Nei fiumi del Friuli Venezia Giulia persiste la contaminazione da PFAS

Nei fiumi del Friuli Venezia Giulia persiste la contaminazione da PFAS

In Friuli Venezia Giulia diversi comuni hanno un problema d’inquinamento delle acque dovuti ai PFAS, sostanze chimiche perfluoroalchiliche che si trovano in diversi oggetti di uso quotidiano, come i contenitore di plastica per conservare il cibo o il detergente per pulire casa. Finendo nelle falde acquifere, in grandi quantità sono essere una grave minaccia per la salute umana. La loro capacità di permanere nell’ambiente ha fatto guadagnare loro il soprannome di “forever chemicals”, definizione ripresa che ha coinvolto 23mila luoghi contaminati, in tutta Europa, comprese le province friulane e giuliane. Nonostante in Italia l’area più interessata dall’inquinamento da PFAS sia il Veneto, nei comuni di Roveredo in Piano e Porcia, in provincia di Pordenone, sono stati riscontrati dei livelli rispettivamente di 75 ng/litro e 229,1 ng/litro nella falda acquifera. Ma il record spetta a Premariacco, in provincia di Udine, a poco più di cinque minuti di auto dalla cittadina storica di Cividale. I livelli documentati nel 2023 nel comune sono pari a 818,8 ng/litro e, a differenza di quanto accade nel pordenonese, , recepita in Italia il 23 febbraio 2023, indica che nelle analisi delle acque potabili la voce “PFAS-totale” dovrebbe restare al di sotto di 0,50 mcg/litro mentre la voce “PFAS-somma” – che comprende solo alcune sostanze – al di sotto di 0,10 mcg/litro. Se quindi questi valori scagionano Porcia e Roveredo, lo stesso non si può dire di Premariacco. Lì i monitoraggi dell’Agenzia regionale per la protezione ambientale ( ) della regione sono biennali, ma l’agenzia non si sbilancia: ci vorrà la fine del 2025 per rivedere le conclusioni e intraprendere nuove azioni. Intanto, l’ex-sindaco di Udine ed ex-rettore dell’università, Furio Honsell ha presentato a marzo 2024 un’ Honsell, che da sindaco di Udine aveva guardato con interesse alla scoperta in Veneto dell’inquinamento da PFAS e fatto parte della Nell’interrogazione di marzo Honsell ha portato l’attenzione su diversi punti chiave come l’implementazione di misure di monitoraggio e contrasto agli PFAS, l’impatto sulla salute pubblica e sull’ambiente, la promozione della collaborazione tra le istituzioni e la sensibilizzazione della popolazione. La risposta che ha ricevuto dalla giunta riporta i riferimenti normativi utilizzati per le analisi delle acque ma non menziona alcun provvedimento. L’ARPA svolge un ottimo lavoro, però loro non possono produrre delle misure» aggiunge Honsell. , ndr], ma da parte mia insisterò su questo tema perché l’inquinamento è qualcosa che dev’essere presente alla coscienza pubblica». Ed proprio quest’ultimo punto ad essere particolarmente caro al dottor Mario Canciani, presidente regionale dell’ L’elemento essenziale sia come persone sia come medici è divulgare le caratteristiche degli interferenti endocrini e i comportamenti corretti», spiega Canciani a . Sul sito dell’ISDE è presente anche materiale scaricabile per i medici da appendere nei loro studi. Gli interferenti endocrini, di cui fanno parte gli PFAS, sono sostanze in grado di irrompere nel normale funzionamento degli ormoni: infertilità, tiroiditi, perfino e i più esposti sono i bambini. Un problema legato a questi composti è che non si conoscono realmente i livelli minimi a cui possono essere dannosi, per cui associazioni come l’ISDE ne desiderano l’eliminazione. L’impatto degli interferenti non è di poco conto: alcuni sono assorbiti con l’acqua potabile, come dimostrano studi in Veneto e Lombardia, arrivano nella falda freatica e sono assorbiti negli acquedotti, che non riescono a filtrarli» racconta il medico. Gli PFAS sono eccezionali come antiaderenti o nella carta forno, ma la catena di degradazione non riesce a farli fuori e così causano una serie di malattie. In Veneto vengono fatte analisi periodiche con costi enormi. Due anni fa hanno calcolato che un chilo di PFAS costa 19 euro, ma l’equivalente a livello sanitario è di 19.000 euro». Differenziate l’uno dall’altro dal numero di atomi di fluoro, queste sostanze sono presenti nella schiuma anti-incendio ma anche in alcuni capi di abbigliamento, scelte per le loro caratteristiche chimiche, che le rendono impermeabili e repellenti ai grassi. Tuttavia, gli PFAS – di cui esiste una versione nuova con catene carboniose più corte e atomi di ossigeno intercalati – . Questa loro proprietà li rende particolarmente pericolosi per la salute perché possono diffondersi nell’ambiente e inquinare il terreno e le falde acquifere. Diverse ricerche scientifiche hanno evidenziato nelle popolazioni esposte disturbi del sistema immunitario, come una In Friuli, «a parte qualche persona o qualche gruppo come Legambiente, né i comuni coinvolti né la popolazione sembrano essere interessati a prendere delle misure» dice il dottor Mario Canciani. basata sui dati ISPRA ha rilevato la presenza di un livello di PFAS nel 9,2% dei circa 10mila campioni analizzati, un livello inferiore rispetto a regioni come Piemonte e Basilicata, dove l’impatto dei polifluoro-alchili è sempre stato più consistente, ma maggiore di quello riscontrato in Emilia Romagna. Nell’intera Italia sono stati effettuati tra il 2019 e il 2020 più di 100mila campionamenti, di cui il 17% è risultato positivo agli PFAS. , però, riscontrano che alcune regioni, come Veneto, Lombardia e Friuli Venezia Giulia, hanno presentato più campioni rispetto ad altre. Le analisi hanno interessato non le acque di falda, ma i corsi d’acqua e le ricerche si sono focalizzate su PFOS e PFOA, In Friuli il sito che presenta il livello più alto di PFOS tra quelli campionati si trova in provincia di Pordenone e coinvolge un affluente del fiume Meduna. I valori oscillano tra 0,033 e 0,0225 mcg/litro. Nonostante la diffusione anche all’interno della catena alimentare di queste sostanze, a livello italiano non ci sono leggi . Nel settembre 2021 diversi senatori avevano proposto un disegno di legge, il numero 2392, identificato col nome della prima firmataria, Vilma Moronese: la loro proposta era la riduzione dell’inquinamento da PFAS e il miglioramento della qualità delle acque destinate al consumo. Il DDL, , che però riguarda solo l’acido perfluoro-esanoico. Proposte dalla Germania, le nuove regole avranno delle deroghe: se si va verso l’eliminazione in vestiario e cosmetici, saranno ancora presenti in dispositivi medici o altri oggetti in cui non si è trovato un adeguato rimpiazzo. E le deroghe sono proprio ciò che teme il consigliere Honsell «la mia preoccupazione è che l’inquinamento non sia preso sul serio: da noi l’ambiente non è considerato un tema politicamente rilevante» dichiara l’ex sindaco. In Italia dubito che verranno fatte delle norme in tal senso a meno che non ci sia una forte pressione dell’opinione pubblica. Noi aspettiamo che le regole ce le imponga l’Europa». Così, la lotta agli PFAS è ancora ben lontana dall’essere conclusa. Dopotutto, sono inquinanti eterni.