“Arrival”, spiegato bene
Qualche giorno fa, un mio contatto di Facebook si chiedeva quando fosse diventata così alta da rendere virtualmente impossibile comunicare un qualunque dettaglio della trama di qualcosa senza che la gente (nel migliore dei casi) inizi a tapparsi le orecchie e gridare SPOILER ALERT. Peraltro una reazione buffa, visto che il meccanismo sociale del web ci vorrebbe sempre impegnati a dire la nostra in modo tempestivo, originale e tagliente, come dimostra (se mai ce ne fosse bisogno) la curiosa ondata di critiche dedicate al nuovo disco dei Baustelle da gente che deve essersi persa i loro ultimi dieci anni di carriera – poverini, chissà che shock svegliarsi dopo (questa l’ho rubata a un altro mio contatto) senza neanche una ventina d’anni per assorbire i cambiamenti. , quest’anno maggiorenne (la prima edizione è del 1999), ha portato in dono (beh, a prezzo ridotto, ma in anteprima e in lingua originale con i sottotitoli) . Però gli spoiler spaventano – come confermato proprio durante la presentazione di , in cui l’introduzione di Gabriele Niola è stata coperta da numerosi sibili ostili di persone che non volevano sapere niente del film prima di vederlo. Come si intuirà, ciò potrebbe comportare degli ostacoli a una pacifica fruizione di questo post da parte vostra. Pertanto, è con un certo orgoglio che Ze bottomap ha il piacere di introdurvi il , in modo da offrire il consueto servizio di qualità ma al contempo garantire una piena compatibilità col gentismo™. una selezione di commenti negativi su Metacritic è articolata in sezioni, disposte secondo un grado crescente di riferimenti alla trama ; detti commenti saranno la piattaforma per la disamina che ci pregeremo di condurre, e che in parte cercherà di confutarli. Ciò dovrebbe evitare spiacevoli sorprese e allo stesso tempo parlare alla pancia del paese (qui ci andrebbe il link a uno qualsiasi degli articoli sulla post-verità che sono fioriti negli ultimi due mesi – forse scritti dagli stessi sorpresi dal disco dei Baustelle, ehi, voglio dire, EHI, da quando la gente si fida della prima cazzata che legge/vede/sente, ehiehiehi, sarà il uèb). Mettetevi dunque comodi e andate avanti (quanto lo valuterete a vostro rischio e pericolo) nella lettura. – ma magari voi al cinema ci andate senza preavviso, guidati da un amico che vi benda da casa fino a metà dei titoli di testa) un ottimo profilo della sua produzione finora), con il grado di quirkiness/new weird che è lecito aspettarsi dalla nuova onda canadese – per dire, il suo secondo film, una storia di depressione, colpe e conseguenze, è raccontato da . La trama: dodici suppostone aliene atterrano in dodici punti random del pianeta e stanno lì senza fare niente, tranne far entrare qualcuno ogni tanto. Gli Stati Uniti mandano la loro migliore professoressa di linguistica a cercare di comunicare con loro e capire cos’è che vogliono da noi. A ben pensarci, sono più dodici lenti a contatto di pietra. Brr, chissà che male. – fonte: non è un film sugli alieni, è un film con gli alieni. Partiamo da un punto semplice: spesso i trailer, soprattutto per i film complessi, mentono (wooo) per cercare di portare al cinema quanta più gente possibile; e anche i trailer di , né un film per appassionati di fantascienza tecnologica (quella che gli inglesi chiamano ). Che poi, ehi, una professoressa di linguistica, ehiehi, in quale, dico, in quale modo potreste aspettarvi un film d’azione, voglio dire, ce lo vedreste Noam Chomsky in un film d’az- oh, lasciate stare. invece è attraversato da una tensione costante, ma la suspense è diluita nei dialoghi rarefatti della di Ted Chiang), nei tempi e nei campi lunghi della bellissima pericolo medio, si entra nel merito di alcune scelte di trama è un film per nerd – ma non quel tipo di nerd. “Just learn their language the same way your children learn English. Duh!” (che viene citata anche nel film per la gioia di tutti i linguisti in sala, che hanno salivato all’unisono). Il principale focus del film è , dare forma al mondo, modulare la nostra percezione, di parlarci (nel senso di parlare noi stessi); poi, divergenti, la necessità di mediare non solo tra lingua e lingua e tra noi e gli alieni, ma tra popoli della terra , tra singole istituzioni, singole scienze, singole persone e così via, cercando di fondere le diverse soggettività in un organismo comune. Questa era per i linguisti. Grazie, siete un pubblico meraviglioso. – fonte: pericolo alto, non potrete più guardare il film con l’innocenza di un pargoletto perché saprete già qual è il punto , che adotta una successione problematica in cui la cronologia segue il personaggio principale (magnificamente interpretato da congiungendo le discipline scientifiche dei due esperti del film, linguistica e fisica , perché focalizzati sulla protagonista e raddoppiati dalle visioni esperite da lei durante il suo lavoro di decifrazione, collegando le vicende della figlia Hannah alla struttura circolare del linguaggio parlato dagli alieni. Se scoprite come si scrive “Giorgio” vado a farmelo tatuare domani. – fonte: pericolo altissimo, viene discusso il finale e se mi gira vi rivelo il codice fiscale degli attori protagonisti non sto dicendo che se non vi è piaciuto non l’avete capito, ma ci sono buone possibilità che sia così. “It was not believable that Amy could not recognize that the symbol the aliens were using was the same as symbol on the book she had written”. In qualche momento degli ultimi anni mi pare si sia diffuso un tipo di fruizione, dovuto forse alle molte sollecitazioni della contemporaneità e al costante , una postura che, lungi dall’essere messa in discussione da narratori inattendibili e successioni complesse di analessi e prolessi, sceglie di . È un atteggiamento facilmente verificabile, per esempio, parlando con qualcuno dei film basati su loop temporali: spesso esce fuori qualcosa che suona come . Ecco, un lavoro fatto bene non dovrebbe, mi vien da dire banalizzando moltissimo, non farci capire niente; dovrebbe essere strutturalmente decifrabile anche quando è costruito su un paradosso (ma questo è il motivo per cui malsopporto quasi tutto Lynch, anche se non ne parlerò in questa sede), grazie a un lavoro cognitivo di decodifica che dovrebbe spettare a noi (che i narratologi chiamano in vario modo e che qui chiamerò, seguendo , che si capisce subito). I time loops non sono impossibili da capire, come non lo è la , anche se nessuno ne ha uno a ha casa (e se ce l’ha, spero ci sia dentro un vino molto buono); richiedono solo un lavoro di decodifica più articolato, che vada oltre il dato esperienziale. , applicata soprattutto ai prodotti visivi, che si adatta a (o forse incoraggia il diffondersi di) strutture basate su quella che vorrei chiamare , la serie che si ama e poi si odia e poi si apprezza, o all’inspiegabile quarta stagione di e certi passaggi di trama sono talmente irrelati causalmente con tutto quello che precede e segue che potrebbero essere sostituiti da qualunque altra cosa senza che la struttura complessiva ne risenta. Ecco, non è così: è una storia tutto sommato classica, con un colpo di scena, in cui quello che succede alla fine è chiaro (forse addirittura con troppo anticipo: l’ultima mezz’ora di film è una specie di corollario melodrammatico a quello che si è già capito succederà – e se non l’avete capito potete vedervi ), a patto di avere ricevuto da ragazzini appena una spolverata di fisica e/o di fenomenologia. Non occorre sapere come funziona un gioco a somma zero o il principio di Fermat (il primo è citato nel film e il secondo nella storia originale), ma lo spettatore modello non è, penso, quello che si ferma alla suggestione della trama, ma che sceglie di interpretarla e torna a casa con mille domande possibili sul libero arbitrio, il cuore mosso e gli occhi felici. Grazie, calamaroni spaziali. E questa era per i fisici, per par condicio. – fonte: Clicca per condividere su Twitter (Si apre in una nuova finestra) Clicca per condividere su Google+ (Si apre in una nuova finestra) Clicca per condividere su LinkedIn (Si apre in una nuova finestra) Clicca per condividere su Tumblr (Si apre in una nuova finestra) Clicca per condividere su Pinterest (Si apre in una nuova finestra)
