Gli “Indoeuropei” rivisitati: più coincidenze fanno una prova? pt. II

’accadico il vero responsabile della somiglianza della parola “padre” dall’Islanda fino al Gange . Naturalmente in questa seconda parte arriveranno le prove, e un buon modo per cominciare è dalla lettera . Pare che sia risaputo (io invece sono caduto dalle nuvole quando l’ho letto) che l’ (un tondino con due corna: A, più evidente nel minuscolo α e ancor di più nel fenicio ). La qual cosa è perfettamente spiegabile se consideriamo che in accadico significa precisamente “bue”. Latino e greco hanno derivato il loro sostantivo (da cui deriva il nostro “bue”) dal verbo – accadico – , che significa “andare avanti e indietro”, la tipica mansione del bue nostrano mentre ara un campo. Per inciso, da (il Po), da cui “padano”; lo stesso fiume in greco è (cervo) e il nostro “elefante”. Analoghe considerazioni si possono fare per altre lettere dell’alfabeto, ma forse è più interessante spostarsi su altri ambiti semantici. ? La domanda però parte dal presupposto che il vocabolo originario sia lo stesso, mentre potrebbe non essere così. Sfogliando il lessico accadico, ci si imbatte nel termine , che significa “abisso”, “acqua profonda” (in questo senso il macedone Filippo, , sarebbe il “signore del mare”: etimologia forse più affascinante rispetto a quella classica di “amante dei cavalli”). Naturale che i popoli affacciati sul Mediterraneo abbiano associato l’acqua alle profondità del mare, ma che dire dei popoli stanziati nelle steppe del nord? Privi di “abissi” di sorta, avrebbero indicato l’acqua associandola a un altro termine per loro molto più familiare, l’accadico , “acquetta”) e – sorpresa delle sorprese! – persino il finlandese , invece che rivolgerci a una radice più simile a una formula chimica ( è di origine molto più recente, risalendo a sua volta al latino , dal canto suo, deriva pure lui dall’accadico, precisamente dal termine in latino non è un problema, si tratta di un fenomeno piuttosto comune e che si può rintracciare in altri vocaboli: l’accadico (da cui anche “mattatoio” e “mattanza”), ma il suo corrispondente sostantivo Passando al volo a qualche toponimo, non può non stupire l’etimologia finora un po’ zoppicante dell’isola di ), che in greco sarebbe “isola delle scimmie”. Ora, visto che a Ischia di scimmie non se ne vedono da qualche era, forse è più pertinente far derivare il nome dall’accadico , cioè “piccolo pozzo”, con riferimento ai fenomeni vulcanici dell’isola ( che è l’attuale Pozzuoli, a un tiro di schioppo dall’“isola delle scimmie”). , che significa “forcella” (date uno sguardo alla forma del lago!). Dallo stesso sostantivo è derivato anche il nome dello strumento musicale chiamato “lira”, il cui telaio è precisamente a forma di forcella. Rimanendo al nord, la romana (“torre fortificata lungo la strada”). Nella pianura veneta sorgeva un altro avamposto denominato (“corno”, nel senso sia di picco montuoso sia di strumento musicale) sta all’origine delle varie regioni montuose nel e attorno al Friuli: Carnia, Carinizia e Carniola, nonché nella catena delle Caravanche, al confine tra Austria e Slovenia, e nel monte Krn. In conclusione, dopo aver presentato queste poche prove (il lessico è sterminato!), pare, per una questione anche solo numerica, che l ’accadico abbia un certo buon diritto di essere considerato il vero linguaggio “indoeuropeo” . In effetti, come spero di aver illustrato, spesso non c’è alcun bisogno di postulare l’esistenza di una lingua misteriosa, quando si sa guardare nel posto giusto alla ricerca di una risposta. Non so se decreteranno la fine definitiva dell’idea di “indoeuropeo”, ma se non altro le prove mi sembrano sufficientemente numerose e significative per avviare qualche riflessione, anche tra gli strenui difensori della precedente teoria.