Parlare di euroscetticismo all’indomani del referendum del 23 giugno 2016, con cui il Regno Unito ha votato per lasciare l’unione europea, sembra ridondante. Ormai i toni della politica sono marcatamente euroscettici, almeno qui in Inghilterra da dove scrive il vostro, e perfino l’arroganza trionfalistica di Juncker comincia a suonare marcatamente sinistra. Il referendum su “Brexit” del mese scorso avrebbe dovuto aprire gli occhi all’ “establishment” di Brusselles, la grande macchina burocratica che invece sembra voler continuare, imperturbata, il suo percorso di integrazione – costi quel che costi, cioè pur perdendo pezzi per strada. Alla fine otterrà un’Europa unita composta solo dai 33 mila impiegati della Commissione Europea. Anche se in questo momento non ce n’è ulteriore bisogno, questo intervento è dedicato ad una grande figura storica del Novecento, comunemente considerato un grande “scettico” della Comunita’ Europea, Charles de Gaulle.
Sarà permesso osservare anche che le violente critiche a cui Nigel Farage ha dato voce negli ultimi anni (qui un breve estratto del 2010 e qui il discorso post-Brexit) non sono nuove, anche se sicuramente nella versione di Farage sono esagerate, populistiche e, per usare un eufemismo, non sofisticate. Questi attacchi non vanno minimizzati, né ignorati. E’ Farage stesso a dire ai suoi colleghi delle istituzioni: “You are in denial”.
Una critica simile, anche se ricoperta da un’eleganza artistica preclusa ad ogni uomo politico, è mossa nel capolavoro del regista portoghese Miguel Gomes Le mille e una notte – un film del 2015 sulla crisi economica portoghese. Nel volume 1 di questa trilogia, L’inquieto, un gruppo di euro-burocrati impotenti subisce un incantesimo che li condanna ad un priapismo che influenza le loro decisioni sulla sorte del debito pubblico portoghese.
L’euroscetticismo non è, ovviamente, nuovo, ma in certe congiunture storiche assume una forza tale da rallentare, se non addirittura invertire, il processo di integrazione. Il grande uomo della quinta Repubblica francese, per esempio, non era un europeista convinto. Anzi Dinan ha scritto di lui che “la sua difesa anacronistica dello Stato –nazione ha distrutto lo sviluppo della comunità Europea negli anni 60 e ne ha fermato la crescita delle istituzioni fino all’Atto unico europeo del 1986 e del Trattato di Maastricht Treaty del 1992”. Più precisamente, se de Gaulle voleva un’Europa unita doveva essere quella che diceva lui – “Europe des Etats” – e non la comunità europea come si stava formando in quegli anni. Il sito della Fondazione Charles de Gaulle ospita una serie di discorsi del e interviste al generale che rendono bene le sue posizioni sui dossier più importanti. Ci sono quattro episodi decisive della politica francese vis-à-vis l’integrazione europea avvenuti sotto la presidenza di de Gaulle: la decisione di rimanere nel mercato unico nel 1958, la proposta dei Piani Fouchet agli inizi degli anni 60, il veto all’ingresso del Regno Unito nella comunità e la provocazione della “crisi delle sedie vuote” nel 1965-1966, poi risolta col “compromesso del Lussemburgo”.
De Gaulle diventa il primo presidente della Quinta Repubblica francese nel 1958, un anno dopo l’assegnazione del premio Nobel per la letteratura ad Albert Camus, e un anno prima dei capolavori dei cineasti Alain Resnais e Francois Truffaut: Hiroshima mon amour e Les quatre cents coups. La visione di de Gaulle, che, insieme ad interessi commerciali, ha dato forma alla sua politica verso la Comunità europea è sempre stata quella di “una certa idea di Francia”, come ha scritto nelle sue memorie. Il progetto gaullista per la Francia era di creare una nazione indipendente, con un’economia rivitalizzata, un forte arsenale nucleare (la Francia è stata la prima nazione, dopo USA e URSS, a dotarsi della bomba atomica) e quindi minore necessita’ di alleanze con la Gran Bretagna e gli Stati Uniti.
L’Europa era per de Gaulle un ideale geopolitico – la cui sicurezza andava garantita contro l’orso Russo e la colonizzazione culturale americana – e una piattaforma cruciale per gli interessi commerciali francesi. Come ha dichiarato il generale nel 1962: “A cosa serve l’Europa? Deve servire a prevenire una dominazione degli americani o dei russi”.
L’accettazione dell’unione doganale e della politica agricola comune immediatamente dopo la ratifica del Trattato di Roma è un esempio eminente di politica gaullista europea dettata da interessi economici più che geo-strategici. In quel caso, Charles de Gaulle inizialmente si oppone addirittura all’ideologia e alle istituzioni del Trattato di Roma ma finisce per accettarle, dato il peso cruciale che l’agricoltura giocava nell’economia e nella politica estera francese (per esempio nei rapporti con l’Algeria).
Ma de Gaulle non è sempre stato euroscettico senza qualificazioni. Anzi, ha anche cercato di contribuire, a suo modo. Un progetto di forte stampo integrazionista, per esempio, erano i cosiddetti “piani Fouchet” (1961-62). In parallelo alla già esistente comunità europea, de Gaulle propone una nuova “unione di stati”, in cui la politica estera e di difesa si sarebbero aggiunte alle aree già di competenza della comunità. Tuttavia, nonostante l’approccio integrazionista sia favorito da altri stati membri, soprattutto i paesi del Benelux, la nuova forma di cooperazione politica proposta e’ puramente intergovernamentale (un voto e un veto a testa) – il che fa nascere lo spettro di una progressivo smantellamento del progetto comunitario a scapito di un’europa intergovernamentale. Murray Forsyth, scrive che i piani Fouchet “si possono considerare come la cosa più vicina che sia esistita nell’europa del dopo-guerra alla costituzione di una conferederazione in senso classico”. I piani Fouchet furono rifiutati non solo per la summenzionata differenza fra le preferenze istituzionali fra gli Stati membri, ma anche per visioni contrastanti sul ruolo dell’Europa nel mondo.
Fra il 1958 e l’inizio del 1969, la Francia di de Gaulle blocca varie proposte del Regno Unito, non solo di accedere alla CE, ma anche diverse proposte inglesi per la creazione di aree di libero scambio. L’astio di de Gaulle per gli inglesi e gli americani è tale che lo studioso americano Moravcsick riporta che Reginald Maudling, capo dei negoziatori di sua maestà, chiese a Robert Marjolin, allora commissario europeo, cosa avrebbe fatto la Francia se il Regno Unito avesse ceduto a tutte le condizioni richieste dalla Francia. Marjolin rispose: “Dovremmo pensare ad altri motivi per rendere la vostra adesione impossibile”.
Infine, nel luglio 1965, in uno sforzo di alterare la struttura istituzionale della Comunità, de Gaulle lancia la “crisi delle sedie vuote”— un boicottaggio francese che duro’ sei mesi, in cui i rappresentanti transalpini si rifiutarono di svolgere le funzioni di loro competenza nelle istituzioni europee in seguito a un incidente diplomatico sulla Politica Agricola comune. La crisi, che sembra minacciare l’esistenza stessa della CE, e’ risolta solo col “compromesso del Lussemburgo”, che garantiva ad ogni stato membro un potere di veto so ogni atto normative della comunità che minacciava gli “interessi vitali” di quello stato.
De Gaulle dà le dimissioni nella primavera del 1969, per rispondere ai desideri di modernizzazione del paese, un anno dopo le imponenti manifestazioni del Maggio francese, e un anno prima della definitiva dissoluzione dei Beatles.
Il progetto politico di Charles de Gaulle ha forse arrestato per un decennio l’integrazione europea, ma ha anche restituito all’Europa come continente una forte identità in contrasto all’egemonia – anche culturale – degli Stati Uniti. L’atteggiamento di de Gaulle ha forse raffreddato l’Europa, ma ha restituito linfa all’anti-americanismo francese, e alla fortissima indipendenza culturale e linguistica della sua nazione.
Luigi Lonardo
Dopo De Gaulle ci sono stati altri ostacoli da parte della Francia verso la comunità europea? O pretese di controllo della stessa? Perdonate l’ignoranza
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Grazie Rita, certamente!
per conto della redazione
FB
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Buonasera Luigi Lonardo,
le scrivo perchè ho letto il suo articolo che è molto ben articolato e volevo sapere se potevo inserirlo in una rubrica settimanale di un nuovo formato giornalistico. E’ un periodico ancora in sperimentazione, ma abbiamo già ottimi scrittori con noi. Siccome l’argomento di questa settimana riguarda l’Euro mi chiedevo se potevo condividere il suo articolo, citando il link alla fonte ovviamente. Potrebbe essere un ponte tra due realtà vicine.
Questa è la mia pagina: https://www.facebook.com/thevalentinas.mirror/
Rita Gonella
Redazione e direttore artistico
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