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Con la crisi che flagella il Paese, gli italiani cambiano il modo di dire addio ai propri cari

C’è in corso una rivoluzione funeraria in Italia. Sempre più persone scelgono il fuoco al posto della pietra per dire addio.

L’Italia lentamente ha mutato il modo di dire addio. Una trasformazione discreta, quasi silenziosa, ma reale.

Difatti, la cremazione è ormai scelta da quasi quattro italiani su dieci, secondo i dati Sefit Utilitalia. Un decennio fa erano poco più di due su dieci.

Al Nord, la pratica ha superato il 50 per cento, con picchi del 70 nelle grandi città; al Sud, invece, resiste ancora la tradizione della sepoltura, sebbene anche qui sia in calo.

Non si tratta solo di una questione logistica: dietro la scelta della cremazione si cela una multifattorialità molto variegata di motivi. In primis una diversa percezione della memoria, più intima, meno monumentale. In secundis, in un Paese flagellato dalla crisi, il commiato diventa un momento economicamente difficile per molti.

L’economia del lutto: il costo della pace eterna

Un funerale tradizionale può superare facilmente i 5.000 euro. Bisogna calcolare il costo di bara, cerimonia, sepoltura e concessione del loculo, con punte molto più alte nelle grandi città. La cremazione, invece, offre una soluzione più sostenibile: tra 1.800 e 3.000 euro, comprensivi di urna e servizio crematorio.

È il fuoco a rivelarsi più economico delle costose tombe di marmo. Non dimenticate, inoltre, i costi che seguono a un sepoltura tradizionale. Gli oneri cimiteriali a lungo termine sono un peso economico per le famiglie. Tuttavia, non è solo il fattore economico che ha causato questo switch. La cremazione consente una maggiore libertà simbolica. Infatti le urne sono percepite come arte e le cerimonie private che sostituiscono il corteo funebre, sono più emozionali. Il lutto assume una dimensione personale, in cui la spiritualità si emancipa dalle convenzioni del rito.

Il bisogno di un commiato personale – istockphoto – thebottomup.it

Dire addio in Italia

Tuttavia, la diminuzione della domanda di loculi mette in difficoltà il sistema cimiteriale italiano, erodendo risorse e interrogando il senso stesso dei cimiteri come luoghi di identità comunitaria. Sefit Utilitalia invita a ripensare ai regolamenti in vigore e a creare nuovi spazi del ricordo, capaci di unire libertà individuale e memoria condivisa.

Dal momento che le persone vogliono una ritualità meno oppressiva e un ricordo più privato, il rischio è che anche la memoria pubblica si dissolva, senza foscoliani sepolcri a cui guardare. L’Italia della cremazione è, in fondo, lo specchio di un Paese che cambia: meno marmoreo, più fluido, ma che necessita di un modo per non dimenticare. Meno business e più sentimenti.

Ilaria Lando

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