Una Georgia sempre più europea al fianco dell’Ucraina

Una Georgia sempre più europea al fianco dell’Ucraina

«Ogni volta che vedo ciò che sta accadendo in Ucraina ripenso ai traumi che abbiamo anche noi georgiani a causa della Russia. È esattamente la stessa cosa», racconta a Mariam Geguchadze, georgiana di venticinque anni, attivista del collettivo Shame Movement. Nel piccolo Paese del Caucaso, sospeso tra Asia ed Europa, l’attacco da parte della Russia al territorio ucraino avvenuto il 24 febbraio 2022 ha risvegliato nei georgiani una paura molto familiare, legata alla minaccia di una Russia da sempre troppo vicina e alla memoria di un’invasione non troppo lontana nel tempo, il cui ricordo e le cui conseguenze segnano ancora la vita di molti. La Georgia, ex Paese dell’Unione Sovietica che per secoli ha subito l’influenza culturale e politica della Russia, ha conquistato a fatica la sua . I georgiani – un popolo che conta oggi appena 3,7 milioni di persone – hanno sempre lottato per mantenere la propria identità culturale, linguistica e religiosa. Ma la minaccia della grande potenza russa sembra non essersi ancora arrestata: ad oggi, circa il è occupato da forze militari russe. La questione è particolarmente delicata quando si parla di Abcasia e Ossezia del Sud. Tra il 1991 e il 1993, il Paese è stato segnato dalla guerra per l’indipendenza dell’Abcasia, una regione del nord-ovest, al confine con la Russia, che ha visto circa costretti ad abbandonare le loro abitazioni in Abcasia. Il 23 luglio 1992 l’Abcasia si è proclamata indipendente, ma né la Georgia, né l’Onu (eccetto cinque Stati membri, tra cui la Russia), né l’Ue ne hanno riconosciuto l’indipendenza. Anche l’Ossezia del Sud, regione del centro-nord della Georgia, era già in parte indipendente da Tbilisi (seppur non riconosciuta tale a livello geopolitico), quando nel 2008 le forze militari russe hanno invaso il territorio. Il Presidente della Russia Vladimir Putin la sua azione militare in nome dell’autodeterminazione degli osseti del sud, ma molti che l’occupazione sia stata un tentativo di ampliare la sua sfera di influenza, nonché una risposta alle ambizioni della Georgia di entrare nell’Ue e nella Nato, e soprattutto alle Oggi, le due regioni rimangono di fatto militarmente occupate dalla Russia. Quello in Ossezia del Sud non è affatto un conflitto congelato, ma ancora in corso», spiega Ana Jegnaradze, regista documentarista di Tbilisi, riferendosi alla cosiddetta territorio conteso al confine tra la Georgia e la zona occupata militarmente dalla Russia. In quest’area si protrae la costruzione e il illegale di un confine fisico da parte dei militari russi. «È incredibile che il cosiddetto “confine” venga spostato in qualsiasi momento all’interno del territorio georgiano. Può succedere qualsiasi notte: a volte non succede nulla per tre o quattro mesi, ma poi, all’improvviso, la mattina la gente si sveglia e scopre che i propri campi, i propri alberi di mele, o la propria foresta sono già dall’altra parte». È soprattutto questo sentimento di paura e di espropriazione che ha spinto migliaia di georgiani a riempire viale Rustaveli, la strada principale della capitale georgiana, Tbilisi, il 24 agosto 2022, giorno in cui in Ucraina si celebra la giornata dell’indipendenza del Paese. Tra i manifestanti abbiamo incontrato Michailo, ventisettenne ucraino, di Charkiv, organizzatore della marcia e coordinatore di un gruppo informale che si occupa di assistenza a ucraini emigrati in Georgia. A febbraio 2022, prima dello scoppio della guerra, Michailo era arrivato a Gudauri per trascorrere una vacanza con i suoi amici. A causa del conflitto, però, i loro biglietti di ritorno sono stati cancellati, e si sono ritrovati a dover cercare un alloggio temporaneo nella capitale, sperando di tornare a casa al più presto. «La prima sera a Tbilisi», spiega Michailo a , «siamo andati a protestare davanti al palazzo del Parlamento georgiano e abbiamo visto diverse migliaia di persone manifestare in sostegno all’Ucraina». La solidarietà della popolazione, anche nei mesi successivi, è stata enorme: «Abbiamo visto bandiere ucraine in ogni edificio, in ogni caffè, bar e ristorante. È stato davvero fantastico, ne avevamo molto bisogno in quel periodo per capire che l’Ucraina non era sola». Il sostegno ricevuto non è stato solo a livello morale, ma anche economico e finanziario. «Il governo georgiano, così come molte aziende, organizzazioni o singoli cittadini hanno fornito ai cittadini ucraini in Georgia diversi aiuti, come alloggio e alcuni pasti», continua Michailo. Ma non solo. Grazie a un crowdfunding, Michailo e i suoi amici sono riusciti a comprare e spedire in Ucraina medicine e altro materiale che serviva all’esercito e alle persone rimaste nel Paese. Per la popolazione georgiana non si tratta solamente di aiutare un Paese amico, spiega Mariam Geguchadze, ma di «una vera e propria lotta personale dei georgiani stessi: la Russia deve essere sconfitta in Ucraina e in Georgia, e se la lotta è in Ucraina, noi sosterremo l’Ucraina». Proprio per questo l’impatto dal punto di vista emozionale sui georgiani è stato enorme: «nelle prime settimane di guerra in Georgia nessuno dormiva, letteralmente, perché erano tutti preoccupati per ciò che stava accadendo in Ucraina». Oltre a un sentimento di paura, la guerra in Ucraina ha risvegliato tra i georgiani anche aspirazioni europee e sogni di cambiamento che riecheggiano un moto rivoluzionario familiare a molti nel Paese. La celebre del 2003, guidata da Mikheil Saakashvili – diventato poi Presidente della Georgia – ha rappresentato un cambiamento radicale in questo senso per il Paese, segnando un distacco dall’era sovietica. Questa è stato il primo di una serie di moti di protesta nello spazio post-sovietico, conosciuti come Questo processo di avvicinamento all’Unione europea sembrava essere giunto al termine a marzo del 2022, quando la Georgia ha presentato . Ma a causa della complessa situazione politica interna al Paese, la richiesta non è andata a buon fine. Infatti, a giugno il Consiglio europeo alla Georgia lo status di Paese candidato solo a condizione che vengano affrontate le priorità specificate nel della Commissione sulla domanda di adesione. Si tratta in particolare di 12 punti in merito a questioni essenziali riguardanti l’economia, il sistema giudiziario e la situazione politica del Paese, sui quali il governo georgiano non ha al momento fatto notevoli passi in avanti. D’altro lato, il popolo georgiano resta un forte sostenitore dell’integrazione europea: i Le proteste scoppiate in Georgia a giugno del 2022, dove migliaia di persone si sono radunate davanti al Parlamento, oltre che chiedere a gran voce che la Georgia entrasse a far parte dell’Ue, si sono presto trasformate in  una critica diretta all’attuale governo. Ribattezzato dall’opposizione in Sogno Russo (in realtà: Sogno Georgiano, ndr), il partito di Garibashvili, pur proclamandosi ufficialmente filoeuropeo e in tutti i discorsi pubblici internazionali di condannare la Russia e sostenere l’Ucraina, nella pratica appare agli occhi dell’opinione pubblica georgiana così come alla comunità internazionale molto vicino alla Russia. «L’impressione», spiega Mariam, «è che il governo stia cercando di assicurarsi che la Georgia non abbia chance di essere ammessa all’Ue, facendo di tutto per ostacolare questo processo». Lo stesso Parlamento europeo, a giugno dello scorso anno, aveva scritto una esprimendo le preoccupazioni per lo stato della democrazia e dei diritti umani nel Paese, facendo soprattutto riferimento alla Nella mente di molti georgiani l’Unione europea è fortemente associata a opportunità economiche e di sviluppo, a benefici economici diretti e vantaggi pratici come la libertà di movimento, ma anche all’accesso a un’educazione migliore e a opportunità lavorative più vantaggiose. Inoltre, essere parte dell’Ue significherebbe per la Georgia avere la garanzia di una protezione diplomatica e militare dalla Russia. «Ci sono molte persone che dicono di essere a favore dell’Europa, ma non capiscono affatto di cosa si tratta, purtroppo. Non capiscono che dovrebbe significare avere un partito democratico, ci dovrebbero essere elezioni libere e diritti umani, libertà di parola», aggiunge Irakli, lavoratore georgiano di 60anni. «Europa non è solo libertà, ma anche responsabilità».