Perché il sogno delle nostre azzurre non può finire qui

Tutta Italia ha seguito il percorso straordinario delle ragazze mondiali fino ad un quarto di finale durissimo contro le olandesi, campionesse europee in carica. Le nostre azzurre ci hanno fatto sognare con loro, ci siamo tutti un po’ innamorati di loro, del loro entusiasmo e della favola che hanno vissuto ed hanno fatto vivere a noi italiani, tifosi e non. Hanno conquistato copertine, prime pagine, hanno avuto gli onori della cronaca, in un paese dove fino ad ora si era parlato molto poco di calcio femminile. Ma d’ora in avanti sarà ancora così? Vi voglio dare cinque valide ragioni per cui il sogno delle nostre ragazze deve continuare. 

Il calcio è lo sport più bello del MONDO

È una frase fatta, ma finalmente potrebbe non esserlo più. Si dice sia lo sport più bello del mondo perché è il più semplice. Perché se dai un pallone a un bambino, subito lo prende a calci. E se ne dai uno ad una bambina?
Ci è servito il mondiale di Francia per scoprire l’altro lato del pianeta calcio, quello femminile. Un lato che nel Nuovo Mondo, l’America, conoscevano già da qualche anno, e che qui nella cara vecchia Europa stentava a decollare. Il calcio è uno sport di tutti e per tutti, non c’è più spazio per le discriminazioni ora, né di razza, né di sesso. Abbiamo un capitano (anzi capitana come dice lei), che conosce molto bene entrambi gli aspetti. Sara Gama, nata a Trieste da padre congolese e mamma triestina. Lei che ha iniziato il suo sogno da quel pallone che le regalò il nonno da bambina. Semplicemente forte, in campo e fuori. Capitana della Juventus e della Nazionale, di lei la c.t. Milena Bertolini dice: “È la dura del gruppo, dà sicurezza alle sue compagne di squadra”. Unica italiana ad essere stata inserita da Mattel tra le 17 personalità femminili internazionali «che hanno saputo diventare fonte di ispirazione per le generazioni di ragazze del futuro», e omaggiata con una speciale Barbie riproducente le sue fattezze. Consigliere FIGC dall’ottobre 2018, in occasione dei festeggiamenti al quirinale per i 120 anni di federazione, ha tenuto un commosso discorso di fronte al presidente Mattarella sulle difficoltà e l’orgoglio di essere calciatrici. C’è un’immagine e un esempio migliore che noi Italia possiamo dare al mondo e alle generazioni future? Non credo. 

Professionismo: è giunto il momento

Fonte: Fifa.com

Al termine di Giamaica-Italia il presidente federale Gabriele Gravina si era impegnato pubblicamente a fare di tutto per agevolare lo sbarco nel professionismo delle calciatrici italiane. Ha dichiarato : “In tempi non sospetti, abbiamo suggerito una proposta che consentirebbe ai club femminili, così come per il primo livello del professionismo maschile, di attutire l’impatto dei costi del professionismo, beneficiando di un credito d’imposta da reinvestire”. Dopo Italia – Olanda ha riconfermato l’impegno della FIGC a cambiare lo status delle calciatrici italiane a partire dal 1 luglio 2020. Intanto per ora, Serie A e Serie B femminili non sono sotto la responsabilità della FIGC, ma della Lega Nazionale Dilettanti.
Il passaggio al professionismo non deve essere letto come un premio alle azzurre. È un traguardo, dovuto e meritatissimo per tutti i sacrifici che le donne devono e hanno dovuto affrontare per giocare.
Che cosa comporterebbe per una giocatrice non essere più una dilettante ma una professionista? Essere atlete dilettanti non paga o nella maggior parte dei casi, almeno fino ad ora, ha pagato molto poco. Le società, gli sponsor, difficilmente investono in un ambiente non professionistico. Diventare professioniste vorrebbe dire anche avere una maggiore tutela previdenziale ed un sistema pensionistico per le calciatrici. Nessuna ragazza dovrebbe più lavorare e giocare allo stesso momento perché il calcio per una donna non dà futuro. Nessuna dovrebbe più scegliere se inseguire i propri sogni dietro a un pallone o rinunciarci per avere una posizione, uno stipendio sicuro. Nessuna dovrebbe rinunciare a una brillante carriera nelle serie maggiori per mancanza di tempo e denaro, limitandosi a qualche torneo amatoriale in provincia pur di giocare. Laura Giuliani, portiere della Nazionale, ha dichiarato di aver lavorato di notte in una panetteria per avere le ore diurne a disposizione per potersi allenare. Come può il calcio femminile italiano crescere e come possono le atlete rendere al 100% se devono trovare il tempo per lavorare, allenarsi e giocare, magari in trasferte lunghissime? Se siamo arrivati tra le prime otto del mondo lo dobbiamo alla passione e ai sacrifici che le calciatrici italiane stanno facendo ed hanno sempre fatto.
Staccarsi dalla LND vuol dire anche allontanarsi da vertici che poco hanno amato il calcio femminile. Come l’ex presidente Belloli, la cui scioccante dichiarazione “basta dare soldi a queste 4 lesbiche” costó la poltrona (fortunatamente), o le gaffes di Tavecchio, che vedeva il calcio femminile come da valorizzare, ma la donna come un soggetto “un po’ handicappato” rispetto all’uomo. Vuol dire evitare che una pasticceria di Busto Garolfo, I Dolci Sapori, sempre tramite Carlo Tavecchio, diventi il main sponsor del campionato di Serie A, per poi dichiarare fallimento 3 mesi dopo l’inizio tra lo sconcerto generale delle società. Le nostre ragazze non meritano tutto questo. 

Parità di genere

Se chiedete a Barbara Bonansea se trova ingiusto che ci sia una differenza abissale tra gli stipendi di calciatori e calciatrici, vi risponde che fosse per lei giocherebbe anche gratis. Sa di retorico ed assurdo, ma non è così, molte sue colleghe già lo fanno. In Serie B è prassi che le giocatrici giochino gratis, ottenendo solo un rimborso spese non superiore ai 500€ per le trasferte. In Serie A il tetto salariale è di massimo 30mila euro lordi a stagione (più bonus), calcolati in 10 mensilità. Quindi la miglior giocatrice del nostro campionato può percepire al massimo 2300-2400€ netti al mese. Parliamo comunque di uno stipendio da top club, questa non è affatto la norma. La differenza con gli stipendi milionari dei colleghi maschi è lampante. Basti pensare che un mese di stipendio di CR7 coprirebbe abbondantemente tutti gli stipendi delle tesserate di A e di B.
Nel resto del mondo non va molto meglio, tutto il mondiale è stato una vetrina di giuste proteste per la gender equality : da Marta Vieira da Silva, che con i suoi circa 400.000€ annui è la calciatrice più pagata al mondo, che è scesa in campo senza sponsor, con scarpini neri con la scritta rosa-azzurra GO EQUAL, per protesta contro i contratti molto inferiori rispetto ai maschi; alla prima pallone d’oro femminile, la norvegese Ada Hegerberg, che ha scelto di non partecipare al mondiale per protesta contro la disparità di trattamento economico tra calciatori e calciatrici della sua federazione; a Megan Rapinoe, che non canta l’inno statunitense per protestare contro le dubbie politiche di genere del presidente Trump.
È ora di dire BASTA anche con un certo tipo di informazione che è tutto fuorché sportiva, che mercifica il corpo femminile e guarda più all’attività social delle calciatrici che ai valori in campo. C’è una partita da giocare, guardo un tg sportivo per avere notizie sulle due squadre. Posso vedere un servizio su statistiche, previsioni, moduli, come si farebbe con il calcio maschile, invece del servizio su chi è la più carina della squadra? 

Investimenti dei grandi club italiani

Fonte: Corriere.it

La spina dorsale di questa nazionale è juventina, con ben otto bianconere. Ma se vi dicessi che fino a due anni fa non esisteva la squadra femminile della Juventus? Altre giocatrici fondamentali nello scacchiere azzurro come Manuela Giugliano e Valentina Giacinti provengono dal Milan. Squadra al suo primo anno di vita in Serie A. Dalla prossima stagione le raggiungeranno nella massima serie le cugine nerazzurre, capitanate da Regina Baresi (si, proprio la figlia di quel Baresi, bandiera rossonera). Senza dimenticare la Roma, o la Fiorentina, primo grande club italiano ad aver puntato molto sul calcio femminile. Da circa due anni è in atto una vera e propria rivoluzione con una crescita esponenziale del movimento femminile. I grandi club hanno allargato i propri orizzonti e sono pronti a darsi battaglia anche in questo campionato. Investono, progettano, pianificano e soprattutto pubblicizzano molto il loro settore femminile. Lo scorso 24 marzo l’Allianz Stadium di Torino ha registrato il tutto esaurito, 40mila spettatori, per la sfida scudetto tra le squadre femminili di Juventus e Fiorentina, record italiano per una partita di calcio femminile. Anche negli altri paesi europei sta accadendo un fenomeno simile. Infatti solo una settimana prima, il 17 marzo, in Spagna si stabiliva il record mondiale con quasi 61 mila paganti per assistere ad Atlético de Madrid (nel quale gioca la nostra Elena Linari) – Barcelona. In questi giorni anche il Real Madrid ha annunciato che dalla prossima stagione avrà una squadra femminile. Sky oltre ai diritti per il mondiale si è già assicurata quelli per il prossimo campionato di Serie A femminile a fronte del grande interesse che sta suscitando. Insomma cari tifosi, restando fedeli ai nostri colori potremmo seguire le sorti di ben due squadre, sul piano italiano ed europeo. Oppure se siete genitori affettuosi come Beckham, allo stadio con la piccola Harper per tifare le lionesses (la nazionale femminile inglese), potrete portare la figlioletta allo stadio per mostrarle che cosa potrebbe essere da grande. 

Risultati

Otto milioni di spettatori incollati al televisore a seguire le sorti delle Azzurre, battuta anche la nazionale di mr. Mancini, non sono un caso. Tutta Italia ha seguito queste ragazze e non le abbandonerà più ora. Vi ho parlato dei sacrifici che hanno dovuto fare per arrivare fino a qui. Ci hanno restituito un calcio bello, puro, genuino, fatto di emozioni e non di contratti faraonici, adatto a tutti, soprattutto da esempio per i più piccoli. Questa nazionale ha ridato orgoglio ed entusiasmo ai colori azzurri dopo la mancata qualificazione della squadra maschile allo scorso mondiale. Una nazionale che da vent’anni non partecipava ad un mondiale, in un girone di ferro ha saputo imporsi sull’Australia, numero 6 del ranking fifa, ed ha tenuto testa al Brasile di Marta, eletta per sei volte miglior giocatrice al mondo. Nulla di tutto ciò era scontato, anzi, ci siamo dovuti arrendere solo contro le campionesse d’Europa in carica, le professioniste olandesi. L’entusiasmo, l’incredulità, la gioia di queste ragazze ci hanno fatto emozionare. Dalle lacrime di gioia della piccola grande regista Manuela Giugliano per la vittoria agli ottavi, alle lacrime in panchina della bomber Cristiana Girelli dopo il secondo gol delle olandesi. Siamo tra le prime otto al mondo, con scarsi mezzi e  dopo soli due anni dai primi investimenti seri. Pensate al potenziale che avrebbero le nostre ragazze con il giusto sostegno ed appoggio.

Il sogno delle Azzurre non può e non deve finire qui. Deve essere anzi un punto di partenza per tanti altri sogni di tante bambine che vorranno prendere a calci un pallone con i loro compagni e le loro compagne di scuola. Deve essere uno stimolo per tutti noi a migliorarci, ad eliminare le barriere. È un’occasione per l’Italia di crescere che non deve essere persa. È un’opportunità per il calcio di rinnovarsi e allo stesso tempo di ritrovare i veri valori dello sport più bello del mondo. Dipende da noi ora. Io amo questo sport, amo le nostre ragazze e ci tengo. E tu?

 

Riccardo Dotti

 

Fonte foto in copertina: OASport

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