Le libertà degli spagnoli imbavagliate da Rajoy

Mariano Rajoy, premier spagnolo e leader del Partito Popolare, mette il bavaglio ai suoi connazionali, soprattutto a quelli che non la pensano come lui. Soltanto qualche mese fa apprezzavamo la capacità di rinnovamento e di apertura di Madrid, Barcellona e altre municipalità dove i cittadini avevano sancito , il nuovo partito di sinistra guidato dal politologo (sì, non si tratta di un refuso) Pablo Iglesias. Mentre l’attenzione degli europei è concentrata sulla Grecia e sul fallimento, ormai si può dire, di Alexis Tsipras e della sua Syriza, partito omologo di Podemos, è passata in sordina l’entrata in vigore della nuova Al di là di questo titolo innocuo, si cela un provvedimento soprannominato Proposta nel Novembre 2003, la legge è stata fortemente criticata sin dall’inizio tanto che, per alcuni passaggi, è stata sottoposta al vaglio del Tribunale Costituzionale spagnolo. La versione definitiva è stata approvata alla fine dello scorso anno e, pur essendo stata fortemente emendata rispetto alla prima bozza, contiene ugualmente che possono essere anche salatissime (dai cento ai seicentomila euro). Le fattispecie possono essere di tre tipi: lievi, gravi e molto gravi. Inoltre, la Atti di disubbidienza, resistenza all’autorità, interrompere un evento pubblico, usare su Twitter l’hashtag di una protesta non autorizzata o spostare una transenna sono solo alcuni dei comportamenti coinvolti. Ma si parla di “legge bavaglio” perché Rajoy ha voluto colpire direttamente i canali di comunicazione: se fotograferanno, pubblicheranno o denunceranno casi di abuso compiuti dalla polizia, verranno severamente puniti. Paradossalmente, , questo provvedimento non interesserà particolarmente i mass media spagnoli già ampiamente controllati dal governo. I principali bersagli della “ saranno, quindi, i giornali indipendenti oppure i gruppi che decidono di riprendere e condividere le loro manifestazioni, come è successo solo due anni fa con gli Secondo molti, la nuova legge sulla sicurezza è una risposta esplicita alle manifestazioni che hanno interessato la Spagna durante gli ultimi anni. L’affermazione di , inoltre, ha messo in ulteriore pericolo la leadership di Rajoy e del suo PP: il gradimento per il partito di governo è in netto calo e l’aumento della disoccupazione, soprattutto giovanile, non favorisce la fiducia nei confronti di chi guida il paese. Nuove manifestazioni metterebbero in seria difficoltà l’esecutivo, tuttavia nemmeno la tanto auspicata (dall’Unione Europea, pare) stabilità può essere una giustificazione valida per punire in maniera tanto sconsiderata e automatica azioni di protesta e opposizione pacifiche. dal Partito Socialista a Podemos che sostengono l’incostituzionalità del provvedimento. Anche le Nazioni Unite hanno espresso scetticismo sottolineando l’attentato alla libertà di espressione rappresentato dalla , ribadendo che si tratta di diritti fondanti una società libera e democratica. Moltissime associazioni non governative, comprese Greenpeace o , contestano la legge e addirittura parte dell’elettorato del PP sembra ritenere le misure previste troppo severe. Il ed evoca il franchismo. Sebbene siano passati trent’anni dalla fine del regime del generale Franco, la durezza delle norme franchista echeggiano in diversi provvedimenti presi negli ultimi 3 anni e mezzo di governo Rajoy. Quello che si teme è una crescita di abusi di potere a scopo intimidatorio, poiché le denunce poste dagli agenti saranno prova sufficiente a applicare la sanzione amministrativa. Qualsiasi altra testimonianza verrà tenuta considerazione soltanto in seguito. è come riesca a coinvolgere quasi tutta la popolazione spagnola: le infrazioni coinvolgono tutti anche nelle più semplici attività. A chi non è mai capitato di dimenticare a casa la carta di identità, per esempio? In egual modo, sono davvero molti gli spagnoli ad essere contrari alla legge: la speranza è che non si facciano imbavagliare e che sia possibile trovare una via per esprimere il dissenso e difendere i propri diritti stringendo il cerchio attorno ad un governo che sembra impegnato a calpestarli.