“Un paese di Calabria”, un paese di accoglienza

L’uomo è un’animale che migra per natura, tanto da spingersi fin sulla luna, tanto da esplorare, sin dall’antichità, angoli di mondo sconosciuti, affrontando molte difficoltà, superando i propri limiti, correndo alcuni rischi. Proprio a causa di un imprevisto di  viaggio anche i Bronzi di Riace, le sculture bronzee meglio conservate dall’Antica Grecia, sembravano perdute a causa di un naufragio nel mare Mediterraneo. Il mare, però, le ha restituite alla Calabria che, oggi, ha fatto di queste due figure approdate sulle coste da lontano uno dei propri simboli.

Sono molti i topoi che ritornano nella terra di Calabria dove, proprio a Riace, la lungimiranza di un sindaco e l’umanità dei cittadini hanno trasformato l’immigrazione in opportunità, nel nome dell’accoglienza. Quella di Domenico Lucano e dei riacesi è una storia “normale”, ma che normale non è in un’Italia in cui l’accoglienza funziona a singhiozzo e la diffidenza prevale nel discorso pubblico e politico. Proprio per questo, in oggi che la retorica dell’invasione la fa da padrone, è necessario e urgente raccontare questa storia di semplicità e umanità come fanno Shu Aiello e Catherine Catella con Un paese di Calabria, documentario già premiato in diversi festival internazionali, vincitore del Premio Buyens-Chagoll a Visions du Rèel nel 2016 e, in questi mesi, proiettato, grazie al passaparola e alla piattaforma MovieDay, a Milano, Torino, Padova, Firenze e Roma (domani 29 maggio alle ore 20.30 al Cinema dei Piccoli e martedì 30 maggio al Il Kino).

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Dall’alto, Riace vigila sul mare, sui pescatori, sui bagnanti, su tutto quello che da secoli accade nel Mediterraneo, a lungo crocevia di esistenze e culture, oggi minaccia e cimitero. Era naturale, quindi, che già dagli anni Novanta registrasse la crescita dei flussi migratori diretti in Italia e crescesse il bisogno di reagire di fronte all’arrivo di decine di richiedenti asilo dal Kurdistan, dalla Siria, dalla Nigeria, dal Gambia, da molti altri paesi. Si è scelto di aprire le porte ai migranti in arrivo, affidando loro molte delle case abbandonate del paese e chiedendo di prendersene cura. Erano case silenziose da anni, esattamente da quanto gli abitanti di Riace hanno iniziato ad allontanarsi dalla Calabria per cercare altrove un futuro migliore.

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Un paese di Calabria racconta, quindi, entrambe le direzioni della migrazione: il canto di chi lasciava la propria amatissima terra, il racconto di chi ha trovato in questa stessa terra una nuova casa e ospitalità. L’incontro non è sempre facile, capirsi non è scontato, eppure, a Riace, prevale il senso di ospitalità e il valore della solidarietà. Proprio la Calabria, terra di diritti negati, si fa, nel racconto di Aiello e Catella, simbolo di resistenza, prova concreta e tangibile del fatto che l’accoglienza, l’integrazione e l’organizzazione partecipata non sono utopie.

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La migrazione, infatti, è rappresentata come un fenomeno assolutamente naturale. Colpisce la continuità tra passato, presente e futuro che emerge dalla narrazione del documentario. L’intreccio di esperienze, musiche e tradizioni mostra la via per colmare i vuoti, quelli lasciati da chi è partito, quelli che si porta dentro chi ha attraversato il Mediterraneo rincorrendo una speranza. Del resto, quello che accade oggi di fronte ai nostri occhi “è la storia dell’uomo, non c’è altro da aggiungere.”

Angela Caporale
@puntoevirgola_

4 pensieri su ““Un paese di Calabria”, un paese di accoglienza

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