Dall’Estallido Social ai referendum costituzionali: in Cile le riforme le decidono i cittadini

del 2022 che proponeva una costituzione scritta dalla sinistra. L’esito però non è stato diverso, e la nuova costituzione è stata respinta con il 56% dei voti contrari. Intervistati da , Vicente Rodriguez, studente cileno di Relazioni Internazionali all’Università di Padova, e Maria Rivera, avvocata e attivista cilena, considerano il progetto retrogrado. «È peggio dell’attuale costituzione, quella dell’epoca di Pinochet. Nel testo si parla di confische di terre alle persone indigene e non vengono fatti riferimenti a riforme dell’istruzione, delle pensioni o delle forze dell’ordine» afferma Rivera. La costituzione proposta dai partiti di destra voleva rinforzare il diritto alla proprietà privata, i principi del libero mercato e limitare ulteriormente il diritto all’aborto, tutt’ora illegale fatta eccezione per casi particolari, e l’immigrazione. Jennifer Piscopo, professoressa di gender e politica alla University of London, che il problema per i cileni è che «la costituzione proposta non affrontava le richieste di maggiore uguaglianza sociale e di opportunità economiche che avevano dato il via al processo costituzionale». La bozza presentava un indurimento delle leggi che regolano i crimini e l’immigrazione e un tentativo di limitazione dei diritti delle donne e dei diritti LGBTQ+. La costituzione del 2023 è stata pensata in seguito al fallimento della costituzione del 2022, proposta dai partiti di sinistra e rifiutata dalla popolazione cilena con il 61,9% dei voti. La nuova carta aveva delle proposte interessanti, come la gratuità dell’istruzione, la libertà sindacale o il diritto all’aborto. Tutti diritti che, per Rivera, sarebbero però rimasti sulla carta, dal momento che lo Stato non dispone dei fondi economici per poterli garantire e trasformare in azioni concrete. Secondo Vicente Rodriguez, il motivo principale per cui la costituzione è stata rifiutata «è stata la campagna denigratoria finanziata dai partiti politici tradizionali. Tra le varie notizie diffuse, c’era l’idea che, una volta approvata la nuova carta, lo Stato avrebbe portato via le nostre case, o che non sarebbe stato più possibile scegliere la scuola in cui mandare i nostri figli». a seguito di un primo referendum, nell’ottobre 2020, dove il 78% dei cileni si era detto favorevole a una nuova costituzione. «Il processo costituzionale funziona come una “cucina politica”, è un tira e molla di negoziati politici tra partiti», ha spiegato Rivera, che ha preso parte alla tavola rotonda organizzata per redigere la costituzione proposta nel 2022. Nonostante nel gruppo di lavoro fossero presenti diverse correnti politiche, ha aggiunto Rivera, sembrava fossero tutti d’accordo nel non impegnarsi in vere e proprie riforme. «I disaccordi che esistevano riguardavano questioni di forma e non di sostanza, non definivano il futuro del Paese, erano su questioni secondarie». , un insieme di proteste e rivolte sociali che hanno attraversato il Cile dal 2019 al 2020. Le manifestazioni sono iniziate venerdì 18 ottobre 2019, quando i liceali di Santiago, la capitale del Cile, sono entrati in massa nelle stazioni della metro senza pagare il biglietto. Da quattro giorni, ovvero da quando il prezzo dei biglietti era stato rincarato di 30 pesos (circa 3 centesimi), gli studenti protestavano saltando i tornelli della metro. La schierata, pronta a sparare gas lacrimogeni sulla folla. La manifestazione ha avuto risvolti violenti: 20 stazioni sono state vandalizzate e date alle fiamme, gli autobus hanno smesso di circolare, la sede di Enel è stata data alle fiamme. Le proteste si sono allargate a tutto il Paese. L’allora presidente del Cile, Sebastián Piñera, ha lo stato di emergenza, fissato un coprifuoco di 6 mesi e mobilizzato l’esercito a Santiago. Il presidente Piñera parlava di guerra e di golpisti intenti a distruggere « ». Chi protestava, invece, chiedeva la fine del sistema di sfruttamento iniziato con la dittatura di . «Si è trattato di una rivoluzione», ha commentato Maria Rivera. «Le richieste che sono state sollevate nell’insurrezione di massa non potevano essere risolte senza un cambiamento nel sistema capitalistico». Per la prima volta, la classe sociale ricca e dirigente inizia ad avere paura di perdere il proprio potere e la propria ricchezza. Ma questo timore dura per pochi attimi: di lì a poco, si ritorna a un regime autoritario. Il giorno seguente, sabato 19 ottobre, centri commerciali e supermercati del Paese sono stati presi d’assalto. Le persone hanno utilizzato la merce per costruire barricate. Oltre un milione di cittadini ha marciato sulle strade del Cile chiedendo migliori condizioni di vita. Partendo dal rincaro dei trasporti, le richieste si sono estese al sistema pensionistico, all’istruzione pubblica e al sistema sanitario pubblico, nonché all’accesso ad alloggi dignitosi. Alle manifestazioni presero parte diversi strati della popolazione: studenti, lavoratori, pensionati. Vicente Rodriguez nel 2019 si trovava in Cile e si unì alle manifestazioni per chiedere una riforma del sistema educativo e di quello pensionistico. «L’istruzione in Cile è basata sulla segregazione: il divario tra l’istruzione pubblica e quella privata è abissale», ha spiegato Rodriguez, che nel 2019 insegnava filosofia in un liceo privato. «L’unico modo per avere un’educazione adeguata», ha continuato «è pagare, e più si paga più ci si istruisce». Rodriguez spiega che questo sistema crea però un circolo vizioso in cui solo chi può permettersi di pagare scuole e università private può avere accesso posizioni lavorative e abitazioni migliori, nonché permettersi assicurazioni mediche più vantaggiose, avere una pensione dignitosa e poter offrire ai propri figli e figlie determinate possibilità. Il fatto che scuole e università siano private implica che esse funzionino come un’industria che può proliferare o fallire e, anche, generare frodi. «Il caso di molti studenti che optano per università private è quella di dover interrompere i propri studi perché l’università fallisce, magari dopo essersi indebitati con lo Stato per pagare le tasse», ha sottolineato Maria Rivera. «Ci sono persone che ancora oggi sono indebitate per pagare gli studi e molte di loro si sono viste pignorare la casa per questo motivo», ha continuato l’avvocata. Il sistema pensionistico cileno è totalmente privato.Ogni cittadino può scegliere la società che si occuperà della propria pensione, le , che li utilizzano per comprare azioni. Il denaro dei cittadini dunque è utilizzato per generare altro denaro, tramite gli investimenti dei fondi privati. Si possono perdere i soldi della pensione e si possono incrementare. Nel caso dei genitori di Rodriguez, si è trattato di veder diminuire la propria pensione, e «chi ha lavorato senza contratti regolari per la maggior parte della propria vita, si ritrova a vivere con solo 130 euro al mese», ha commentato Vicente Rodriguez. di garantire risultati adeguati a un’ampia fetta di partecipanti continua ad aggravarsi, poiché le tendenze demografiche e i bassi tassi di interesse globali continuano a ridurre i tassi di sostituzione. Inoltre, la recente legislazione che consente il prelievo dei risparmi pensionistici per contrastare gli effetti della pandemia Covid-19 riduce ulteriormente i tassi di sostituzione e aumenta i costi fiscali. Il sistema sanitario cileno è un mix tra pubblico e privato. Fino agli ‘80, era prevalentemente pubblico sia dal punto di vista del finanziamento che di erogazione dell’assistenza; esisteva anche un settore privato, a cui si rivolgevano i cittadini più ricchi. Tutto cambiò con il golpe che vide l’insediamento di Augusto Pinochet. Il nuovo presidente attuò politiche liberiste in tutti i settori della società civile, compresa la sanità. Vennero promosse assicurazioni e servizi privati. Il risultato è che adesso per avere accesso alla sanità si deve scegliere tra pubblico, FONASA ( ). Quest’ultimo è un ente privato che finanzia prestazioni sanitarie e per accedervi bisogna cedere almeno il 7% della propria busta paga, dunque serve un contratto di lavoro regolare. ISAPRE ha accesso ad una rete di ospedali privati e offre, in base ad una valutazione che comprende reddito, età e stato della salute, diversi piani sanitari. FONASA, il sistema pubblico, ha condizioni di accesso simili ma con prestazioni ridotte perché i fondi sono inferiori e quindi è molto più limitato in termini di qualità e tempi di attesa. Per esempio, ha raccontato Maria Rivera, «ci sono situazioni in cui le persone muoiono in coda all’ospedale per essere curate. Non letteralmente, ma capita che diano una data per un’operazione medica per il 15 novembre e che quella persona, nel frattempo muoia». La differenza tra i due sistemi non si limita alla qualità dei servizi: con FONASA il 7% dello stipendio equivale ad una copertura sanitaria completa, mentre con ISAPRE si ha accesso solo ad un pacchetto base. «In genere, optare per un’assicurazione privata significa spendere almeno il doppio di quanto si spende nella pubblica», ha spiegato Vicente Rodriguez.