Dentro le case chiuse tedesche: la tratta al tempo della prostituzione legalizzata

Più di due milioni e mezzo di italiani pagano per il sesso, anche se in Italia la prostituzione non è illegale, ma neanche permessa. Al contrario, nel 2002, la Germania ha approvato una legge per legalizzare la prostituzione, in modo che diventasse un lavoro uguale a ogni altro. Le cosiddette “sex workers” avrebbero pagato le tasse, firmato regolari contratti di lavoro, avuto diritto a una pensione e a un’assicurazione sanitaria. La speranza era che la legalizzazione avrebbe ostacolato lo sfruttamento ad opera delle organizzazioni criminali e avrebbe permesso alle prostitute di lavorare in condizioni più sicure e confortevoli.

Da quando la legge è passata, la Germania ha assistito a un boom impressionante del mercato del sesso ed è diventata la nazione con il più alto numero per capita di prostitute. Il numero dei clienti è cresciuto a ritmi altrettanto vertiginosi, anche per via del fiorente turismo sessuale. Uomini europei e americani che un tempo volavano in Thailandia ad affollare i distretti a luci rosse di Bangkok, ora pianificano vacanze a Berlino e a Stoccarda. Ci sono case chiuse per tutti i gusti. Da favolosi palazzi in stile moresco dove i clienti si rilassano nell’hammam, fino a roulotte parcheggiate nelle aree di sosta delle autostrade, per soddisfare i camionisti di passaggio. Per i più entusiasti, esistono bordelli con tariffe a prezzo fisso. I clienti pagano da 50 a 100 euro per entrare e poi possono avere tutte le donne che vogliono: sono elegantemente chiamati bordelli “all you can fuck”.

Senza dubbio, la legalizzazione ha favorito l’aumento della prostituzione. Ma quanto ha migliorato la condizione delle lavoratrici del sesso? A quanto pare, per niente. Un’inchiesta scioccante del Telegraph ha sollevato il velo sul cosiddetto paradiso tedesco del sesso. Le prostitute non hanno un contratto di lavoro, né la pensione. Le assicurazioni sanitarie chiedono parcelle esorbitanti a causa della pericolosità dell’attività per la salute. Da quando la legge è passata, solo 44 sex workers si sono registrate per accedere ai benefit previsti per la categoria. In più, la legalizzazione ha portato un aumento enorme dell’offerta di sesso a pagamento e a un forte calo dei prezzi. Come riportato da Der Spiegel, il rilancio al ribasso dovuto alla competizione porta le ragazze ad accettare a prezzi sempre più stracciati pratiche sempre più pericolose, come sesso senza preservativo, sadomaso e gang bang. Le condizioni nei bordelli più squallidi e in quelli a prezzo fisso sono spaventose. Alcune donne lavorano anche 20 ore al giorno, dormendo nelle stanze in cui si prostituiscono, ricorrendo alle droghe e all’alcol per sostenersi e diventandone dipendenti. E, come ogni buon lavoratore, a fine mese pagano le tasse al governo tedesco.

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i.telegraph.co.uk

Le condizioni delle lavoratrici del sesso non sembrano migliorate dopo la legalizzazione. Ma quello che è peggio è che il tentativo di ostacolare le organizzazioni criminali dedite alla tratta di esseri umani ha finito invece per renderle molto più potenti. La stragrande maggioranza delle prostitute che lavorano in Germania sono donne dell’Est Europa. Si tratta soprattutto di ragazze giovanissime, che vengono dall’Estonia, dalla Romania, dalla Croazia e dalla Bulgaria. Ce ne sono alcune libere da costrizioni esterne, se non si considerano costrizioni la fame, la mancanza di prospettive e il bisogno di mantenere i famigliari. Ma moltissime altre sono vittime della tratta di esseri umani.

Molte giovani che partono dai Balcani raccontano una storia simile. Paesini sperduti, lavoro inesistente, padri e compagni violenti e schiavi dell’alcool. Poi una ragazza incontra un uomo di cui si innamora e che le promette di portarla ad ovest. Il sogno d’amore s’infrange quando l’innamorato comincia a picchiarla e la fa prostituire rubandole i soldi dell’incasso. Questa forma di reclutamento è così diffusa da essersi guadagnata persino un nome: il metodo del “lover boy”. Altre donne vengono ingannate da vaghi amici di famiglia che vivono oltre confine, che promettono di trovar loro un impiego come commesse o come baby-sitter. Una volta partite, requisiscono loro i documenti, le minacciano e le sfruttano facendole prostituire.  L’unica cosa che vedranno della Germania è una stazione di servizio e una fila infinita di clienti.

Ci sono anche ragazze che finiscono vittime dello sfruttamento pur avendo deciso volontariamente di andare a prostituirsi all’estero. Sperando di guadagnare facilmente soldi in condizioni decenti, si mettono in mano a gruppi di “facilitatori” del loro paese che promettono di organizzare il viaggio e di trovar loro un buon posto di lavoro. Quando arrivano in Germania, i facilitatori si rivelano dei magnaccia del tipo più crudele. Le picchiano, le violentano e le minacciano di rifarsi sulle loro famiglie se proveranno a scappare. Dopo ogni giorno passato dentro un bordello, dopo aver visto decine di clienti, le donne dividono ciò che devono pagare in tasse con ciò che va ai loro protettori.

La legge sulla legalizzazione della prostituzione in Germania non ha potuto nulla contro la tratta. Come fare ad assicurarsi che le prostitute siano libere? Chiederlo alle donne stesse, non è una soluzione. Le vittime di tratta sono intrappolate dalle minacce verso le loro famiglie e dal terrore di essere rispedite a casa nell’ignominia, in comunità che non accetterebbero mai il loro passato. Chiederlo ai tenutari delle case chiuse ha lo stesso, deludente, risultato. Per come si è sviluppato il sistema in Germania, i tenutari dei bordelli non sono i datori di lavoro delle prostitute, ma meramente i loro affittacamere. Le prostitute devono pagare l’affitto della stanza, o l’ingresso al bordello, mentre si tengono i soldi pagati del cliente per la prestazione sessuale. Per questo, chi possiede un bordello non è tenuto ad esercitare alcun controllo sulle prostitute che esercitano all’interno. Che le ragazze siano schiave e o libere imprenditrici di sé stesse, non fa nessuna differenza per coloro che possiedono i lussuosi chalet del piacere in pieno centro o le squallide topaie in periferia. Al contrario, chiudere un occhio gli fa comodo. Le ragazze dell’Est sono belle, sono docili e ce ne sono a centinaia. Il business del sesso, con loro, è incredibilmente redditizio.

Questa squallida realtà, ormai, è sotto gli occhi di tutti. La Germania è ai primi posti tra i paesi europei per numero di vittime di trattaAxel Dreher, professore di politica internazionale e di sviluppo presso l’Università di Heidelberg, ha dimostrato che la legalizzazione della prostituzione porta all’aumento della tratta di esseri umani. Molte delle organizzazioni che combattono la tratta sono concordi nel sostenere questa correlazione. Perfino il Parlamento Europeo ha proposto di criminalizzare i clienti del mercato del sesso come mezzo per combattere la tratta. Eppure, in tutta Europa, lo stereotipo della prostituta è ancora lo stesso: la donna che si vende è perché se l’è voluta. E, cavalcando questo stereotipo, la legalizzazione continua a riempire le tasche dei governi, dei tenutari dei bordelli e dei trafficanti. La vita delle vittime di tratta continua così, sotto gli occhi di tutti, in una manciata di lustrini e nel lampeggiare di neon rosa lungo strade gremite di gente.

Angela Tognolini

Immagine di copertina copyright by: index.hu

6 pensieri su “Dentro le case chiuse tedesche: la tratta al tempo della prostituzione legalizzata

  1. Qui si continua a ventilare possibilità alquanto tristi e dannose, che non contribuiscono a risolvere il problema dello sfruttamento ma anzi lo favoriscono, come l’esempio della Svezia: ah bene, non puniscono le prostitute ma I clienti, cosí funziona meglio! Ma gli sfruttatori? Chi li punisce? Sono loro I veri criminali, quelli che vanno puniti, non certo I clienti e non certo le ragazze, che per la maggior parte fanno il mestiere per scelta, che I cari signori cattolici e bigotti ci credano o no! Loro forse pensano che rendendo la prostituzione illegale tutto risolva, le povere ragazze sfruttate saranno libere di fare altri lavori e le povere mogli ignare del vizietto del marito saranno finalmente al riparo dal.rischio di malattie e quant’altro. Tutto a posto, società moderna e perfetta, il mestiere piú antico del mondo morto e sepolto. …. eh no signore e signori, troppo facile, non funziona cosí! La prostituzione c’è e ci sarà sempre, meglio imparare a conviverci….come? Legalizzandola! Ma va tenuta sotto controllo, e non parlo solo del togliere le ragazze dalle strade che sarebbe solo il primo passo, ma va istituita una “polizia della prostituzione” che controlla bordelli, appartamenti ecc. e si assicura che non ci siano forme di sfruttamento nascoste e le ragazze lavorino secondo le direttive previste dalla legge. Cosí allora avremmo tutti I benefici del caso, niente piú sfruttamento, solo le ragazze che scelgono di fare il.mestiere sarebbero lavoratrici regolari che pagano le tasse e ricevono la pensione, niente piú situazioni di degrado e pericolo per le strade cittadine, e I criminali sfruttatori in galera, o meglio ancora espulsi dal paese e rimandati al mittente! Per le mogli dei clienti beh… per quello ci sono gli investigatori privati, sbizzarritevi!

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  2. Prostitute, escort, trans su internet: un fenomeno in crescita ma pienamente legale. Questi siti infatti riescono a sopravvivere in quanto non infrangono in nessun modo la legge Merlin: si tratta infatti di semplici vetrine dove prostitute, escort e trans, si propongono di propria spontanea volontà e, di fatto, non sussiste alcun favoreggiamento o sfruttamento. Le tante piattaforme come arcaton infatti, mettono semplicemente a disposizione delle ragazze una semplice “vetrina” utile per poter incrementare il proprio giro d’affari. Fino a quando il gestore non interviene direttamente nelle attività svolte da chi si offre spontaneamente sulla piattaforma, non corre nessun rischio sul piano legale. Si tratta, insomma, di un semplice spazio pubblicitario che potrebbe venir offerto a qualunque tipo di professionista. Allora perché escludere a priori chi fa del sesso la propria professione? E poi non è forse vero che da decenni sui giornali cartacei vengono pubblicizzare “massaggiatrici” piuttosto ammiccanti?

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  3. L’autrice risponde: “Ringrazio del commento, il dibattito può solo essere arricchito da diverse opinioni. Rispondo che esistono altre possibilità oltre alla legalizzazione della prostituzione, come una legislazione che criminalizzi il cliente, simile a quella in opera in Svezia. Anche tale legge non è esente da critiche, ma citarla e considerarne pro e contro è necessario proprio per uscire dalla riflessione che l’unica strada è quella della legalizzazione. Inoltre, la legalizzazione della prostituzione pone un problema fondamentale, ma spesso ignorato: quello del controllo sulla volontarietà della prostituzione. Il mio articolo voleva mettere in risalto il fallimento della normativa tedesca nell’ impedire lo sfruttamento della prostituzione, per sottolineare come la legalizzazione della prostituzione DEBBA confrontarsi con la tratta di esseri umani. Troppo spesso il dialogo sulla legalizzazione si focalizza su migliori condizioni di esercizio del meretricio e su benefit sindacali, ignorando l’aspetto dello sfruttamento. Quando si parla di tale aspetto, ci si limita a dire che sarebbe possibile esercitare dei controlli, senza meglio definire quale controllo si possa fare su persone che sono invischiate in un sistema complesso come quello della tratta, che mette in gioco elementi di minacce, controllo e soggiogamento psicologico. Il caso tedesco ha fallito nell’affrontare lo sfruttamento. La legislazione tedesca è stata messa in piedi pensando a donne libere che decidevano di prostituirsi per poi essere applicato anche e soprattutto su vittime di sfruttamento. Non dobbiamo permettere che questo cortocircuito tra un’idea emancipata di sex worker e una realtà di vittime di tratta entri di nuovo in gioco quando si parla di legalizzazione, punizione del cliente o di ogni altra possibile legge sulla prostituzione.”

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  4. Buongiorno D.,
    ti ringraziamo per il tuo commento, lo segnialiamo all’autrice dell’articolo che sicuramente vorrà risponderti. A nome della redazione, invece, vorrei scusarmi per la tardiva pubblicazione di entrambi i tuoi contributi: naturalmente i toni e i contenuti erano perfettamente consoni e, anzi, apprezziamo moltissimo chi sceglie di contribuire in maniera attiva al dibattito, soprattutto su un tema così spinoso ed interessante. Siamo “soltanto” stati un po’ lenti con l’autorizzazione e, oggi, a risponderti. Ora dovresti vedere entrambi i commenti in coda all’articolo, se così non fosse, non esitare a contattarci nuovamente, anche via email su thebottomup.blog@gmail.com. Grazie ancora!

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  5. Ieri avevo scritto un commento su quest’articolo, commento che non vedo più e che dunque immagino non abbia superato la “moderazione”.
    Mi sembra assurdo che sia così, dal momento che non era assolutamente volgare né offensivo; semplicemente, esprimeva un punto di vista diverso sulla questione e dunque, al massimo, invitava al dibattito.
    Mi auspico un chiarimento di quello che immagino essere stato soltanto un fraintendimento, sperando nella buona fede dei “moderatori” e nella condivisione da parte loro dei più elementari principi democratici.

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  6. Quindi sarebbe meglio non legalizzare la prostituzione?
    Il proibizionismo non porta a nulla di buono e questo è sotto gli occhi di tutti.

    Il problema qui non è la legalizzazione ma la capacità di applicare una legge e di sorvegliare sul suo rispetto.
    Mentre il proibizionismo è fallimentare in se stesso, la legalizzazione può riuscire se si organizza un sistema adeguato di applicazione e controllo.

    Sostenere il contrario, cioè parteggiare per il proibizionismo, implica magari il sentirsi a posto con sé stessi (se si è ideologicamente contrari alla prostituzione), ma anche il chiudere gli occhi innanzi a un problema che continuerà a crescere e peggiorare.

    Le difficoltà del caso di specie tedesco, iniziato 15 anni fa, non devono fare dimenticare il fallimento che, da sempre e su scala planetaria, caratterizza l’approccio proibizionista.

    Per quanto dura, impegnativa e lunga, la strada da seguire è la legalizzazione.

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