Rezzamània: mai e poi mai riproverò gli stessi brividi

Rezzamània: mai e poi mai riproverò gli stessi brividi

degli intellettualizzati della musica, che sono una razza (di cui faccio parte, beninteso) che nella topografia infernale otterrà un posto meno doloroso soltanto della razza degli , inteso come calcio. Con essere il “Marcuse” intendo il “tutti coloro che pensano o vogliono saperne un po’ ma con verità, prima o poi si sono rivolti ai suoi libri, nel contesto di una cerchia sociale/professionale delimitata”. Dicevo, non ho mai letto penso di saperne qualcosa. Ed è per questo che l’altra settimana ho accettato, nonostante i 17 + d.p., di andare a un concerto di . Caparezza è l’artista di cui ho visto più concerti in assoluto, e insieme alle persone in compagnia della quale vado meno ai concerti in assoluto (nesso causale? boh). Quello dell’Arena Joe Strummer ( ) è stato forse il 6° della serie, ma diciamo che ha aiutato il fatto che un paio fossero gratis e, a parte quest’ultimo, i prezzi fossero sempre stati calmierati. Capite, io non sono uno che va spesso ai concerti, per me è un numero ragguardevole. Orbene, come sospettavo, non mi sono annoiato, ma neppure divertito. L’ultimo disco di Caparezza, che avrebbe potuto concepire Luciano De Crescenzo se invece che di filosofia fosse stato uno storico dell’arte e forse c’è davvero il suo zampino, se non avesse l’amnesia selettiva ricorrente tanto che una volta Sofia Loren che lui a una cena si era presentato chiedendole chi fosse. , di storie vissute dai grandi pittori della storia. Si inveisce persino contro Dante via Filippo Argenti, in una sorta di se solo questo non fosse il Decennio D’Oro del Rap, che per quanto mi riguarda è già finito, il fiume si è prosciugato; chissà quale sarà il prossimo genere in voga (spero l’ ). Mi ricorda tanto quando su qualche bacheca leggevo, in quei 6 mesi in cui cani e porci ascoltavano i FBYC e cantavano “Vorreiiiiih, etc.” e qualcuno aveva finito per apprezzare veramente le storture della vita quotidiana raccontate dai Gazebo Penguins (prossimo singolo: “Si è incastrata la cialda del Nescafè”, seguìto da “Ho trovato un milione di vecchie lire ma non le cambiano più”). Dicevo, in quei Mesi D’Oro dell’emo-hardcore, mi divertivo a leggere tizi che, con la stessa gravità (e malcelato compiacimento) di chi, ciclicamente, ti dice che a forza di tasse, malgoverno e repressione, in Italia la gente ricomincerà a mettere le bombe e si creeranno gruppi di eversione armata, scrivevano che era fisiologico che dopo anni/decenni di predominio del pop più becero, un’ondata di hardcore avrebbe ristabilito gli equilibri nella forza. Sfigati! E il rap è già rimorto, : una discesa agli inferi di stile dantesco. Ma non se ne fece niente, anzi quell’album partiva con una annunciazione della propria morte, riprendendo la chiusa dell’ultimo pezzo del secondo album ( . Interpretabile con due giri di metafora, se siete maligni: vendendo il culo alle major si vende, ma si muore anche). Un tema interessante questo, nella carriera di Michele Salvemini: dopo aver vissuto da non-morto come Mikimix (storia vecchia, non ve la racconto neppure), rinacque rigoglioso nella sua iconica chioma, da pelato che era. Per un paio di album ha sentito il bisogno di difendersi, di giustificarsi ( ha dovuto metterci del capitale in prima persona senza garanzie. L’investimento, a occhio, l’ha ripagato (poi, , è andato a farsi fare il master da un tizio che conosco perché ha dato il nome a dei per il mio Protools). Ma a parte questo, non si è mai tirato indietro nei contenuti, che, a dirla tutta, ) né di particolarmente raffinato, ma – io credo – hanno tutto di condivisibile e giusto e lo fa con una semplicità e verità nei contenuti che lo Stato Sociale se lo sogna. Lo fa con una copertina “bongo-pop”(cit. SS), come se fosse un , come se fosse avanspettacolo con poche pretese ma fatto con gusto, studiato per essere semplice (=la cosa più difficile del mondo) e infatti i suoi , non concerti) sono tali. La cosa bella qual è? E’ che Caparezza, in più e più punti, (quante altre parole esistono con tre sillabe uguali in fila?) o di guida politico-spirituale: ; non mi interessa che tu condivida il mio pensiero/ Mi credi il messia? Sono problemi tuoi. Tornando a me, mi sentivo un piccolo Ciccio Farabegoli con il drink con l’ombrellino e le mani nella giacca pesante mentre guarda un gruppo all’HanaBi e decide se mantenere il suo essere post-gusto oppure no. Io quella sera sono stato post-gusto e quando sono partite quelle che sapevo, ho slegato tutto il testo come quando gli anni erano sedici e gli acciacchi molti meno, ma ho capito che che affligge Caparezza, cioè quella dei ritornelli scemi al limite del fastidioso a fronte di strofe ben orchestrate e pregne di contenuto. Lui, devo dire, non è cambiato da quella prima volta in cui lo vidi, sarà stato il 2005 circa, al vecchio TPO di Bologna, . Fu il primo concerto vero per me, sbarbo, la prima volta che lessi la parola “migrante” e l’impatto di quel posto grande, buio e puzzoso lo ricordo distintamente. C’era persino , con tanto di trucco e tridente e Caparezza suonò addirittura La mia reazione da Ciccio Farabegoli preso male è quella che mi aspettavo ed è quella giusta, perché ho quasi 24 anni, e invece Caparezza scrive molto per adolescenti, quando parla di (con punte forse, sì, abbastanza provocatorie come quando sostiene di preferire Karol Woj. a 50Cent), dell’ e consumo di suolo. È un messaggio adolescenziale? Sì, in buona parte. Ma vista la scarsità di temi politici nel italiano odierno, non va sottovalutata nella sua portata. Poi ragazzi, ricordiamoci che il successo, il botto di Caparezza nasce da un majestico fraintendimento di forzato, dal rifiuto della ricerca spasmodica del divertimento (anche questo tema tipico dell’adolescenza. Forse non è un caso che a 40 anni suonati porti ancora i pinocchietti sul palco, che ormai hanno smesso di portarli anche i rumeni). Infine, si parlava di nostalgia. Caparezza è autore di un testo per me capitale nella formazione del mio immaginario della . E’ una descrizione straordinariamente ben fatta di una qualche forma di (per quelli della mia generazione poi i riferimenti sono quasi tutti vacui, al limite della calvizie del Re di Francia, ma sostituendo i termini il concetto rimane), per la quale molti di noi sono (apprezzo molto anche il fatto che lui elenchi molto cose, oggetti di consumo, intesi – un sentimento che personalmente ho cominciato a conoscere per intero solo recentemente – ma che in fin dei conti (questo è un non-detto nel pezzo) erano una nullità, in se stesse. In conclusione, devo molto a Caparezza, bene o male, ma ho raggiunto l’età e gli episodi di FrancescoBianconismo o semplicemente di didascalicità veramente eccessiva ( ) al limite del sanremismo. Non a caso, il concerto era pieno di giovinotti, papà e anche cretini strafatti della mia età che, incredibilmente, hanno trovato in Caparezza i 99 Posse che non hanno mai conosciuto per motivi anagrafici.