Rio e il Brasile dai mille volti

Gare, podi, medaglie, inni nazionali, lacrime di gioia e anche di dolore. In questo periodo di Olimpiadi e di sport siamo circondati da immagini che ci raccontano un Brasile di festa, di progresso e sotto i riflettori del mondo. Un’immagine del Brasile che viene raccontata a partire dai Mondiali di due anni fa, dove la competizione calcistica più importante sbarcava nuovamente nel Paese del Joga Bonito e dell’allegria brasilera.

Ora come allora, però, si percepisce anche l’altro lato della medaglia, quello di un Brasile meno allegro ma più sofferente, sia dal punto di vista sociale che economico e politico. Forse ricorderete le proteste di due anni fa da parte della popolazione per i troppi soldi spesi in stadi e infrastrutture, soldi forse sottratti alla sanità, all’istruzione e alla risoluzione delle molte problematiche che colpiscono i brasiliani.

In questo #TBUtalksaboutRIO2016 abbiamo raccontato molte storie di sport, di atleti, di nazionali ma anche del senso, della storia e della bellezza delle Olimpiadi. Questa puntata però sarà dedicata al lato più sofferente del Brasile, raccontato direttamente da chi sta vivendo e toccando con mano il Paese e le sue difficoltà, Ivan Compasso “Grozny”, che a febbraio ci aveva già raccontato le complesse dinamiche dei cartelli del narcotraffico in Messico e che in occasione dei Mondiali del 2014 aveva già raccontato la situazione sociale del Brasile realizzando il documentario Brasiliando.

Ecco quindi la chiacchierata fatta con Ivan fra un messaggio WhatsApp e l’altro.

Ivan, da un po’ di anni si parla del Brasile come del Paese dello sport, dai Mondiali del 2014 alle attuali Olimpiadi. Ma cosa c’è davvero dentro questo Paese? Questi due eventi hanno portato dei miglioramenti alla popolazione?

I grandi eventi sportivi, soprattutto come si manifestano nelle ultime edizioni, non portano mai dei benefici alla popolazione. Non parlo solo del Brasile ma in generale. A guadagnarci sono le grandi aziende, i grandi marchi, i partner del CIO. Ovvio, ci sono stati appalti milionari, ma ciò non ha avuto ricadute sulla gente. Il Mondiale ha coinvolto tante città, mentre le Olimpiadi solamente Rio, dove sono stati fatti moltissimi lavori ma finalizzati ai Giochi. Vedremo quanto servirà la nuova metropolitana a chi abita nelle zone lontane, sia dalla zona sud (quella delle grandi spiagge), che dal centro. Non è semplice dire cosa c’è di bene e cosa di male, di certo gli eventi pensati così non funzionano: sono troppo impattanti, dal punto di vista della sicurezza si creano dei disagi pazzeschi alle persone e questo incide sulla vita di chi abita a Rio de Janeiro e non su chi viene a vedere le Olimpiadi due settimane e poi torna a casa.

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Foto di Ivan Grozny (Instagram, groznyivan)

Qual è il clima di queste Olimpiadi? Sembra che ci sia un Brasile a due velocità: uno fatto di sport, musica e allegria e un altro fatto di povertà, criminalità e favelas. Cos’è veramente il Brasile?

Il Brasile ha più di due velocità, nel senso che ci sono i ricchissimi, ci sono i poverissimi, c’è una classe media (che adesso è un po’ in difficoltà). Il nord-est è la parte più povera e remota del Brasile, anche se è meravigliosa come terra, ma è proprio un altro mondo rispetto al sud, che è invece più ricco (San Paolo, Porto Alegre e così via). Porto Alegre è il luogo dove nascono solitamente le vertenze politiche, dove i movimenti prendono forza ed è proprio da lì che partì nel 2012 la contestazione alla Coppa del Mondo. Oggi, guardando il Paese, devo dire che Rio è una città in crisi, dal punto di vista economico e politico: tutto il Brasile è ostaggio di una situazione paradossale che sta veramente creando grossi problemi.

Su YouTube stai raccontando il Paese e le Olimpiadi attraverso una serie di inchieste raggruppate sotto il titolo “Road To Rio”. Parli di razzismo, di omicidi da parte della polizia, di povertà e di criminalità. Cosa provi a toccare con mano tutto questo?

Road To Rio è nato con questa intenzione: sono venuto qui in Brasile tante volte ma non mi piace focalizzarmi solo su un aspetto, perché tutti gli aspetti della vita di una città, di un Paese, di un popolo, sono legati l’uno all’altro e quindi io ci metto sì, la negazione dei diritti umani, e di quelli dei neri che vivono nelle favelas e che vengono uccisi senza che nessuno dica nulla; ma anche la musica, la cultura, lo sport, il cibo, e tante altre cose che costruiscono quello che ho definito un puzzle, dei tasselli che si inseriscono creando un contesto. E senza contesto non ci possono essere né informazioni, né notizie, quindi cerco di far vedere alle persone come si sta in Brasile attraverso immagini spontanee e reali: faccio tutto in presa diretta, registro con il mio smartphone e la GoPro. Ho la possibilità di vivere situazioni da dentro e quindi cogliere anche le sfumature che cerco di mostrare: ogni frame, ogni immagine, sta dicendo qualcosa, non sono mai scelti a caso e anche le musiche servono a comunicare una serie di argomenti. Il linguaggio video mi appassiona e mi piace, perché ti permette di unire tantissime cose che magari non tutti colgono.

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Turano, Rio Comprido (Instagram, groznyivan)

Infine, la situazione politica e sociale: cosa ci puoi dire vista anche la attuale probabile destituzione di Dilma Rousseff dopo l’impeachment dei mesi scorsi?

Dico una cosa in controtendenza rispetto alla maggior parte delle persone e non so se tutti lo apprezzeranno ma è quello che vedo io da qua: io dico che qua il golpe non c’è e che parlare di golpe in un Paese come questo è sconsiderato ed è rischioso, perché qui tanta gente è andata in galera, è stata torturata ed è morta. Non bisogna usare questo argomento per fare paura. Dilma Rousseff – se andiamo a guardare davvero bene cosa è successo negli ultimi mesi – è stata “impacchettata”, ma se andiamo a vedere i fatti, ricostruendoli con tanto di testimonianze e indagini che sono in corso, ci dicono che Dilma l’ha fatta fuori proprio Lula, perché Lula ha fretta di farsi rieleggere e perché vuole cambiare la legge sulla giustizia per non finire a sua volta in galera, praticamente insieme all’intera classe politica brasiliana. Credo che non debbano essere i giudici a cambiare le sorti di un Paese, ma che nemmeno il ricatto sia una cosa corretta. Credo che il PT (Partido dos Trabalhadores, “Partito dei Lavoratori”, ndr) sia una macchina talmente potente da poter far credere al mondo che qui ci sia stato un golpe, anche se questo non vuol dire che io stia difendendo Temer e tutta l’altra gentaglia che in questo momento sta “governando”. Non è mai tutto bianco o nero, a volte ci sono delle sfumature, e qui ce ne sono parecchie. Difendere a spada tratta il PT perché si pensa che altrimenti ci sia il golpe militare può essere un errore che poi, a questo golpe, ci porterà davvero. 

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Praça de Coelho Neto (Instagram, groznyivan)

Su YouTube è possibile seguire i continui aggiornamenti di Ivan con il suo Road To Rio, in un racconto del Brasile che prosegue anche sul suo profilo Instagram.

@Giulma90

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