#ijf15 – Nuove avventure in hi-social: tra Radio3 e McLuhan

#ijf15 – Nuove avventure in hi-social: tra Radio3 e McLuhan

), ma oltre a fare un pranzo pantagruelico per euri tredici come se non fossero passati sei anni dall’ultima volta che avevo calcato corso Vannucci e come se l’inflazione e la crisi non fosse mai esistita. Fra le altre cose, ho imparato che tutte le volte che leggiamo che Kim Jong-Un ha fatto della pazza merda (è veramente tempo di trovare una traduzione italiana di “crazy shit”. anche gli osannati media anglosassoni svendono l’anima al trash; ho imparato che con la doppia palpebra e che è difficile entrare nel mondo della cultura senza essere un neomelodico veltroniano; ho imparato che il mondo social è oggetto di interesse per gli altri media novecenteschi. (Radio Rai 3) e Alberto Marinelli (La Sapienza di Roma), moderati da (media analyst). Vorrei concentrarmi in particolare su un paio di aspetti, uno più serio, l’altro altrettanto, ma sarò io a prenderlo meno seriamente. , che è splendido solo per il fatto di avere come sigla una versione per archi di ), ma è meritevole e innovativo perché ha trovato il modo di sulla base di un paio di telefonate al programma precedente (un commento alla rassegna stampa quotidiana) le quali definiscono Non a caso si è detto che il vero committente del programma è il pubblico stesso che – trattandosi di Radio 3 e non degli ascoltatori dello Zoo di 105 – è tendenzialmente La quotidianità dimostra che la comunità degli ascoltatori è molto legata ai suoi conduttori e pure all’interno di se stessa, fra i membri che interagiscono costantemente, brillantemente (e talvolta un poco ossessivamente, se mi è concesso. Ma io che sono della generazione per cui è stato coniato il termine “fanboy” so bene che qui i livelli di pericolo sono ben altri). che spazia da pastori sardi che ascoltano tutto il giorno a manetta la radio ( un paio di anni fa) a professori universitari, con un significativo polo d’attrazione verso questi ultimi, Rosa Polacco rilevava che spesso la conoscenza degli utenti è tale da risultare superiore a quella dei giornalisti radiofonici, che vengono perciò bacchettati per le loro eventuali imprecisioni. Questo fatto ascoltatori da casa, attivissimi e precisi su Twitter, Facebook e gli altri mezzi di comunicazione del caso. Una chiosa un filo triste è arrivata successivamente quando è stato fatto notare che, senza questa montagna di interazioni, da un certo punto di vista, , perché il suo modello di business è tale che necessita la presenza (e l’attività) di un pubblico ristretto e affezionato. Mentre, purtroppo, grosse fette di pubblico allo Zoo di 105 non mancheranno mai – e per carità di patria non ipotizzeremo certo che il nome rifletta anche il target. Antonella Di Lazzaro (leggo che era anche ex-vice presidente di Mtv; ho perso un’occasione per rinfacciarle il tragico voltafaccia della , in favore dei reality show più beceri) ha, fra le altre cose, citato una ricerca Nielsen che aveva monitorato l’attività neuronale delle persone che usano Twitter mentre guardano la televisione Con una battuta un po’ ingenerosa ho immediatamente pensato che magari prima sarebbe stato meglio misurare il per il composto ma sensibile imbarazzo del mio vicino di posto , questa considerazione mi ha riportato alla mente l’antica distinzione di , che prendono uno dei nostri cinque sensi e lo “estendono fino a un’alta definizione, fino allo stato, cioè, in cui si è abbondantemente colmi di dati”. Una fotografia è fattore di alta definizione, perché contiene una grande quantità di informazioni visiva, al contrario di un cartone di Topolino. La radio, chiaramente, si appella solamente all’udito e su quello lavora. attraverso l’orecchio si riceve una scarsa quantità di informazioni” e perciò, come ogni forma di discorso in generale, “offre poco ed Al contrario i media caldi “non lasciano molto spazio che il pubblico debba colmare o completare “e di conseguenza comportano una limitata partecipazione; mentre i media freddi implicano un alto grado di l’intuizione più diffusa nella mia generazione e della precedente, rispetto al fatto che “ci si rimbecillisce”, muti, davanti alla televisione, per ore, senza che si senta l’esigenza di completare nulla. Ora, a parte che sarebbe interessante capire come McLuhan avrebbe categorizzato gli smartphone da questo punto di vista, la considerazione da fare è: se la Tv è fredda e lascia spazio al completamento, Twitter a quanto pare funge da ottimo riempitivo. D’altro canto, però, come l’esperienza di Radio 3 insegna, D’altra parte McLuhan, nel 1967, scriveva anche pagine provocatorie ed interessanti rispetto agli , che porta a far sì che, ad esempio, le parti del corpo le cui funzioni sono integrate, amplificate e quindi quasi sostituite da oggetti di tecnologia, finiscano per , tanto da diventare “servomeccanismi” di questi ultimi. A quel punto si darebbero gli estremi per la , come la chiama lui, che cartesianamente vede come altro da sé il proprio corpo, reificandolo e distorcendone quindi percezione e funzionalità. Limitandomi a constatare che alla verde età di 24 anni il mio indice destro, dopo una vita di cliccate, ormai mi duole in automatico, concludo che non ho proprio voglia di pensare a quello che direbbe McLuhan del mio, di sistema nervoso centrale… Clicca per condividere su Twitter (Si apre in una nuova finestra) Clicca per condividere su Google+ (Si apre in una nuova finestra) Clicca per condividere su LinkedIn (Si apre in una nuova finestra) Clicca per condividere su Tumblr (Si apre in una nuova finestra) Clicca per condividere su Pinterest (Si apre in una nuova finestra)