scene di “vita quotidiana” della saga, dunque interpretate, a rievocare quelle reali vissute dal cast a telecamere spente. creatosi nel corso di un rapporto professionale lungo più di un decennio. Non è la prima volta che un attore muore durante le riprese di un film , Peter Sellers, Oliver Reed e Philip Seymour Hoffman solo per citarne alcuni. Le produzioni hanno cercato di ovviare al problema come potevano laddove fosse possibile: la morte di Brandon Lee sul set de contribuì a rendere leggendari la pellicola e il suo interprete, ma ci volle un massiccio e difficile lavoro di CGI per portare a termine le riprese (tre milioni costarono gli effetti per sostituire l’appena scomparso Oliver Reed ne : l’uomo che voleva ingannare il diavolo, in questo caso le scene mancanti furono interpretate dalla triade , i tre impersonarono le successive trasformazioni del personaggio di Heath Ledger dentro lo specchio diabolico di Parnassus. Nel caso di Paul Walker è la prima volta che un film muta completamente il suo finale per celebrare, Nel finale, dicevamo, Vin Diesel si allontana dal gruppo. Dopo la sequenza commemorativa lo rivediamo in macchina fermo a un incrocio, si accosta a lui una Toyota Supra bianco perla, dal finestrino appare il volto in digitale di Paul Walker: sorride avvolto in una luce eterea, sovrannaturale, lo invita a fare “un’ultima” corsa, le due auto vanno appaiate per la strada finché non giungono a un bivio, Toretto/Diesel prosegue mentre Brian/Paul imbocca l’uscita, la camera lo segue mentre si allontana nel sole in un ultimo inquietante cliché. Citando Johnny Depp in Parnassus: “Nulla è per sempre, neanche la morte.”