Una nuova generazione di nomadi: storia di chi non ha un lavoro stanziale

Una nuova generazione di nomadi: storia di chi non ha un lavoro stanziale

«Lavoravo 6 giorni su 7 nel campo della comunicazione digitale, per guadagnare 250 euro al mese» racconta a Iris P. giornalista e social media manager di 23 anni, originaria della Val Seriana, nella provincia di Bergamo, in Lombardia. Iris, che oggi vive a Bergamo con la sua compagna si definisce una nomade digitale e come molti giovani ha dovuto lavorare diversi anni, nel suo caso 3, per arrivare a uno stipendio che le permettesse di mantenersi. «Ora lavoro con Partita IVA e riesco a mantenermi ma inizialmente mi retribuivano con ricevuta fiscale (metodo di pagamento che non garantisce la certezza di entrata costante che offre invece un contratto con stipendio, n.d.r)». di Federcontribuenti, associazione senza scopo di lucro per la tutela dei contribuenti, dei consumatori e delle imprese, “il 54% dei trentenni italiani guadagna meno di 7 euro netti l’ora e ci sono molti, troppi lavoratori part-time e apprendisti fino a 29 anni”. Il 48% degli intervistati di sentirsi sfruttato perché costretto a lavorare oltre l’orario incluso in busta paga, spesso senza adeguata retribuzione degli straordinari né compenso in nero. Il problema maggiore è che non viene garantito loro uno stipendio adeguato e continuativo: i giovani vengono reclutati con uno stage, ovvero una forma di inserimento temporaneo, che ha una durata di 6 mesi e prevede in genere solo un rimborso spese. Questo li espone a diversi rischi: restare senza impiego ogni 6 mesi, ma anche non riuscire mai a raggiungere un contratto vero e proprio. Infatti, secondo la normativa italiana il periodo di inserimento temporaneo può essere protratto fino a 12 mesi sia nel caso di tirocinio ; questo significa che un lavoratore può restare in stage per 2 anni (combinando stage curriculare ed extracurriculare) presso la stessa azienda, ma questo periodo può durare molto di più se il lavoratore cambia datore di lavoro: in quel caso il conteggio dei mesi trascorsi in stage si azzera. che le persone comprese nella fascia d’età fra 28 e 35 anni, che rappresentano l’11% della popolazione italiana e lo sviluppo economico e le pensioni future, sono invece tagliati fuori dal Paese, dimenticati dalla classe politica dirigente che si rifiuta di modificare i contratti nazionali. Il segretario generale della Unione Italiana del Lavoro (Uil) Pierpaolo Bombardieri ,  relativo alla politica del lavoro, non riduce la precarietà, ma «anzi la alimenta, liberalizzando i contratti a termine, e alzando il limite per i voucher. Il contrario esatto di quanto auspichiamo». Anche quando i giovani raggiungono l’assunzione, lo stipendio che percepiscono è esiguo rispetto alla media europea. Secondo i dati pubblicati da , i giovani italiani percepiscono stipendi non solo inferiori rispetto alla media europea, ma fra i più bassi in assoluto dell’Unione Europea: solo 14.544 euro all’anno. L’Italia è un Paese in cui i giovani hanno difficoltà a trovare un lavoro stabile e guadagnano mediamente meno sia rispetto ai loro coetanei negli altri Paesi dell’Unione europea che ai propri genitori. Infatti che l’Italia è l’unico Stato che fra il 1990 e il 2020 ha visto una diminuzione dei salari annui medi, con una decrescita pari al 2,9%. Gen Z (nati fra il 1997 e il 2012) e Millennials (nati fra il 1981 e il 1996) sono dunque le prime generazioni dal Dopoguerra che non guadagnano più dei propri genitori. Un guadagno esiguo, spese alte, e nessuna certezza: questo il quadro che si prospetta per le nuove generazioni che si approcciano al lavoro. Così molti giovani cercano stili di vita alternativi, come il . Il nomade digitale è una persona che sfrutta i mezzi tecnologici e la connessione  internet per lavorare senza vincoli geografici. «Ho iniziato a gestire i social per delle aziende e questo mi ha aperto delle porte, ma a differenza di altri nomadi digitali io non ho iniziato a lavorare in questo campo per l’aspetto della libertà e del viaggiare». Per Iris, come per molti altri, l’adozione di questo stile di vita nasce da una necessità e dalle situazioni che ha dovuto affrontare. «Ho fatto un anno di università ma poi ho mollato. Durante il lockdown ho iniziato a studiare grafica e la sociologia-psicologia che gira attorno ai social da autodidatta, poi ho trovato un annuncio per una posizione di e ho iniziato il mio primo lavoro da nomade digitale». Il guadagno iniziale non era sufficiente per raggiungere l’autonomia, ma la possibilità di lavorare in qualsiasi luogo e non dover quindi sostenere le spese di affitto in una grande città sono stati per lei un vantaggio di cui oggi pochi giovani che lavorano nel suo settore o in molti altri più fiorenti nelle grandi città possono godere. , realizzato da Scenari Immobiliari e Abitare Co., sono molti gli under 35 che vorrebbero studiare o lavorare nelle metropoli italiane. Milano è la città che più di tutte attrae i giovani di età compresa fra 18 e 24 anni proprio per le opportunità lavorative che offre, oltre alle possibilità di svago. Seguono Torino, Roma e Bologna. Spesso però si ritrovano impossibilitati a sostenere le spese e decidono di optare per strade alternative. Il precariato lavorativo non è un fenomeno recente ma oggi si interseca con il , particolarmente intenso soprattutto a Milano. I costi degli affitti nel capoluogo lombardo, che già si attesta fra le città più care d’Italia, seconda soltanto a Bolzano, sono ulteriormente aumentati del +0,8% rispetto a Marzo 2022 e persino del +10% rispetto a aprile 2021, secondo le de l’Idealista. In generale il costo al metro quadro per un appartamento è in continua crescita da 5 anni e non accenna a fermarsi. Aprendo una qualsiasi piattaforma milanese di alloggi, più nello specifico di annunci di affitti per stanze singole, il costo si aggira intorno agli 800 euro mensili,  cifra in molti casi superiore al rimborso spese riconosciuto durante il periodo di stage e corrispondente a più della metà dello stipendio elargito mediamente ai giovani secondo i dati Anche Bologna, indicata come quarta fra le preferenze dei giovani, è entrata di diritto fra le città più care d’Italia secondo i 2023, aggiudicandosi l’ottavo posto nella classifica. Il rincaro medio annuo in questa città si attesta a 2.445 euro con un’inflazione annua di +9,8%. In generale il costo della vita in città è più alto rispetto a quello delle zone extra-urbane. Il paradosso che vivono i giovani è che devono trasferirsi in  grandi città per le opportunità che offrono, prima in ambito universitario e poi lavorativo. Ma proprio in quelle stesse città i costi sono insostenibili e lo stesso stipendio che li attrae a Milano, Roma, Bologna e Torino viene poi consumato per sostenere tutte le varie spese. Anche per questo motivo sempre più persone  stanno scegliendo di lavorare da freelance e di diventare nomadi digitali. Negli Stati Uniti d’America, ad esempio, questi ultimi sono aumentati del 131% dal 2019 al 2022, e in tutto il mondo sono circa 35 milioni le persone che oggi si riconoscono in questa definizione, stando ai dati pubblicati da . In Italia non sono ancora presenti dati precisi riguardanti il numero di nomadi digitali, ma grazie al sappiamo che il 32% dei nomadi digitali ha un’età compresa fra 25 e 34 anni e che il numero di persone interessate a sperimentare questo stile di vita è in continua crescita. Secondo l’Associazione Italiana Nomadi Digitali siamo di fronte a un «nuovo tipo di persona» attenta al benessere e alla qualità della propria vita. Nonostante non abbia intrapreso questo stile di vita per la libertà che regala, Iris P. dichiara: «Non rinuncerei mai alla libertà che mi sono conquistata lavorando da remoto per lavorare in un ufficio 8 ore al giorno, a nessuna condizione». Iris, infatti, lavora dalle 4 alle 6 ore al giorno e in genere non è operativa il fine settimana. «Sarebbe difficile, se non impossibile, trovare un lavoro in presenza con cui mantenersi avendo la stessa libertà di orari».  Ci sono certamente anche aspetti negativi. Iris ha evidenziato come la sua disconnessione, intesa come momento in cui il suo lavoro termina perchè avviene un allontanamento mentale e fisico dal computer, non sia considerata importante dai clienti che gestisce. Loro, infatti, non percepiscono questo tempo come una necessità e si concentrano principalmente sulla conclusione del lavoro richiesto.