Bologna tra sfratti e occupazioni: soluzioni che resistono all’emergenza abitativa

In Bolognina, uno dei quartieri più multiculturali di Bologna, in via Raimondi 41 è nato un nuovo condominio sociale. A metà aprile 2023 numerose famiglie, infatti, hanno occupato uno stabile in disuso di proprietà dell’Azienda pubblica di servizi alla persona (Asp), dando vita all’esperienza del Radical Housing Project. Si tratta di nuclei familiari che, per finita locazione o per morosità incolpevole, hanno subìto uno sfratto e sono rimaste senza un alloggio. PLAT – Piattaforma di intervento sociale, cioè un progetto sociale nato a inizio 2022 e collegato al sindacato Si Cobas, è «un condominio sociale creato da una cooperativa di abitanti, un esperimento di che si adopera per l’auto-recupero senza costi per la collettività di un edificio di proprietà pubblica dismesso da anni, una casa per l’emergenza abitativa». Luca Simoni, attivista di PLAT ha spiegato a che l’occupazione in Bolognina è un esempio di «autorecupero: grazie alle loro abilità, e a tanta solidarietà, le famiglie sono riuscite a convertire un palazzo pubblico vuoto in case accoglienti». Non essendoci altre alternative immediate, l’occupazione è una delle soluzioni che la popolazione mette in atto per tentare di risolvere il problema emergenziale abitativo che colpisce il capoluogo dell’Emilia-Romagna da anni. Bologna è una città universitaria e questo implica che ragazzi e ragazze da tutta Italia, e non solo, si trasferiscono per frequentare le lezioni. L’ateneo di Bologna nell’anno accademico 2021/2022 ha aumentato il numero di iscritti 90 mila studenti, distribuiti tra Bologna, Cesena, Forlì, Ravenna, Rimini. Anche considerando che alcuni studenti vivono già a Bologna, altri sono pendolari, e altri ancora decidono di non trasferirsi nella nuova città, rimane comunque alto il numero di studenti alla ricerca di un alloggio. La questione affitti, però, non riguarda solo gli studenti universitari. Una buona fetta della domanda in Italia, infatti, è costituita dai lavoratori fuori sede, che in Italia sono il 26% di chi ha preso casa in affitto. A Bologna la situazione è molto più pesante: nella quasi totalità dei casi, ad affittare sono lavoratori e studenti universitari, e la maggioranza di loro «Durante la pandemia molti lavoratori sanitari hanno trovato sistemazione lavorativa negli ospedali bolognesi, ma non hanno trovato una sistemazione abitativa che corrispondesse alle proprie esigenza di vita e di lavoro», ha raccontato a Michele Cirinesi, coordinatore del sindacato Unione Inquilini della sezione dell’Emilia-Romagna. «Molte persone spendono tanto nell’affitto per poi vivere in camere doppie, a più di 30 anni, con persone che neanche conoscono. Considerando anche che lavorano su turni, quindi hanno degli orari diversi dal classico lavoratore», ha aggiunto Cirinesi. La difficoltà a trovare un alloggio non è solamente causata da un aumento generale della domanda, ma è accompagnata anche dalla decisione di tanti proprietari di rivolgersi al mercato degli affitti brevi, sempre più dal turismo. Questo tipo di locazione porta un duplice vantaggio a chi affitta: il ritorno economico è più consistente, ed è più facile rientrare in possesso dell’immobile nell’immediato. Inoltre, bisogna considerare gli alti costi di un appartamento in affitto, che negli anni sono aumentati sempre più. Se ad agosto 2018 era di circa 12,7 euro al m2, ora è pari a 18 euro al m2. Per un monolocale, quindi, La ricerca di una casa, a un canone economicamente accettabile, è un che riguarda anche molte famiglie. Chi si trova in affitto sono specialmente i nuclei familiari più poveri, il cui reddito percepito va a finire in Il rischio, per le famiglie che non riescono a sostenere queste spese, è quello di incorrere in uno sfratto, un’esperienza spesso devastante per chi la vive. Secondo il locatore, infatti, può chiedere lo sfratto per morosità per un immobile a uso residenziale abitativo in cui l’inquilino non paga i canoni di locazione (anche se si tratta di un mese), o le spese condominiali. La causa di morosità incolpevole, ovvero l’impossibilità a provvedere al pagamento del canone di locazione per motivi economici, è quella che registra più casi. Stando ai della Regione Emilia-Romagna, nel 2019 a Bologna su 913 provvedimenti di sfratti emessi, 787 erano per morosità, ovvero l’86% dei casi, dimostrando il peso che la spesa per la casa ha sulle famiglie. Il numero di sfratti emessi rappresenta quindi un indicatore della condizione di disagio abitativo in cui riversa la popolazione. Anche se i dati sugli sfratti nel territorio di Bologna registrano un netto miglioramento dal periodo post crisi 2008, i numeri attuali sono comunque significativi. Luca Simoni ha sottolineato un dato importante: «se fino a cinque anni fa la situazione riguardava soprattutto soggetti marginali, più poveri, oggi invece riguarda anche i nuclei familiari che lavorano e hanno un salario, ma non riescono a rientrare nelle spese», ha raccontato l’attivista di PLAT. Anche Cirinesi concorda con questa analisi: «molte persone che si rivolgono a noi hanno un contratto lavorativo, ma i salari bassi non permettono loro di sostenere le spese di affitto, condominio e bollette». Dal momento in cui l’inquilino non riesce più a pagare l’affitto, riceve la notifica di sfratto da parte del proprietario e il giudice fissa la data dell’udienza. Se l’inquilino si presenta, si ha tempo 3 mesi per trovare un accordo tra le parti e il proprietario può far richiesta per accedere al fondo morosità, istituito nel 2013 per erogare contributi agli inquilini che non riescono ad adempiere agli obblighi economici contrattuali e sono sottoposti a sfratto, ma che Se ciò non avviene, allora si dà inizio all’iter di rilascio dell’immobile, ovvero l’ufficiale giudiziario si presenta una prima volta, «ma al primo ingresso solitamente viene sempre posticipata l’esecuzione», ha spiegato Cirinesi. Al secondo o al massimo terzo ingresso, invece, lo sfratto viene eseguito. In questa fase, a Bologna, cerca di intervenire il comitato antisfratto di PLAT. Le famiglie, aiutandosi in forma mutualistica, si presentano a casa delle persone che hanno ricevuto l’esecuzione di sfratto, e cercano di bloccare l’azione. «Si creano letteralmente dei muri popolari che servono a ottenere un ulteriore rinvio, così che la famiglia abbia il tempo per trovare una soluzione», ha raccontato Simoni, «oppure servono a far pressione agli assistenti sociali per far sì che trovino delle soluzioni degne per le famiglie sfrattate». , una donna che a causa della gravidanza ha perso il lavoro e il 28 marzo 2023 avrebbe dovuto lasciare la propria casa insieme ai suoi due figli minori e sua mamma anziana, a causa di uno sfratto per morosità incolpevole. Grazie all’intervento degli attivisti di PLAT e di altre associazioni che operano nel territorio bolognese, lo sfratto è stato rimandato al 9 maggio e poi al 13 giugno. Nonostante sia stato poi eseguito, la resistenza di Giada e degli attivisti ha fatto sì che gli assistenti sociali le trovassero una sistemazione temporanea in un albergo, in attesa che Acer, l’azienda che gestisce gli alloggi di Edilizia residenziale pubblica (Erp), la convochi per l’assegnazione della casa popolare. Gli assistenti sociali, infatti, nel momento in cui una famiglia viene sfrattata hanno il compito di trovare loro un nuovo alloggio. Solitamente, come è stato per Giada, vengono mandate in un albergo e, se si liberano alloggi di transizione, vengono poi assegnate a queste nuove case. Queste soluzioni, però, non avvengono sempre, e «il nucleo familiare può essere diviso, spesso donne e minori sono accolti in strutture apposite, mentre l’uomo è lasciato per strada», ha spiegato Simoni. Poche settimane fa a una famiglia di origini pakistane è stato proposto di trasferirsi nel Paese di provenienza, nonostante i figli siano nati in Italia e non siano mai stati in Pakistan. Gli alloggi di Edilizia residenziale pubblica e la risposta della politica Una soluzione concreta all’emergenza abitativa sono gli alloggi di Edilizia residenziale pubblica, le cosiddette “ ”, ovvero proprietà del Comune date in affitto a persone o famiglie in condizione disagiata. Sul territorio bolognese ci sono circa 20 mila alloggi gestiti da Acer e, in piccola parte, dai Comuni stessi. Secondo una della Regione, negli ultimi anni il numero di fabbricati è diminuito. Ogni anno le assegnazioni sono circa 400, a confronto di 6 mila richieste. Il Comune di Bologna, all’interno del Piano per l’Abitare che è stato dal consiglio comunale l’11 luglio, ha previsto un piano di recupero di 600 appartamenti dell’Edilizia residenziale pubblica attualmente vuoti, insieme a un programma di investimento da 200 milioni di euro che dovrebbe portare ad avere 10 mila nuovi alloggi in città nell’arco di 10 anni. «Ci sono alloggi Acer vuoti e abitabili, dove bisognerebbe fare solo alcuni lavori all’impianto elettrico o idraulico, ma c’è un iter burocratico che lo impedisce», ha commentato Simoni. La regione Emilia-Romagna avrebbe stanziato 10 milioni di euro per la manutenzione degli alloggi Erp nel territorio regionale. Contattati più volte da Inoltre, le politiche abitative della Regione e del Comune riguardano fondi per agevolare il costo del canone di locazione. «Noi siamo favorevoli perché questi fondi permettono di abbassare l’affitto all’inquilino, e non colpiscono la rendita del proprietario», ha precisato Michele Cirinesi . «Ma non è una soluzione durevole. Serve tornare alla legge sull’equo canone, dove bisogna stabilire che l’affitto sia proporzionale al salario che si percepisce. Non può superare il 50% dello stipendio di una persona, come succede ora». PLAT, infine, ha sottolineato l’importanza delle politiche di recupero di immobili e palazzi pubblici sfitti. «Queste politiche regionali e comunali non risolvono il problema. I finanziamenti non sono spesso sufficienti, e soprattutto sono sovvenzioni che vanno al mercato privato, non aiutano chi ha veramente bisogno», ha osservato Simoni. «Deve essere riconosciuta la pratica dell’autorecupero, e i beni del demanio ex-militari dovrebbero essere riutilizzati per l’edilizia popolare», ha concluso l’attivista di PLAT.