Bene ma non benissimo: i feat.Esserlà e titolo del quarto di secolo

Qualche sera fa sono stato a un mini festival prog organizzato da una specie di taverna nella profonda provincia di Treviso, a Zero Branco. Dico “mini” perché la dimensione della faccenda era ridotta: ma in realtà era una superbomba. L’headliner era (e io trovo meraviglioso che suonassero a Zero Branco), una specie di eminenza grigia (dico “una specie” perché in realtà tra gli esperti del campo è piuttosto conosciuto, ma dato che ha fatto parte dei Finisterre si ricorda più il lavoro del gruppo in sé del suo nome) del progressive italiano dagli anni ’90 in poi, e attualmente uno dei più raffinati autori post-prog: bassista e cantante, membro dei e anche scrittore (recentemente). L’ho anche citato nella recensione dell’ultimo degli Elii In apertura c’erano i miei amici Quarto Vuoto, di Treviso, che ho inserito con la loro opera prima al secondo posto nella sui 5 migliori dischi del 2014, che suonano un post-prog in cui le influenze del progressive sia classico che moderno sono chiare ma non ne intaccano l’identità e la personalità (hanno anche un cantante che sa cantare, diversamente da una larga porzione del prog italiano). Intendiamoci: con tutto il bene, non fanno musica particolarmente innovativa. Si sente molto Zappa, e ciò è bene, si sente un po’ dei Genesis di Duke (soprattutto su “No ()”), si sente (anche se penso sia assolutamente non voluto) LMR, ovvero il progetto di Tony Levin (dei King Crimson), Marco Minnemann e Jordan Rudess (dei Dream Theater), e già visti i paragoni direi che, pur sentendosi molto chiaramente, le influenze sono di tutto rispetto. Il trio regge il palco notevolmente, con un tessuto sonoro meraviglioso e spesso (nel senso di spessore, non nel senso di tante volte nel tempo), dove chitarra, tastiera (predominante) e batteria (già, niente basso: e, cosa ancora più stupefacente, non se ne sente affatto la mancanza) si incastrano a creare un colorato collage funkeggiante senza diventare ridondanti o seriosi. In pratica, riescono a far fluire nel pubblico tutto il divertimento che c’è sul palco, nelle loro dita, corde, tasti e bacchette. Ma veniamo alla ragione per cui ho deciso di recensire questo disco: E i titoli delle canzoni sono tutti dei meravigliosi e divertentissimi , “Canguros de la ventana”, “Stichituffelpa rampa eserelà tum perugià”, tra gli altri. , anche se sono storie da un mondo folle e stupefacente, pur utilizzando un linguaggio (il genere che fanno, qualunque esso sia) che nuovo non è.